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di Marco Casavecchia Contano le risorse economiche nel calcio? Tradotto in parole povere, chi più spende, più vince? Sembrerebbe di sì, visti i risultati delle squadre italiane in campo europeo: Manchester, Chelsea e Arsenal, sono farcite di campioni, pagati anche fior di milioni, per cui l’uguaglianza sembrerebbe non fare una piega. Unica eccezione, l’Inter di Moratti che, ultimo dei Moicani tra i presidenti ricchi e …[omissis], continua ad investire nel suo giocattolo, acquistando ogni anno giocatori a iosa, ma che ha ancora bisogno di aiutini arbitrali, sotto forma di sviste, in campo nazionale, per venire a capo di certe partite. Non fa testo il Milan berlusconiano, in quanto sembrerebbe che le tanto sbandierate programmazione ed efficienza della Milano calcistica, sponda rossonera, stiano facendo acqua da tutte le parti. Acquisti cervellotici, condotti più a fini d’immagine che fatti per rinforzare la squadra in cui, ormai, quasi tutti i giocatori sono in età da pensione con la conseguenza che i vari reparti sono ridotti all’osso. La Juve non fa follie ormai da tempo, ed economicamente parlando, ripropone puntuale, ogni anno, una gestione “oculata” e, aggiungiamo noi, anche un po’ troppo sparagnina. Rosa ridotta, che falcidiata da infortuni e squalifiche, non garantisce un rendimento adeguato né in campionato né in campo europeo. Quindi spendere, spendere, spendere, si direbbe la formula magica? Non crediamo. Crediamo, invece, che le squadre estere oltre che capaci di importanti investimenti, siano efficienti anche dal punto di vista della programmazione, della cura dei settori giovanili e della scelta di persone competenti ad ogni livello. Da noi invece i grandi club dirottano somme all’estero per l’acquisto di potenziali campioni, quando già non affermati giocatori e non investono più nei settori giovanili; raramente allacciano rapporti di collaborazione con le squadre del calcio minore o di serie B e Lega Pro. Sempre più raramente vengono lanciati in prima squadra elementi provenienti dalle squadre Primavera. In effetti, ogni tanto ci scappa il De Rossi, l’Aquilani o Balottelli di turno, ma sono sempre più mosche bianche. È sufficiente riflettere su un dato: l’Italia patria di portieri, sempre più vede numeri uno esteri. E che dire del livello della preparazione atletica? Le squadre inglesi giocano innumerevoli partite, tra coppe nazionali, campionato e competizioni internazionali, mentre le nostre pur snobbando, o quasi, persino l’unica coppa nazionale, che non impegna nemmeno tanto, sono sempre alle prese con problemi legati ad infortuni più o meno gravi. C’è dunque qualcosa che non va, se i potenti club italiani che gestiscono l’ottanta per cento delle risorse del calcio, spartendoselo tra loro, non riescono a vincere quasi più niente da diverso tempo, ad eccezione del Milan del periodo d’oro nel 2007 con Champions, Supercoppa e Coppa Intercontinentale, qualche vittoria in Uefa, prima del 2000 e nulla più (una delle ultime competizioni europee vinte da un’italiana è stata l’Intertoto, qualche annetto fa, da una squadretta provinciale guidata da un personaggio schietto di origini nostrane, di cui non faremo il nome perché superfluo, con una banda di ragazzotti “racimolati” qua e là, tutti cuore e grinta). Programmare ed investire. Spese oculate e mirate a potenziare i nostri settori giovanili. Formula valida anche per il nostro Grifo. Capito Leonardo?? Condividi