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di Daniele Cibruscola PERUGIA – L'ospite: Paolo Montesperelli, dell'Osservatorio regionale sulle povertà. L'evento: il seminario del Prc di ieri sera sulla povertà in Umbria. Un momento di riflessione e confronto per discutere della condizione disagiata (nei casi più gravi letteralmente non-sostenibile) che 24mila nuclei familiari umbri vivono ogni giorno sulla propria pelle, tra la fatica di arrivare a fine mese e la dignità sempre più difficilmente esibita nel sopportare questa situazione. Grottescamente credibili le prime parole di Montesperelli all'incontro: “Qualche volta abbiamo il sospetto di essere un po' scomodi per qualcuno – ammette infatti parlando dell'Osservatorio di cui fa parte – perché raramente ci invitano da qualche parte per parlare di povertà, come ha fatto invece oggi il Prc, e anzi, spesso ci chiedono sarcasticamente di parlare un po' anche di ricchi”. Il Dott. Montesperelli, o meglio “Paolo” come ha tenuto più volte a dire di voler essere chiamato, è stato invitato per presentare i dati di un rapporto (il 4° prodotto dall'Osservatorio) sulle povertà in Umbria, ma prima di far questo ha voluto chiarire un punto: “La povertà – ha affermato – è un problema strutturale”. E come tale è ovviamente presente anche in realtà più grandi di quella di una piccola regione come l'Umbria. “Basti pensare alle diseguaglianze tra Nazioni: l'aspettativa di vita media in Italia è di 80,2 anni, quella nei Paesi in via di sviluppo di 65 e quella in Etiopia di soli 45. Non solo, il 75% dei beni di consumo e delle risorse prodotte è appannaggio id circa il 25% della popolazione mondiale”. Uno scenario drammatico, scabroso, quello internazionale; meglio forse, non fosse altro per pudore, parlare della sola Umbria. Ma anche qui i dati offerti da “Paolo” alla platea (la sala conferenze era davvero stracolma) non sono stati certo più felici. Qualche esempio? Il 7,3% delle famiglie della nostra regione si attesta sotto la soglia di povertà, a fronte di una media del 6,9% nel resto del centro-Italia e di un (ben più “importante” e complesso) 22% nel meridione. E i giovani, quelli che una famiglia se la dovrebbero ancora costruire? “Mi è sembrato quantomeno inadeguato chiamare, come ha fatto recentemente qualcuno, “bamboccioni” i ventenni e i trentenni che non lasciano la casa dei genitori – ha proseguito Montesperelli – una scelta, quella di andare a vivere da soli, che in Umbria rischia di far diventare povero il 20% di coloro che intraprendono questa strada". Ma la situazione non migliora se andiamo ad analizzare nel dettaglio la composizione di quegli indigenti che quotidianamente chiedono aiuto alle Caritas locali. Secondo gli stessi centri Caritas infatti, il 34% di chi gli si rivolge è italiano (con un'età che va principalmente dai 48 anni a salire, non più soltanto anziani quindi) e il restante 66% è di origine straniera di cui circa il 22% sprovvista di permesso di soggiorno; ma il dato più allarmante è decisamente quel 38% di “utenze”, registrate tra Italiani e stranieri dagli stessi centri, in possesso di una laurea o comunque di un diploma di scuola media superiore. “Una percentuale quest'ultima, che indica un netto cambiamento rispetto al passato – ha sentenziato Montesperelli – e cioè che un livello culturale, di istruzione, elevato, non basta più per sfuggire alla condizione di povertà”. Sembra ci sia poco da aggiungere a questi numeri che descrivono (probabilmente riuscendoci solo in parte) il vissuto quotidiano di 50mila persone in tutta l'Umbria. Magari però, andrebbe ricordato che i principali fattori causa d'ingresso nella condizione d'indigenza (lavoro precario, passaggio dalla situazione di lavoratore attivo a pensionato,...) e quelli, all'opposto, di inclusione sociale (intervento pubblico forte,reti di solidarietà informali,...) individuati da Montesperelli, sono gli stessi che una parte dell'attuale maggioranza – di governo locale ma anche nazionale – ripete da tempo, salvo poi sentirsi additare da più parti, amiche e nemiche, come estremista e radicale. Forse lo è per davvero, e in tal caso, visti gli allarmanti dati umbri, ben venga; perché parafrasando un noto sociologo, menzionato anche da Montesperelli a chiusura dell'incontro, una società che non riesce a far interessare i suoi membri della propria condizione reciproca, di fatto, mette a rischio la legittimità della sua stessa esistenza. Condividi