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di Isabella Rossi “Le evidenze autoptiche, tossicologiche e istopatologiche, unite ai dati storico-circostanziali – scriveva il perito medico legale Giuseppe Fortuni, nella relazione consegnata al pubblico ministero Paolo Gengarelli - convergono nell'identificare in una intossicazione acuta da cocaina, con conseguente edema polmonare e cerebrale, la causa certa del decesso del signor Marco Pantani”. Overdose di cocaina, dunque, ma l’inchiesta aveva lasciato l’amaro in bocca a molti. Diverse le zone d’ombra, gli elementi inspiegabili e inspiegati come quello della mancata rilevazione delle impronte digitali nel luogo dove Pantani è morto. Un luogo, peraltro, trovato completamente a soqquadro. Secondo la versione ufficiale il disordine era stato provocando dallo stesso Pantani in preda alla furia, anche se sulle sue mani non c’ erano segni di scorticature o altro. Mamma Tonina lo sentiva, lo sapeva, che giustizia non era stata fatto al suo Marco. E anche dopo l’esito della perizia continuava a ripetere “me l’hanno ucciso perché sapeva”. Marco, infatti, sembra avesse raccontato a sua madre di aver ricevuto minacce di morte. Finalmente di quelle minacce la signora ha potuto parlare, recentemente, alla Procura di Forlì, che a quattro anni dalla morte del campione, ha deciso di riaprire il caso Pantani. La prima inchiesta sulla morte del Pirata si è conclusa con l’incriminazione di cinque persone per spaccio di cocaina e omicidio come conseguenza di altro reato. Oltre alla madre, la fondazione Marco Pantani e molti fan del celebre ciclista avevano più volte richiesto la riapertura dell’inchiesta per far luce su elementi rimasti ancora oscuri, sul quale si spera venga fatta luce al più presto. Ad inquadrare al meglio tutta la vicenda ci ha pensato, nel frattempo, un giornalista francese Philippe Brunel che sulla morte di Marco Pantani, il campione romagnolo capace di vincere nello stesso anno (il 1998) Giro d’Italia e Tour de France, ha scritto un libro: “Vie et mort de Marco Pantani”, edito da Rizzoli. Tra i retroscena e le incongruenze rilevate dal giornalista viene dato particolare risalto alla vicenda del cuore del campione, trasportato dal laboratorio all’abitazione del medico che ha svolto l’autopsia. Un trasferimento al quanto anomalo che, se venisse confermato, faticherebbe a trovare giustificazioni plausibili. Una delle ipotetiche motivazioni della morte di Pantani, sarebbe stata, secondo la ricostruzione di Brunel, la volontà del Pirata di vuotare il sacco sulle pratiche di doping del mondo del ciclismo. Questo suo proposito era stato, secondo il giornalista, manifestato a qualcuno e questo aveva dato il via alle persecuzioni. Tutto sembra ricondurre ad un famoso Giro d’Italia, quello del ’99, dal quale il campione era stato escluso all’ultima tappa. Sulla triste vicenda ha preso posizione anche un noto ergastolano, Renato Vallanzasca che rivolgendosi in una lettera alla mamma di Pantani ha affermato: “Non posso dirti quello che non so, ma è certo che 4 o 5 giorni prima di Madonna di Campiglio sono stato consigliato vivamente di puntare contro il tuo ragazzo, perchè poteva vincere Gotti, o Jalabert, o al limite chiunque altro, ma Pantani non sarebbe arrivato a Milano in maglia rosa. Questi sono i fatti che ho raccontato anche al giudice di Trento”. Condividi