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...e Franceschini disse qualcosa di sinistra, proponendo l’estensione a tutte le forme di lavoro subordinato e parasubordinato della possibilità di accedere, come è per i lavoratori a tempo indeterminato, al sussidio di disoccupazione, ovvero ad un assegno mensile commisurato all’ultimo salario percepito. Grande ed innovativa proposta, Franceschini sposta a sinistra l’asse del Partito Democratico, evviva il Partito Democratico. Della necessità di una riforma dei cosiddetti ammortizzatori sociali, ovvero di quegli interventi di sussidio e sostegno al reddito dei lavoratori in caso di interruzione del rapporto del lavoro, se ne parla ormai da anni, sicuramente troppi. Gli unici strumenti attualmente esistenti (cassa integrazione, assegno di mobilità e sussidio di disoccupazione) al di là della loro insufficienza a garantire un reddito decente per chi perde il lavoro, sono tutti cuciti addosso ad una figura di lavoratore, quello della impresa medio grande e con contratto a tempo indeterminato, che, purtroppo, è da tempo una tipologia in via di estensione sostituito dalle tante forme di lavoro precario e a termine che nel corso di questi anni (con gravi responsabilità delle forze politiche del centro sinistra) sono state introdotte. La riforma del sistema degli ammortizzatori sociali era all’ordine del giorno dei governi Prodi, D’Alema, Amato (1996/2001), fu varato un provvedimento di delega al governo per provvedere alla riforma (ministri del lavoro prima Bassolino e poi Salvi), ma non se ne fece nulla. La riforma degli ammortizzatori venne di nuovo indicata nel programma del secondo governo Prodi (2006/2008), il ministro del lavoro Cesare Damiano abbozzò alcune, per altro discutibili, proposte ma ancora una volta niente di fatto. Evidentemente la questione non era ritenuta prioritaria, e poi ci interroga sul perché le elezioni dell’anno scorso sono andate come sono andate. Oggi, dall’opposizione, si rilancia la proposta, che quando si era al governo non si è avuto la determinazione politica di affrontare. E va bene, così, non spariamo sulla Croce Rossa. Ora alla proposta Franceschini il governo risponde affermando che è inattuabile perché costa troppo, salterebbero i bilanci pubblici e giù a sparare cifre, miliardi di euro come noccioline. Ma ancora una volta il problema è mal posto. Certo che dare sussidi di disoccupazione a tutti coloro che perdono un lavoro costa e costa tanto, soprattutto se si prevede una crescita della disoccupazione nell’ordine di milioni di unità e allora, scusate l’uovo di Colombo, il problema è non creare disoccupati, o comunque limitare al massimo il ricorso all’interruzione del rapporto di lavoro. Come? La soluzione non è così complicata, faccio alcuni esempi. Partiamo dai precari che con contratti i più diversi lavorano nella e per la Pubblica Amministrazione, il governo Prodi aveva (Finanziaria 2008) previsto un percorso per la loro stabilizzazione, adesso il ministro Brunetta, nella sua crociata contro i pubblici dipendenti, ha deciso di sospendere tutte le procedure di stabilizzazione. Ora in una situazione di questo tipo, atteso che al momento nelle casse della Pubblica Amministrazione ci sono le risorse per pagare i salari a questi lavoratori, che senso ha mettere tutti questi lavoratori alla porta? Rimandiamo la crociata di qualche mese e si emani un provvedimento (questo sì nella forma del decreto legge) che imponga a tutte le Pubbliche amministrazioni la prosecuzione dei rapporti di lavoro in essere almeno per i prossimi 18 mesi, facendo di questo una priorità della politica delle Pubbliche amministrazioni. Ma ancora. Nessuna azienda, soprattutto se piccola o media, gode nel licenziare i propri lavoratori. Allora perché non finanziare forme che combinino riduzione di orario di lavoro con ore di formazione/riqualificazione, appoggiandole, in questo modo correttamente, su risorse del Fondo Sociale Europeo, quindi a costo zero per lo Stato. Avendo alla fine un doppio risultato, non licenziare i lavoratori e formarli e qualificarli per il futuro. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, le strade, le iniziative da mettere in atto prima di giungere alla rottura del rapporto di lavoro sono e possono essere tante, qui veramente l’immaginazione sale al potere, basta avere la volontà.(e le risorse pure). Quindi, caro Franceschini, va bene riformare gli ammortizzatori sociali, ma in primo luogo bisogna battersi perché non si distruggano in questa fase posti di lavoro, non si disperda quella risorsa fondamentale che è il lavoro. In conclusione si tratta di inaugurare una stagione di politiche attive (e sottolineo questo aggettivo) del lavoro in grado di aggredire e prevenire la distruzione di posti di lavoro, che non sono una inevitabile fatalità. Condividi