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Una nuova autorevole smentita all'ottimismo di facciata mostrato da Berlusconi e Tremonti sulla possibilità che l'Italia superi assai meglio degli altri Paesi le conseguenze pesanti che la crisi internazionale ha determinato anche da noi. Autorevole quanto mai perché espressa da un organismo, il Fondo Monetario Internazionale, che se non altro possiede tutti gli strumenti utili per misurare il grado della febbre che ci ha colpito. Le prospettive per l'Italia sono "tetre", ha decretato (e si badi bene che il termine che abbiamo virgolettato non ci appartiene) , con "un'eventuale ripresa debole e lenta". E' la conferma di due anni di recessione, con il pil 2009 in contrazione del 2,1% e quello 2010 dello 0,1%. Il rapporto-deficit pil tornerà quest'anno sopra il 3% "a causa del deterioramento dell'economia", mentre il debito salirà al 108,2%, dal 105,7 precedente, offrendo al governo "uno spazio limitato" d'azione per fronteggiare la crisi globale. Servono comunque "misure tempestive, mirate e coordinate" tenendo conto dei programmi di riduzione della spesa. Ed ancora: a pesare sarà anche l'eccessiva dipendenza dell'Italia dalle esportazioni. "L'incertezza sulle prospettive é eccezionalmente elevata", aggiunge il Fmi, evidenziando la necessità di adottare "riforme di lungo termine per risolvere la principale sfida italiana: la mancanza cronica di crescita". Uno scenario, dunque, ancora peggiore di quelli, pure pesanti, che avevano già delineato per noi la Commissione Europea e la Banca d'Italia. Naturalmente l'FMI, che resta pur sempre uno dei tempi del liberismo internazionale, ha indicato fra le possibili soluzioni anche la necessità di procedere ulteriormente, appunto, sulla strada delle liberalizzazioni, non mancando di indicare fra queste anche quella del mercato del lavoro, auspicando una riforma di "seconda generazione", ovvero più ampia "al fine di evitare ulteriori interventi parziali che esacerberebbero le iniquità già esistenti". Al riguardo sarebbe interessante se l'ultimo riferimento abbia qualcosa a che fare (ma tempiamo di no), con gli scandalosi appannaggi che si sono autoliquidati i "supermanagere", alla barba di ogni regole di mercato che evidentemente non applicavano per loro, nel momento in cui stavano affossando le aziende che amministravano, cosa che sappiamo bene anche noi italiani. Se così fosse si tratterebbe almeno di un inizio di ripensamento da parte del FMI e del suo direttore, Dominique Strauss-Kahn (nella foto), anche se si sarebbero limitati a fare eco al neo presidente degli Usa, Barack Obama, che su questo tema sta da tempo strigliando i supermanager a stelle e strisce. L'invito finale che ci rivolge comunque il Fondo Monetario Internazionale è quello di "Considerare uno stimolo più ampio" per la nostra economia. Condividi