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Le elezioni della prossima primavera rappresenteranno un test importante, si andrà al rinnovo delle due Amministrazioni Provinciali, dei buona parte dei comuni al di sopra dei 15.000 abitanti, a partire da Terni e Perugia, della stragrande maggioranza dei comuni al di sotto dei 15.000 abitanti. In molte di queste situazioni, con il termine dei due mandati previsto dalla legge, non sarà possibile riproporre il precedente quadro amministrativo, per cui gli umbri con il voto di aprile saranno chiamati a rinnovare gran parte del personale politico che da dieci anni governa città e province. Una partita complessa e delicata, resa ancor più delicata dai risultati delle politiche dello scorso anno, che hanno dimostrato, dati alla mano, la “contendibilità” di molte città, che non vedono più quella maggioranza schiacciante che aveva fatto vincere, in tutte le città maggiori, i sindaci del centro sinistra al primo turno. E come sa chi fa politica da qualche anno, il secondo turno può riservare spesso amare sorprese, non sempre chi è maggioranza al primo turno viene confermato al secondo (Roma docet). Se queste preoccupazioni sono fondate, come si sta attrezzando il centro sinistra, ovvero la coalizione che ancora oggi governa la maggior parte dei comuni e le due province? Qui sta un primo problema, perché se è vero che a governare sono maggioranze di centro sinistra, è altrettanto vero che, con la scelta operata dal Partito Democratico con le elezioni di aprile, lo schema dell’alleanza di centro sinistra non rappresenta più un parametro di riferimento, un solido ancoraggio politico. Vi è quindi la necessità, se si vuol proseguire l’esperienza sin qui portata avanti, anche con risultati non disprezzabili, di “ricostruire” l’alleanza di centro sinistra. Come? Ovviamente partendo dal confronto programmatico, un confronto che non può non partire da un giudizio sull’esperienza e le realizzazioni di governo sin qui attuate, soppesando con giudizio i dati positivi ma anche i punti di crisi e di difficoltà (e ce ne sono), per giungere, laddove necessario, anche a proporre forti segnali di discontinuità. D’altro canto viviamo un momento di eccezionalità, di crisi, di incertezza e al tempo stesso di sfiducia nella politica e nelle istituzioni. Di fronte a questi problemi è necessario avere il coraggio di proporre risposte anche di rottura, che diano chiaro il senso della direzione di marcia, che sappiano riallacciare rapporti con i cittadini, facendoli protagonisti di progetti di città all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte. Si tratta di un lavoro complesso, che richiede tempi di riflessione non affrettati. Perché questa insistenza sul programma. In questi anni da un lato l’atteggiamento dell’elettorato è molto cambiato, per cui, alle amministrative in particolare, il voto di appartenenza ha un peso sempre più residuale, dall’altro perché il mito del “buon governo” delle città della Sinistra (complici vicende certo non poco edificanti di questi ultimi mesi) si è progressivamente appannato fino a scomparire. Nel Nord tantissimi cittadini si sono ritrovati con buone amministrazioni di centro destra, soprattutto alcune guidate dalla Lega, dove i servizi funzionano, l’imposizione locale è a livelli tollerabili, si hanno le percentuali più alte di raccolta differenziata, si sperimentano forme alternative di riscaldamento e produzione di energia, e così via. Se quindi centro destra e centro sinistra nell’immaginario collettivo elettorale sono alla pari, la differenza la si gioca tutta sul piano dei programmi e della capacità, attraverso i programmi, di proporre un’idea, un progetto di città che appassioni e coinvolga i cittadini. Invece di cimentarsi su questi temi, almeno stando alle cronache dei giornali, il tavolo programmatico del centro sinistra, e questo bisogna dirlo, per responsabilità del Partito Democratico, non è ancora stato riunito né a livello regionale né nelle altre città. La preoccupazione maggiore (quasi un’ossessione) del Partito Democratico è quella delle primarie per la scelta dei candidati sindaci, ma su quali programmi, per far cosa non è dato sapere. Logica vorrebbe prima una discussione sul programma, verificando tra le varie forze politiche convergenze e divergenze per giungere ad un programma, se vi sono le condizioni, con le caratteristiche cui prima si faceva riferimento, quindi attraverso le primarie individuare la figura migliore in grado di rappresentare come candidato sindaco o presidente della provincia la coalizione ed interpretare al meglio il programma definito dalla coalizione. Ma di tutto ciò ancora non si parla. Condividi