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Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale del lavoro, ogni anno due milioni e duecentocinquantamila di donne e uomini muoiono a causa di incidenti sul lavoro e per malattie professionali. Nel mondo si registrano ogni anno circa 270 milioni di infortuni sul lavoro e 160 milioni di malattie professionali. Gli infortuni sul lavoro in Europa sono almeno 4,5 milioni ogni anno, di cui 4.600 mortali. In Italia sono avvenuti circa un milione di incidenti sul lavoro e circa 1200 morti: quasi quattro morti al giorno. In Umbria i morti sul lavoro sono stati 18, contro le 26 del 2006 e del 2005 e le 38 del 2004. A queste cifre, così tragiche, vanno aggiunti gli incidenti mai denunciati, che secondo l’INAIL sono almeno 200.000 l’anno a causa del fatto che abbiamo le più alte incidenze di lavoro nero e irregolare d’Europa. Ad ogni modo, circa un quarto delle morti nei luoghi di lavoro in Europa avviene in Italia. Nel paese con il mercato del lavoro più flessibile. Esiste, infatti, una relazione diretta tra infortuni e flessibilità del lavoro. Le lotte dei giovani precari francesi, le manifestazioni a Roma del 4 novembre 2006 e del 20 ottobre 2007 contro la precarietà e per la dignità del lavoro, gli scioperi e le manifestazioni contro gli “omicidi sul lavoro”, per ultime quelle di Torino contro la strage all’AST, dicono la stessa cosa: la precarietà è la forma moderna dello sfruttamento capitalistico e l’incertezza psicologica e fisica che produce rappresenta oggi il tratto più evidente della condizione di lavoro e di vita. Dietro ogni incidente, dietro ogni morte sul lavoro c’è sempre lo sfruttamento, c’è sempre il modo di lavorare, c’è sempre la condizione di subalternità delle lavoratrici e dei lavoratori alle logiche e agli interessi delle imprese. Guai a far cadere sui lavoratori le responsabilità, con argomenti come la disattenzione o l’errore umano. Queste cause sono pressoché inesistenti e, in ogni caso, il prodotto di un inadeguato livello di applicazione del processo tecnologico. In questi anni il costo del lavoro è stato abbattuto e la sicurezza è stata considerata uno dei costi da tagliare. Sono state introdotte nuove tipologie di lavoro che hanno moltiplicato la precarietà, hanno aumentato il ricatto occupazionale, hanno accelerato i ritmi di lavoro. Per le imprese la precarietà del lavoro ha sostituito cinicamente la svalutazione competitiva dei decenni scorsi e rappresenta oggi lo strumento privilegiato per garantire i livelli di profitto. A fronte di tutto ciò, è stata quasi cancellata la capacità di controllo dei processi produttivi da parte degli operai, tecnici ed impiegati, si è determinata un inevitabile calo di tensione ed attenzione sui problemi legati alla prevenzione ed alla tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ad un costante incremento degli infortuni e delle malattie professionali si affiancano nuove tipologie di danno alla salute, provocate da nuovi modi di produzione e della trasformazione dei rapporti sociali. Queste sono le motivazioni profonde dell’insicurezza. Le forme in cui lo sfruttamento si manifesta rappresentano poi le cause concrete che determinano gli incidenti. Alcuni di questi sono misurabili: la frammentazione del lavoro, la crescita incontrollata degli orari, dei tempi e dei ritmi, l’assenza di formazione e delle più elementari misure di prevenzione, ma anche la sempre più diffusa separazione del lavoro dall’impresa. L’altro fattore di rischio è la solitudine dei lavoratori, generata dall’abbassamento dei vicoli di solidarietà, dalla rottura del senso di appartenenza ad un medesimo progetto di vita, ad un collettivo processo di emancipazione. La debolezza politica e sociale dei lavoratori rappresenta, quindi, una causa, non solo indiretta, della crescente nocività e insicurezza del lavoro. Ridare forza e rappresentanza è compito di una nuova sinistra, “la Sinistra, l’Arcobaleno”; la sinistra umbra ha un terreno su cui misurarsi. La “Sinistra Umbra” deve imporre all’agenda politica regionale la questione del lavoro, delle sue condizioni, delle tutele e delle garanzie, la lotta alla precarietà, la questione salariale, la sicurezza del lavoro e la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Riportare al centro del confronto politico ed istituzionale il lavoro, far crescere nella società regionale una nuova priorità, un nuovo senso comune: il lavoro sicuro w di qualità è un diritto. Condividi