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di Monia Ferranti In politica le acque sono sempre agitate e nella politica italiana il barometro segna tempesta permanente. Quando si combatte per non affogare ci si dimentica, vale per i politici e per tutti i cittadini, quello che è successo solo un momento prima ed in balia degli eventi ogni singolo accadimento getta nel più cupo sconforto o, al contrario, nell’euforia della riscossa. Martedì Perugia ha vissuto una splendida giornata dell’euforia della riscossa con l’inaugurazione del Minimetrò. Dopo le grandi vittorie, così come dopo le grandi sconfitte, vale la pena tentare di abbozzare un bilancio, di fare delle valutazioni. A Perugia in molti, fino all’ultimo, hanno voluto fare i profeti di sventura, impegnati nello sport nazionale che va per la maggiore: lo sfascismo (da sempre preludio al fascismo… vedere il fuoco amico di cui è stato vittima Prodi che apre, ahimè, un’autostrada al ritorno del signor B.). L’anno passato la strada del Minimetrò incontrò quella del buco di bilancio e tutto rischiò di andare a carte quarantotto. Il mio partito si trovò di fronte alla (facile) scelta di accodarsi al coro del no alle tasse oppure di optare per la (difficile) strada della responsabilità: sostenere le scelte per il risanamento e trovare gli ultimi fondi mancanti per il Minimetrò. Il gruppo dirigente dei Comunisti Italiani, grazie alla caparbia tenacia del segretario Carpinelli, scelse di rimboccarsi le maniche per trovare (via Bianchi, ministro -ora ex- dei trasporti indicato dal PdCI) una soluzione, che alla fine arrivò, come i perugini hanno avuto modo di vedere. Fu però una grande sofferenza. Ci sobbarcammo tutto il peso di una scelta allora assai impopolare, che per giunta segnava un solco profondo alla sinistra della coalizione. I fatti, però, dimostrano che avevamo ragione noi. Ora ci rituffiamo nel più cupo sconforto della scellerata crisi del governo nazionale, che rischia non solo di far tornare Berlusconi, ma di seppellire il bipolarismo italiano (con la veltroniana scelta del correre da soli per vocazione maggioritaria) e, soprattutto, di spaccare il progetto della costruzione di una sinistra unita, federale e plurale. Noi con chiarezza diciamo no ad ogni ipotesi di governo tecnico o istituzionale, perché vogliamo salvare il bipolarismo italiano. Ed elezioni subito, perché vogliamo che la sinistra si presenti unita, per contare di più nel centrosinistra e contrastare con più forza il ritorno delle destre. Anche oggi questa scelta del PdCI sembra la più difficile, quando tutti, soprattutto a sinistra, spingono nella direzione di un governo tecnico che faccia la legge elettorale. Speriamo che il nostro puntare i piedi oggi, serva per trovare quella unità necessaria per cercare di non perdere le elezioni. Speriamo che i fatti ci diano ragione. Pesa molto, però, la scelta di Rifondazione di mettere al primo posto la riforma della legge elettorale a discapito del processo unitario a sinistra. Anche in Umbria spesso Rifondazione ha compiuto forzature e noi abbiamo puntato i piedi per evitare danni assai peggiori. È lo scontro unitario, ma saremmo degli scellerati, noi della sinistra, se non riuscissimo a percorrere il sentiero, tutto in salita, dell’unità. Stanno per arrivare tempi assai difficili, proviamo a guardare più in là del nostro naso. I fatti ci daranno ragione. Condividi