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Ricordate ( per chi se lo ricorda) i fasti del ciclismo su pista, un interessante segmento di sport, ormai passato di moda, che appassionava migliaia di spettatori con le sue gare all’insegna della velocità, che venivano celebrate in quei santuari dello sprint che si chiamavano velodromi? Il più celebre di questi era il Vigorelli di Milano, dove si svolgeva la famosa “sei giorni”, una settimana di gare ininterrotte, che rappresentavano la più importante occasione a livello internazionale per veder gareggiare tutti insieme i più forti atleti della specialità. La “sei giorni” veniva ovviamente seguita dalla televisione (in bianco e nero) moltiplicando quindi il già grande numero di spettatori che seguivano le entusiasmanti volate sulla pista ad anello. Uno dei momenti più emozionanti era sicuramente quello dell’ultimo giro, che veniva annunciato dal suono insistente di una campana, era il giro della verità, nel quale ognuno dei partecipanti si predisponeva a perseguire chiaramente i suoi obiettivi, perché se nei giri precedenti si era fatta “tattica”, mantenendo nascoste agli avversari le vere intenzioni e la reale condizione atletica, nell’ultimo giro bisognava togliersi la maschera e gettare il cuore avanti, abbassando la testa sul manubrio e chiedendo alle gambe lo sforzo decisivo, era allora che il pubblico si infiammava davanti a quell’impegno collettivo, perché la campana suonava per tutti, per quelli che sentivano di poter conseguire la vittoria e per quelli che pur non essendone sicuri comunque non rinunciavano a disputare lo sprint finale, dal momento che un cedimento fisico o una traiettoria sbagliata avrebbero potuto eventualmente mettere fuori gioco chiunque, anche i favoriti. La campana dell’ultimo giro, suonava per tutti, nessuno escluso, anche per quelli rimasti gravemente indietro, sicuramente esclusi dallo sprint finale per disputarsi la vittoria , per essi la campana significava la fine di una vana e deludente fatica, che comunque, con grande senso di dignità anch’essi portavano fino in fondo. Se, benevolmente, volessimo paragonare questa convulsa stagione politica alla “sei giorni”, dovremmo dire che siamo proprio alla “campana”, all’ultimo giro, il pubblico si sta alzando in piedi, per incitare o per protestare, come è suo diritto, perché comunque sta assistendo a uno spettacolo. Nell’ultimo giro, lo sport diventa spettacolo, forte, emozionante, attraente. Sta succedendo lo stesso anche alla politica? In parte si, anche se quello che manca è lo spettacolo e il pubblico è ancora seduto, incerto se entusiasmarsi o no. Lo sprint infatti non è ancora incominciato, il ritmo sta accelerando, è vero, ma il gruppo dei corridori è ancora compatto, c’è ancora timore di prendere l’iniziativa nonostante che la campana stia suonando con insistenza, per tutti, e la pista è sempre più corta. Assisteremo quindi ad uno sprint finale sugli ultimi metri? Dipende dalla capacità di chi vuole arrivare primo o fra i primi, di non farsi danneggiare o di non autodanneggiarsi nella volata finale, perché è anche questo il rischio che si corre quando si è in vista del traguardo dell’ultimo giro. Può succedere a sinistra, anzi alle sinistre della politica italiana, ai centro sinistra ma anche ai sinistra centro, e a tutti i ma anche presenti nella nuova galassia del PD. E può succedere anche alla Sinistra Arcobaleno, una sinistra finalmente unita anche se percorsa ancora da troppi dubbi. Ma come potrà succedere? Prendiamo innanzi tutto in considerazione un dato di fatto, per la prima volta nella storia repubblicana i partiti che hanno governato il paese ultimamente non potranno pienamente utilizzare quell’effetto governo che di solito avvantaggia in campagna elettorale chi lo ha ultimamente esercitato. Non potranno utilizzarlo pienamente, e sono i partiti della ex Unione, semplicemente perché il governo appena decaduto non ha realizzato, per varie ragioni, alcune chiare altre meno, quelle riforme che erano scritte nel suo programma sottoscritto appunto dai partiti che oggi corrono nelle varie formazioni di sinistra, centrosinistra, ecc… Riforme che, guarda caso, in gran parte interessavano o avrebbero dovuto interessare proprio il loro elettorato al quale ora vanno spiegati molti perchè , dal momento che non sarà facile per nessuno, sia se percorra in pullman, in treno o in macchina il paese, spiegare al proprio elettorato di riferimento che le riforme promesse non sono state fatte, ma il pareggio dei conti pubblici sì, tra l’altro a costo zero, dal momento che non c’è stata alcuna redistribuzione dei vantaggi economici derivati. Un governo passato dall’impegno sociale a quello contabile. La corsa da sinistra può veramente farsi dura, a meno che non si tenti di cambiare traiettoria, cioè il target elettorale di riferimento come sta provando a fare il PD, che dichiara di voler recuperare l’interesse degli operai del nord ma poi candida come capolista il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, figlio di un finanziere noto per aver disastrato la Telecom. La sinistra Arcobaleno a sua volta potrebbe cadere nello stesso errore, scegliendo candidature inadeguate a rappresentare quell’alternativa a sinistra che vuole offrire al paese. Le traiettorie giuste sono molto importanti nell’ultimo giro, anche da esse dipende la possibilità di vittoria. Nel frattempo la campana suona e la pista si accorcia sempre più, è l’ultimo giro per tutti, per quelli che corrono da soli e per quelli che corrono in squadra, è proprio l’ultimo giro e il pubblico, in questo caso gli elettori, prima di alzarsi in piedi, vuole vedere quale impegno, quale foga, quale traiettoria produrranno i contendenti, tanto più se c’è gara anche a sinistra, cioè fra PD e Sinistra Arcobaleno. Candidature giovani? Va benissimo, la classe dirigente va rinnovata. Ma quali candidature? Se si mettono ai primi posti delle liste PD i rampolli trentenni dell’alta borghesia finanziaria e confindustriale, l’unica novità è che stavolta correranno con il PD e non con il PDL, garantendo comunque, la continuità del potere di cui fanno parte, anche se ci sia nel mucchio il superstite della strage alla Thyssen Krupp di Torino. E le donne? Si dice che si fa fatica a trovarne di disponibili a entrare nelle liste ( ma sarà vero?), mentre le solite note già si contendono il posto. Per chi suona la campana? Suona per tutti, proprio per tutti. Condividi