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di Eugenio Pierucci Perugia - Nel vasto firmamento del servizio sanitario nazionale c’è un profondo “buco nero” nel quale sono scivolate lentamente numerose famiglie italiane: quello della odontoiatria. L’offerta di prestazioni pubbliche di qualità in questa specifica branca della medicina sfiora il ridicolo, e ciò ha progressivamente spinti gli utenti nelle braccia dei dentisti privati, la capacità professionale dei quali è fuori discussione, ma che, resi forti dalla inespugnabile posizione di monopolio che è stata loro concessa, grazie ai numeri chiusi di Medicina, gli sbarramenti che “selezionano” ad arte gli accessi alla specializzazione ed anche al fatto che solo a loro è legalmente concesso il privilegio di ficcare le mani nella bocca del cliente, hanno calcato troppo la mano applicando tariffari via via più esosi, solo in parte spiegabili con gli alti costi che debbono sopportare per l’acquisto dei materiali e per la gestione dei loro studi che, stando ad una indagine condotta dall’Università Bocconi, incidono per il 60% sull’importo scritto in fattura. Un forte abbattimento di questi oneri sarebbe possibile solo che i nostri dentisti si mostrassero maggiormente inclini ad associarsi, per ammortizzarli con la creazione, come avviene in altre parti d’Europa, di grandi studi dove operano assai più professionisti dei due di media che sono presenti in quelli italiani. E non è detto nemmeno che un abbassamento consistente delle tariffe diminuisca i loro introiti, considerato che si deve proprio a questa eccessiva esosità se gli italiani si mantengono il più possibile alla larga dalle loro supertecnologiche poltrone, rinunciando ad interventi di prevenzione quanto mai utili: basti pensare che con 0,6 visite per abitante all’anno l’Italia si pone ai livelli più bassi in campo europeo, dove brillano particolarmente l’Olanda (2,1), il Belgio (1,8) e la Germania (1,4). Sia, come non sia, tutto ciò ha fatto sì che questa professione è diventata da noi sempre più ambita, assicurando nella maggioranza dei casi a chi la esercità una discreta agiatezza e qualcosa di più. In compenso, i rimborsi riconosciuti dalle Asl - nei rari casi in cui sono concessi - appaiono risibili al confronto di parcelle sempre e comunque salatissime. I dati non sono recenti, ma attestano comunque una discrasia di lunga data se, nel 1991, una indagine condotta dal Movimento consumatori, ci diceva - tanto per fare qualche esempio - che per una protesi totale di 14 elementi si pagavano nel libero mercato, e nella moneta dell’epoca, dal 1.300.000 al 1.800.000 lire, a fronte di una tariffa convenzionata di 250.000 lire, mentre il costo per un dente in palladio/porcellana oscillava fra le 700.000 e il 1.000.000 di lire, quando per convenzione se ne sarebbero dovute sborsare solo 275.000. E le cose sono nel frattempo sicuramente peggiorate. Grazie a ciò la voce odontoiatria ha alimentato, più di ogni altra branca della medicina, il fenomeno di progressivo impoverimento degli italiani – come documentato da una recente ricerca del Ceis- che è legato anche ad una spropositata lievitazione dalle spese sanitarie non coperte dal servizio pubblico, tanto che ormai il 4,1% della popolazione, la parte a più basso reddito (e l’Umbria non fa certo eccezione), impegna per questa sola voce più del 40% delle risorse di cui può disporre. Tornando alla odontoiatria, siamo arrivati al punto che per molti italiani la prescrizione di una protesi dentaria, od anche di cure particolarmente lunghe e complesse, viene vista come un autentica disgrazia, in qualche caso paragonabile ad un lutto. Da parte loro, banche e finanziarie varie hanno annusato per tempo la possibilità di lucrare anche su queste “disgrazie”, per cui sono ora in grado di proporre apposite forme di credito che dovrebbero consentire ai malcapitati di turno di rateizzare tali ingenti spese. Ma così facendo non fanno altro che stringerli sempre più ferreamente nella morsa dell’indebitamento, perché poi queste nuove rate si vanno a sommare al fitto od al mutuo per la casa, alle bollette dei servizi domestici (acqua, luce, telefono, gas, riscaldamento, nettezza urbana), alla spesa per il carburante o per il trasporto pubblico che cresce senza sosta, a quella, anch’essa non lieve, da sostenere per mandare i figli a scuola, e compagnia cantando. Messe una sull’altra sono queste uscite incomprimibili che spingono un numero sempre maggiore di famiglie italiane al di sotto della soglia di povertà. E siccome né i salari, né tanto meno le pensioni, registrano una analoga capacità di crescita, anzi hanno piuttosto imboccato la strada inversa se è vero, come è vero, che il loro potere d’acquisto è fortemente diminuito, stretti dal bisogno può crescere in molti cittadini la tentazione di imboccare quella che può apparire una facile scorciatoia, consegnandosi nelle mani di praticoni che promettono loro miracoli a basso costo. Si deve anche a ciò se nel nostro Paese prospera più che altrove il fenomeno dell’abusivismo legato alle attività odontoiatriche, con un numero crescente di odontotecnici che si improvvisano dentisti. In questo caso il risparmio è assicurato, la salute molto meno! E’ partendo da queste considerazioni che Rifondazione Comunista sta cercando di mettere una pezza, almeno in Umbria, sul “buco nero” a cui abbiamo fatto cenno all’inizio. Ha cominciato a farlo nel maggio scorso, presentando, per iniziativa dei consiglieri Stefano Vinti e Pavilio Lupini, una proposta di legge regionale per l’istituzione nelle nostre aziende sanitarie dei servizi “di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica”, da intendere come presidi sanitari di prima necessità per tutti i cittadini, in grado di erogare prestazioni di qualità al costo stabilito dal nomenclatore tariffario previsto dal Ministero della Salute che è mediamente inferiore del 65% rispetto a quello praticato sul libero mercato. Anche se, come si propone, il costo di questa operazione dovrà fare totalmente carico agli utenti, con nessun gravame, perciò, sul fondo sanitario nazionale, è tuttavia evidente la funzioni calmieratrice che i nuovi servizi possono svolgere in un mercato che al momento discrimina fortemente gli utenti sulla base delle loro capacità economiche. Una proposta sicuramente interessante ed innovativa, sulla quale converrà ritornare per ulteriori approfondimenti. Condividi