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Un muratore indiano, disoccupato perché da un mese aveva perso il suo lavoro, senza un soldo in tasca e nell'impossibilità, quindi, di pagarsi un casa, costretto a dormire nell'atrio della stazione di Nettuno, vicino alla capitale, è stato aggredito e picchiato in piena notte da un gruppo di ragazzotti italiani in cerca di "emozioni forti", come hanno cercato di giustificarsi. Poi, ritendendo evidentemente che la lezione impartitagli non fosse sufficiente, hanno pensato bene di dargli anche fuoco. Gli hanno versato addosso una bottiglia di liquido incendiario e, dopo che le fiamme lo avevano avvolto completamente, da quegli impavidi che sono hanno preso la via della fuga. Adesso la loro vittima è ricoverata in gravi condizioni all'ospedale ed anche se riuscirà a sopravvivere porterà per sempre sul suo corpo i segni di una barbarie senza limiti. Facevano parte di un gruppo di cinque individui, tutti "bravi ragazzi", "ragazzi normali" come si suol dire in queste circostanze, ma pare che solo tre di loro siano gli autori della nobile impresa, fra i quali un giovane di appena 16 anni. Nobile gesto perché dettato da una lodevole intenzione: volevano soltanto ripulire quel mondo che - gli era stato detto - i barbari calati in mezzo a noi stanno sporcando. In fondo era nelle loro intenzioni preservarci da una pericolosa contaminazione con le razze inferiori che minaccia la nostra italianità. E che c'è di male, se anche il nostro presidente del consiglio ha invocato l'italianità per porre un argine a difesa della compagnia di bandiera che ci veniva insidiata dagli infidi francesi? Ora, passato l'iniziale sgomento e quietate le retoriche condanne espresse perfino da chi ha cinicamente soffiato sul fuoco (è proprio il caso di dirlo) della paura, scatenando la caccia verso gli extracomunitari pur di guadagnare i voti necessari per governare, inizierà (e a ben vedere è già stata avviata) la manfrina di sempre che continuerà almeno fino quando l'orrendo fatto non sparirà dalle prime pagine dei giornali. Ci ripeteranno, e la stampa farà come sempre da fedele megafono alle loro dichiarazioni, che il razzismo non c'entra nulla, che la colpa è solo della noia che attanaglia tanti giovani che non sanno più come passare il troppo tempo libero che hanno a disposizione. Così può accadere che, dopo una notte impiegata a riempirsi di droghe e alcool, vogliano fare qualcosa di diverso, come il dare fuoco ad un essere umano. E sì, perché tutto sarebbe successo per caso, assolutamente senza premeditazione: per caso, dopo essersi fatti e perciò non più in grado di riflettere sulle conseguenze del loro gesto, questi "bravi giovani" sono passati per la stazione di Nettuno, per caso si sono imbattutti nella loro vittima e, sempre per caso, avevano con loro una bottiglia di liquido incendiario ed anche i fiammiferi per dargli fuoco. Poi, magari, scopriremo che, sempre per caso, avevano già qualche precedente politico come appartenenti a qualche frangia nera di tifosi romanisti o laziali, visto che, a quanto ci assicurano, almeno dal punto di vista penale fino ad oggi erano a posto. Sia come sia una cosa è certa: si tratta di giovani inquinati da una violenta campagna di odio scatenata per un bieco interesse politico verso chi è per qualsiasi motivo diverso da noi e che minaccia il nostro stile di vita, le nostre donne e perfino il nostro lavoro, perché certamente questi ragazzi non avrebbero mai pensato a dare fuoco ad un italiano. Ed allora, come si vede, la componente razzista ci sta tutta e in nessuna maniera può essere esclusa; a loro scusante hanno semmai il fatto di aver prestato ascolto ai cattivi maestri che li hanno incitati a sfogare il loro assurdo risentimento. Sono questi, perciò, i colpevoli morali di quanto è accaduto, questa volta a Nettuno, la prossima volta chissà dove. Ma state certi che costoro non compariranno mai davanti ad un giudice per rispondere del loro operato. Condividi