barbaracicioni.jpg
Parla Paolo del suo fratello gemello Roberto e di sua cognata Barbara. La passione comune per il ballo, le serate seguendo un’orchestra itinerante. La forte amicizia con Paola, una cugina. Spaccati di vita di coppia che attestano serenità. Dice di non sapere delle avventure extraconiugali di Roberto, né del suo abbandono per tre giorni del tetto coniugale. Della gelosia di Barbara tuttavia si ricorda, perché quando uscivano insieme “faceva battute a Roberto”. E ancora. Del fatto che Barbara si fosse rivolta ad un avvocato non sapeva niente, di Claudia, sua cognata, invece sì. Gliel’aveva riferito sua moglie. Ma in una intercettazione ambientale (la 231 del 29.05.2007) Paolo afferma “Secondo me, capito...hanno litigato come sempre…poi lo sai lui come fa gli avrà dato un boccatone gli avrà dato…?” Il PM chiede spiegazioni sul significato di quel “come sempre”. Paolo minimizza, non si riferiva al boccatone ma alle liti. E poi afferma: “gli atti di violenza non li ho mai visti”. Il Maresciallo Ceccarini, anche lui sentito nell'udienza di venerdì, alla villetta arriva il 26 maggio. Da un gruppo di parenti e genitori di Spaccino riunitosi all’esterno dell’abitazione il sabato pomeriggio sente parlare di una banda di albanesi, come probabili responsabili dell’omicidio e anche del furto precedente. Stessa porta finestra, stesse modalità. Tale “ipotesi”, rimbalzerà come un tam tam tra i media tanto da giustificare la convocazione, a distanza di brevissimo tempo, di organi nazionali addetti alla sicurezza. La tesi della rapina in villa, a carico di stranieri, verrà smentita a più riprese da tutte le indagini condotte dai Ros di Roma,di Perugia e dal Rac. Ma in quel maggio 2007, in un momento in cui in Italia, la parola sicurezza è sinonimo di “difesa dagli stranieri” l’orribile delitto di Compignano, sembra veicolare al meglio la consistenza di un pericolo dall’esterno. La violenza in famiglia, in Umbria, come in Italia risulta essere l'ipotesi più scomoda, la verità più indigesta. IR Condividi