grafico.JPG
Mettendo in relazione due dati, apparentemente scollegati fra loro, recentissimamente diffusi dall’Istat, abbiamo l’idea di quanto la crisi economica morda nel profondo la società italiana. Il primo è che la popolazione italiana continua a crescere tanto che nel luglio scorso eravamo arrivati a 59.872.932, facendo segnare una crescita di 253.642 unità dall’inizio dell’anno. Ciò vuol dire che se è stato mantenuto quel ritmo di incremento, a questo momento dovremmo già essere oltre quella soglia dei 60 milioni che fino a qualche anno fa ci pareva assolutamente impensabile. Il secondo dato è che le vendite del commercio fisso al dettaglio, in altre parole la spesa che quotidianamente le famiglie italiane sostengono per alimentarsi, vestirsi e quant’altro è indispensabile per vivere, al novembre 2008 erano diminuite del 3% in termini di valore rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Una flessione su base annua che non si è distribuita in modo uniforme sulla rete commerciale nazionale, essendo stata pagata più pesantemente dai piccoli esercizi (- 4,3%), rispetto alle grandi superfici commerciali (-0,8%). Ora è evidente che, se da un lato abbiamo che cresce la platea dei consumatori (la popolazione) e allo stesso tempo si verifica una contrazione dei consumi, ciò vuol dire che ogni singolo cittadino ha in effetti mediamente ridotto la sua capacità di spesa in misura superiore al 3% in termini di valore che ci è stato indicato dall’Istat in termini di valore. Se poi ci mettiamo anche l’inflazione che pure c’è stata ed ha colpito in misura maggiore, come ben sappiamo, i beni di più largo consumo, come il latte, il pane e la pasta, allora vuol dire che il peso per le categorie economiche più deboli è stato ancora maggiore in termini di quantità. Ci spieghiamo: se un pensionato nel 2008 ha speso un 3% in meno rispetto al 2007 ciò vuol dire che 2008 ha comprato meno cose rispetto all’anno precedente, tanto più se queste cose gli saranno costate singolarmente di più a causa del rincaro dei prezzi che nel frattempo c’è stato. Ora, a fronte di questa situazione, diventa davvero insopportabile il cinismo con il quale Berlusconi ha commentato l’allarme di Bruxelles riguardo al calo del pil del 2% che si prevede per l’Italia nel 2009. “Vorrà dire che torneremo al 2006 e nel 2006 non stavamo poi così male”, ha celiato, incurante del dramma che vivono centinaia di migliaia di lavoratori che stanno perdendo il lavoro, dei precari che vedono allontanarsi ancora la possibilità di una sistemazione, dei pensionati al minimo che dovranno tirare ancora di più la cinghia, insomma di tutti coloro che non sono stati baciati dalla buona sorte e che magari non lo votano. Condividi