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di Isabella Rossi L’esito dei rilievi dei militari del Ris di Roma al centro dell’udienza di ieri mattina. Sotto la lente le impronte papillari e quelle lasciate dalle scarpe presenti nella villetta di Compignano. Come prima cosa, ha spiegato il maggiore Iuliano, si procede al rilievo delle impronte di scarpe poi si passa a quelle lasciate dalle dita, e dai palmi di mani e piedi. In totale: 51 impronte di scarpe individuate, 38 sono state quelle rilevate, poi si è passato ad identificarle, attraverso l’attribuzione per esclusione. Mentre sono 44 le papillari sulla scena del delitto, rilevate dai Ris che si aggiungono alle 10 della Scientifica di Perugia. Risutalto le impronte utili, di calzature e papillari, sono state tutte attribuite e non risulta essere alcun estraneo nella villetta di Compignano. Per il pubblico ministero questa è la riconferma della tesi accusatoria. La difesa, invece, pone l’accento su quelle 17 impronte papillari non utili e quindi non attribuibili. Ovvero: proprio là dove non è possibile dimostrare alcunché potrebbero nascondersi le tracce di estranei. Una tesi ardita che, in ogni caso, dovrebbe trovare riconferma in un quadro generale d’indagine. Fino a questo momento, tuttavia, è la tesi accusatoria a trovare conferme, nonostante le difficoltà create dai calzari non idonei in dotazione alla Scientifica. Troppi gli elementi che escludono l’ipotesi del furto ad opera degli estranei, oltre la minuziosa ricostruzione del Rac, che ha escluso un intento appropriativi nel delitto della giovane mamma uccisa all’ottavo mese di gravidanza. Tra questi uno fondamentale: l’ora del decesso, che i medici legali hanno stabilito poter essere avvenuta con ogni probabilità in un lasso di tempo che va dalle 22,30 alle 23,30. In quella calda sera di primavera, come ha riferito Stefano Spaccino giovedì scorso alla corte, intorno alle 22,30 i suoi figli giocavano ancora fuori. Condividi