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di Nicola Bossi PERUGIA - Giuseppe Benincasa, capo clan indiscusso della cosca di 'ndragheta umbra-calabra sgominata con 56 arresti dai Ros autori dell'operaione Nas, è approdato a Perugia nel 1971. Si era iscritto alla facoltà di Lettere. Dopo appena tre anni di studi aveva lasciato perdere e si era messo ad organizzazione la vita perugina per i compaesani calabresi. Aveva ottimi rapporti in quegli anni '70 con il Fuan – l'allora organizzazione giovanile del Msi -, dove era altissima la presenza di ragazzi missini – anche sulla scia delle barricate di Reggio Calabria del 1972 - che spesso reclutava per vendere nei fine settimana libri universitari usati che giungevano da Perugia da tutt'Italia. Un conoscente ricorda che il Benincasa pagava in quegli anni anche 5mila lire all'ora per il lavoro di vendita. Insomma tanti soldi. Il futuro boss ha avuto anche il tempo di farsi una famiglia normale: una moglie perbene – che nelle intercettazioni telefoniche scoprirà un barattolo di cocaina e lo butterà nel water – che attualmente insegna a Perugia in una scuola media, un figlio che però seguirà il padre nella scalata al potere della cosca umbra-calabra. Giuseppe Benincasa è stato anche per un lungo periodo una sorta di consulente per amici calabresi che intendevano acquistare locali al centro di perugia – pizzerie e pub in prevalenza. Poi la droga: la cocaina che piazzava negli ambienti bene e che gli costerà una condanna tra il 2001-2002. E nel carcere di massima sicurezza di Spoleto potrebbe essere nata l'idea – secondo il Gip Marina De Robertis – di far nascere la cosca umbra, insieme all'altro imputato Bevilacqua. Condividi