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PERUGIA – In merito alla ritardata attuazione della riforma delle scuole superiori annunciata dal Governo a dicembre, l’assessore regionale alla formazione, Maria Prodi, dichiara quanto segue: “La riforma, più volte annunciata, delle scuole superiori a dicembre rimandata per tempo scaduto, sembra sparita dalla scena. Data per pronta a metà dicembre, non è stata ancora ufficialmente presentata al Paese, mentre si accorciano di nuovo i tempi per costruire attorno alla proposta governativa un percorso di discussione e partecipazione ampio e, speriamo, bipartisan. Ma, l’intesa sottoscritta il 17 marzo tra il ministro Gelmini e la Regione Lombardia apre di fatto la strada per il passaggio dell’istruzione professionale alla Regione e si propone una generalizzazione del modello a tutte le Regioni. Questo fatto spiega anche come mai la riforma dei tecnici e dei professionali, approntata tecnicamente dalla commissione De Toni, istituita da Fioroni e reinvestita del suo compito dalla Gelmini, sia rimasta ferma per mesi: evidentemente, c’erano due diverse opzioni rispetto al destino degli istituti professionali e ha prevalso la pressione del modello lombardo che prevede la loro regionalizzazione. Il progetto della commissione De Toni prevedeva una forte assimilazione degli istituti tecnici e professionali, con la discutibile conseguenza di una semplificazione degli indirizzi simili, a spese dei professionali. Ho più volte espresso, negli incontri con il Governo e con lo stesso ministro Gelmini, la preoccupazione per la scomparsa di molti indirizzi degli attuali professionali, a favore degli istituti tecnici, perchè ritengo che né sul fronte dell’utenza, né dei profili professionali in uscita, e quindi della domanda da parte delle imprese, i due percorsi siano sovrapponibili. Ma, la strada che adesso il Governo intraprende presuppone la progressiva identificazione della formazione professionale regionale, con gli istituiti professionali, fino a oggi parte integrante della scuola statale. Quindi, invece di un coerente e unitario impegno delle regioni sugli aspetti organizzativi e territoriali di tutte le scuole, come prevede la Costituzione, si avrebbe un distacco della sola istruzione professionale dal sistema scolastico nazionale verso quello regionale. Ma con che risorse? Con che garanzie di continuità? Con che tipo di consenso e partecipazione da parte delle scuole, degli insegnanti, delle famiglie? Ricordiamoci che i percorsi professionali triennali regionali per la prima qualifica, appena resi ordinamentali e atti ad adempiere l’obbligo scolastico, sono stati privati dei finanziamenti, che il Governo metteva tutti gli anni a disposizione. Nonostante le richieste più volte reiterate, a tutt’oggi nessuna risorsa è prevista per far partire a settembre prossimo i corsi. La Regione dell’Umbria farà il possibile per sopperire alla mancanza del Governo, ma cosa succederebbe se gli istituti professionali, che assorbono una buona percentuale degli studenti, venissero abbandonati senza risorse e senza la certezza che lo sbocco verso i segmenti post-secondari sia realisticamente perseguibile, e non solo enunciato? Proprio in vista di tali rischi, in fase di dimensionamento, la Regione dell’Umbria ha accolto le proposte di costituire, ove era necessario intervenire, Poli che unissero istituti tecnici e professionali. Purtroppo chi doveva comprendere e spiegare che il nostro compito è traghettare la scuola verso il futuro e non cercare solo di immobilizzare l’esistente, comprese le rendite di posizione di qualche dirigente, ha perso un’occasione per esprimere l’autorevolezza e il senso di responsabilità che sarebbero connessi al proprio ruolo. Con tanti altri dirigenti invece da tempo è aperto un confronto: le decisioni del Governo ci troveranno concordi nella prospettiva di salvare comunque il diritto di tanti ragazzi ad un percorso che sia realmente disponibile, adatto alle loro aspettative, e al loro inserimento in un mondo del lavoro che chiede oggi più competenze. Condividi