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di Eugenio Pierucci Ennesima analisi sull'efficienza delle amministrazioni comunali italiane e, di riflesso, sulla vivibilità delle nostre città, quella pubblicata dal settimanale L'espresso. Una analisi che però si distingue dalle altre perché non basata su parametri discutibili che si prestano ad interpretazioni soggettive che, in quanto tali, possono sfociare in valutazioni contraddittorie, bensì sulla fredda logica dei numeri che lascia poco spazio ad interpretazioni di comodo. E' stata promossa dalla Fondazione Civicum che ha messo sotto osservazione, con l'avallo degli stessi Enti controllati, i bilanci del 2007, gli ultimi per i quali si hanno i consuntivi di fine esercizio. Documenti che sono stati impietosamente spulciati dai suoi esperti, assieme a quelli del Politecnico di Milano, allo scopo di ricavare informazioni il quanto più possibile asettiche, su come sono state impiegate le risorse disponibili (stato dei servizi in particolare) e su come queste sono state reperite (livelli di tassazione). Ma anche lo stato complessivo dei conti ed il livello di indebitamento hanno inciso fortemente sul giudizio finale che promuove a pieni voti Venezia e Torino, mentre boccia inesorabilmente Napoli e, ancora di più Palermo, una città che viene descritta sull'orlo della più completa bancarotta. Fra i due estremi ci stanno tutte le altre città prese in considerazione, fra le quali, naturalmente, anche Perugia. Al riguardo conviene comunque precisare che questa indagine ci offre un panorama più ristretto rispetto alle altre, prendendo in considerazione solo 23 città italiane: quelle ritenute dai promotori più rappresentative della nostra realtà nazionale, con alcune eccezioni, Catanzaro, Reggio Calabria, Messina e Catania, che hanno declinato l'invito al collaborare che era stato loro rivolto, temendo, forse, il giudizio severo di un'istituzione che può mettere in imbarazzo con le sue analisi rigorose, volte unicamente a rendere più trasparenti i bilanci in questione. Per quanto ci riguarda più da vicino, il capoluogo umbro, come sovente gli accade, occupa nella graduatoria finale una posizione mediana, con un giudizio non espresso, ma ricavabile mettendo assieme i parametri principali, che lo colloca nell'area dei senza infamia e senza lode. Infatti, per noi la partenza non è stata certo delle più brillanti, anzi si potrebbe sostenere il contrario per ciò che riguarda la spesa pro capite (appena 1,247 euro ad abitante, con un incremento del 6% rispetto all'anno precedente, contro i 2.497 euro di Venezia che svetta in cima alla classifica). Un valore che ci è valso il 19° posto, ed ancora peggio ci è andata per la spesa corrente relativa all'istruzione, dove siamo scesi al 20° posto (appena 72 euro per abitante contro i 201 di Torino). Solo un filino meglio il giudizio per la Polizia locale (sempre per quanto riguarda la spesa corrente), voce alle quali abbiamo dedicato appena 45 euro ad abitante (18° posto) contro i 126 di Roma e i 105 di Torino che occupano le prime due piazze. Le nostre sorti accennano a risalire con la spesa corrente relativa alla cultura (38 euro a cittadino e 14° posto, contro i 99 euro di Venezia), anche se qui scontiamo l'onta di un decremento dell'1% rispetto al 2006. Da questo punto di vista peggio di noi hanno fatto solo Palermo (-13%) e Campobasso (-13%). Mentre ci stanno alla pari Bolzano (che però con la bella cifra di 92 euro a cittadino segue da presso la capolista) e Milano (55 euro di spesa per abitante). Da segnalare, al riguardo, le belle imprese di Cagliari (che si porta a 48 euro, + 54%) e Brescia (62 euro, +29%). Decisamente meglio vanno le cose per Perugia relativamente alla spesa per abitante nel settore viabilità e ai trasporti. Qui siamo settimi, con 155 euro a testa e un incremento del 29% in un anno, secondo solo a quello di Napoli che con questa voce accenna a rialzare la testa (231 euro, + 40%), se non sorgesse qualche dubbio circa la produttività reale di questo investimento rispetto alle necessità degli utenti partenopei. Prima ancora una volta la solita Venezia (325 euro). Il dato più deludente per noi ci viene però dal costo della macchina pubblica che a Perugia risulta al di sopra della media, impegnando il 30% dell'intero bilancio (Venezia 20%). Fatto questo che lascia intendere una certa rigidità nei conti del nostro Comune che incide inevitabilmente sul livello della spesa per gli investimenti e i servizi. Una spiegazione plausibile al riguardo potrebbe essere che il Comune di Perugia si trovava all'epoca alle prese con il famigerato "buco di bilancio", per ripianare il quale sono stati necessari grossi sacrifici che sono stati evidentementa sopportati dalle voci più sociali del suo bilancio. A confortare questa tesi c'è la voce successiva, quella relativa alle imposte comunali che si sono incrementata dal 46% fra il 2006 e il 2007, portandosi ad un prelievo medio di 361 euro per abitante. Un incremento indubbiamene consistente, il maggiore a livello nazionale, sul quale dobbiamo fare comunque attenzione prima di esprimere un giudizio tranciante, visto che potrebbe indicare non tanto un incremento della pressione fiscale, quanto, piuttosto, un recupero deciso di evasione. A conferma che questo sforzo c'è stato e che sia stato pagato soprattutto da chi era abituato ad ignorare, del tutto o solo parzialmente, sta il fatto che Perugia, con il suo 11° posto, si colloca più o meno a metà di una classifica che in questo caso è guidata da Bologna (519 euro) e Firenze (467 euro). Da segnalare ancora una volta il buon exploit di Venezia che riesce ad eccellere in buona amministrazione, pur prelevando mediamente dalle tasche dei suoi cittadini appena 282 euro in un anno. Ultima, ma non certo per ordine di importanza, la voce relativa all'indebitamento del Comune. Qui Perugia se la cava discretamente bene segnalandosi con un 1.720 euro di media per abitante. Certo non è il massimo, soprattutto se facciamo il paragone con Brescia, i cui abitanti debbono sopportare un carico di appena 530 euro ciascuno, ma c'è di che consolarsi se guardiamo all'autentico macigno che pesa sulle spalle dei torinesi (5.781 euro), seguiti a distanza dai milanesi (3.997), dai triestini (3.922) e dai romani (3.132). Comunque il capoluogo umbro occupa il 13° posto, ovvero una posizione di fondo che almeno questa volta ci fa onore, in una particolare classifica che indica una media nazionale di 2.151 euro ad abitante. Che dire, di fronte ai reiterati allarmi gettati al riguardo (la stessa cosa dicasi per le denunce su un presunto dilagare del clientelismo in Umbria) dai politici del centro destra? Che farebbero forse meglio a guardarsi in casa, visto come ci descrive L'espresso la drammatica situazione di Palermo che è tenuta in piedi ormai solo dai trasferimenti, ingentissimi, che gli sono garantiti dallo statuto speciale (la bellezza di mezzo miliardo di euro l'anno): "Un fatto è certo: in otto anni Cammarata (il Sindaco del capoluogo siciliano, ndr.) non è riuscito a tagliare le spese dell'elefantiaca macchina dell'amministrazione, che conta seimila dipendenti in pianta organica e tremila precari a un passo dalla stabilizzazione. Un mostro che brucia il 39% dell'intero bilancio disponibile. Nel 2007 i costi sono addirittura aumentati, mentra al portone di Palazzo delle Aquile stanno bussando altri tremila "pip", l'esercito di impiegati che lavorano grazie ai piani di inserimento professionale. Più che sui servizi ai cittadini, il sindaco sembra aver puntato su un sistema clientelare tipico in un territorio dove il tasso di disoccupazione supera il 20 per cento. Ora il Comune è a un passo dal default in due relazioni la Corte dei conti ha addossato all'amministrazione la responsabilità di somme iscritte (ben 669 milioni) e mai incassate, dei debiti fuori bilancio e delle perdite a sei zero delle società partecipate. I magistrati contabili chiedono anche 200 mila euro di risarcimento danni per i contratti concessi a 12 consulenti, di cui molti senza i titoli adatti, che non c'era alcun bisogno di far lavorare. Soldi buttati. Come quelli, dicono i maligni, che si spenderanno per il progetto 'Palermo Live': 300 mila euro per promuovere l'immagine della città con affissioni, spot tv e sito internet ad hoc". E potremmo continuare ancora. Ma, se i riflettori dei grandi mass media restano, a buona ragione, costantemente puntati su Napoli, di ciò che accade nel capoluogo siciliano quasi tutto si ignora. Condividi