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di Marco Jacoviello Questa volta è la voce del cardinale di Genova Bagnasco, segretario della CEI, a rivolgere un vero e proprio cahier de doleance all’Italia infragilita, a suo dire, nel tessuto interno e diventata pari a “tanti coloratissimi coriandoli”. A parte i vari distinguo che dovrebbero esser chiariti a livello istituzionale, cioè se posizioni del genere siano consentite dai rapporti Stato - Chiesa e se siano legittimi da parte di un’autorità ideologicamente schierata come la Chiesa Cattolica, si dovrebbe rinviare al mittente l’intera questione con una sola, esplicita domanda: dov’era la Chiesa in tutto questo dissesto? Il cardinale e i vescovi tutti dovrebbero aver appreso la lezione di Kant, altrimenti si rimettano sui banchi di scuola, lascino da parte la teologia massimalista che li sta occupando, e riprendano in mano i manuali di filosofia. Il pensiero kantiano pone il criticismo a livello relazionale. Non si critica se non si è capaci di autocritica. E qualunque critica si pone come mediazione tra due soggetti. Chi si esclude da questa prassi “copernicana” non fa critica, ma ideologia. Questa semplice lezione dovrebbe essere fatta da qualunque docente di filosofia del liceo, e ce ne sono tanti nelle scuole private cattoliche, al fine di far piazza pulita delle presunte affermazioni di “critica”, che critica non sono, di molti, troppi prelati e che imbarazzano proprio chi della chiesa pensa attraverso i documenti conciliari che, almeno ufficialmente, non sono ancora stati smentiti, ma vanificati, ormai da molti anni, nei meandri della sottopolitica vaticana. La quale preferisce l’intervento politico e le strategie concettuali - ultima delle quali la celebrazione pubblica della libertà di voce del Papa isolato e “condannato” da pochi a parlare, ancora una volta, dal balcone di piazza San Pietro! (sic) alla seria riproposta del messaggio della fede in un Dio troppo spesso citato da chi non crede e troppo poco presente nei discorsi delle persone di chiesa. Lo sconsiderato appoggio al fenomeno dell’ateismo devoto evidenzia le vere preoccupazione dei dirigenti della Chiesa italiana che ripropongono i temi cristiani come cultura dominante all’interno di uno stato laico sempre più infragilito dalle scorribande dei cattolici fondamentalisti. Questo è integralismo, non pastorale cristiana. Sia almeno detto loro che il richiamo all’obbiezione di coscienza più volte invocato nei confronti dei politici cattolici chiamati al dissenso può rivolgersi anche contro di lei, perché la coscienza è l’unico e ultimo atto della libertà morale e affermativa dell’individuo che ha le capacità di sovvertire anche l’estremo dictat della Chiesa. Dovrebbe essere la coscienza del credente a invocare l’autonomia e la distanza dalla CEI. Una chiesa che non è madre, ma matrigna, quando perde di vista l’unità dei credenti a vantaggio di opportunismi dell’ultima ora e sollecita fenomeni aggregativi - come quello di domenica scorsa - che non ripropongono la spiritualità evangelica, ma esaltano posizioni divergenti e contrapposte all’interno del popolo di Dio. Non è casuale la contemporaneità del discorso di Bagnasco con l’uscita dalla compagine governativa di Mastella. Coriandoli negli occhi. Condividi