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di Isabella Rossi Nuova giornata altro pullover per Roberto Spaccino. E’ continuato questa mattina l’esame dell’imputato nel processo per l’omicidio di sua moglie Barbara Cicioni. Dopo la giornata di ieri, che lo ha visto superare con un certo distacco emotivo, interrotto da alcuni brevi sfoghi, il lungo esame a cui lo ha sottoposto il pubblico Ministero Antonella Duchini, l’imputato è sembrato oggi un po’ più provato. Dalla difesa, gli avvocati Luca Gentili e Michele Titoli, è stato chiamato a descrivere una “normalità” nella vita di coppia che non sarebbe emersa nei precedenti interrogatori ed esami. Spaccino ha ricordato le vacanze al mare, tutti gli anni meno uno, le uscite con la moglie e gli amici del fine settimana, le cene del pallone infrasettimanali solo con il piccolo Nicolò, erano tutti i ragazzi della squadra di Marsciano di cui Spaccino è dirigente. E i compleanni di sua moglie Barbara. Sempre festeggiati, sempre con le rose che a lei piacevano tanto, quelle stesse che ultimamente lui gliele ha fatte arrivare sì, ma al cimitero. Rose rosse, due celesti ed una rosa sulla sua tomba. Altrimenti una trousse. "Mi accusava di farle sempre lo stesso regalo", ha detto Roberto, per questo ho chiesto consiglio alla zia Elisa racconta l’imputato con alzata di spalle e in tono ironico: “Che te devo reagalà? t’ho regalato tutto.” A questo punto parte un elenco di solitari, bracciali ed orologi. No davvero, non sembra che egli stia parlando di sua moglie, morta assassinata all’ottavo mese di gravidanza Spesso durante queste due lunghe giornate, le sue dichiarazioni, per tono, scelta delle parole, per l’uso del presente riguardante azioni relative a Barbara e per certi sorrisi che ammicavano ad aspetti del vivere quotidiano sono sembrate talmente svincolate dalla circostanza del processo da destare una certa meraviglia. Un inno alla normalità, quella stessa sparita, in pochi minuti perduta, e a cui non sembra rimasto altro che aggrapparsi ostinatamente, come se niente fosse stato. Perchè, delucida ad un certo punto Spaccino, lui all'inizio si era convinto di "dover dire il falso". "Titoli mi chiese se ero colpevole e io annuii". Fu una psicologa a fargli capire che stava sbagliando, racconta Spaccino, e che doveva dire la verità. "Non posso dire il falso, io l'ho detto sempre da questa situazione non esco più." Condividi