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Il ciclo apertosi con la Bolognina e con la cancellazione del Pci si sta chiudendo amaramente in questi giorni, con il Pd, ultima desolante tappa di uno "strappo" continuo che a parole avrebbe dovuto condurre a maggiore gloria la sinistra italiana, che si è invece ritrovato immerso nella palude di quella che si annuncia come la seconda puntata di "mani pulite". A leggere i giornali di questi giorni e la miseranda mappa degli "affari" assai poco chiari disegnata in giro per la penisola da tanti amministratori locali di quel partito c'è di che arrossire dalla vergogna. Ce ne vergognamo noi che con quegli affari non c'entriamo per nulla, e nel contempo ci arrabbiamo di brutto perché il fango sollevato da chi vi ha rimestato allegramente finisce per ricadere sull'intera sinistra e, se ciò non bastasse, interessati speculatori hanno preso la palla al balzo per ampliare l'eco di questi scandali, senza badare troppo alle distinzioni. La nostra non vuol essere una condanna a priori di quanti risultano implicati nelle vicende delle quali si sta interessando la magistratura: facciamo nostra la considerazione che ognuno è innocente fino a prova contraria, ma è nostro anche il celebre detto secondo il quale "neppure l'ombra di un sospetto deve sfiorare la moglie di Cesare" e qui siamo a qualcosa di più di un'ombra. Con la morte decretata del Pci molte cose sono cambiate in peggio ed interrogandoci sul perché ciò è accaduto, siamo arrivati alla conclusione che questo peggioramento si debba al fatto che è venuto a mancare quel senso di appartenenza e di orgoglio di partito che ci contraddistingueva sino a pochi decenni or sono. Che permeava chi era indicato per rappresentare il Pci a qualsiasi livello istituzionale. La differenza è abissale fra chi un tempo si prestava a farlo disinteressatamente, guadagnandosi spesse volte solo un modesto gettone di presenza, e chi è lo fa oggi attratto da assai più ricche prebende, accompagnate da altri infiniti benefici. La differenza è incolmabile fra i parlamentari che consegnavano al partito la metà dei loro appannaggi, accontentandosi di campare dignitosamente con quanto restava loro, e chi, quando va bene, lascia oggi al partito che lo ha fatto eleggere poco più di una mancia. Noi siamo altresì fermamente convinti che questa differenza stia semplicemente nel fatto che ad una selezione naturale dal basso, che "premiava" generalmente i più capaci e meritevoli di responsabilità, che accettavano l'incarico loro proposto per spirito di servizio, è subentrata una sorda lotta per il potere che ci inorridisce offrendoci l'orrendo spettacolo recitato da carrieristi che, sempre gli stessi, occupano la ribalta della politica da almeno un trentennio, passandosi a giro presidenze, assessorati, seggi parlamentari e quant'altro, senza minimamente eccennare ad uscire di scena. Ma siamo onesti fino al punto di ammettere che anche allora si verificavano talvolta casi di corruzione nelle nostre file, ma si trattava di avvenimenti sporadici e, cosa importante, il Partito aveva la capacità di reagire con immediatezza, isolando e colpendo senza indugi i colpevoli, mentre pare che oggi i corrotti se li vadano a scegliere con immensa cura in un mare di personaggi di dubbia provenienza, obbedienti solo al principio del "piatto ricco mi ci ficco". E così, di passo in passo, di strappo in strappo, siamo giunti alla resa dei conti finale e dobbiamo persino subire l'onta di un Berlusconi assai lesto a cavalcare l'onda e a farci la morale. La disonestà, ha proclamato, sta a sinistra. Lui che, come ricorda anche oggi l'Unità, ha in corso ben 17 processi in Italia e all'estero, più altri 4 che gli sono stati sospesi grazie al Lodo Alfano. Lui che si è fatto votare dai suoi parlamentari provvedimenti che ne hanno archiviati numerosi altri ancora per scadenza dei termini. Lui che guida una coalizione, che oggi si chiama Pdl, che conta qualcosa come 45 indagati nelle sue liste elettorali. Lui che, all'ombra della P2, è sceso in politica unicamente per tutelare i suoi interessi. Ma questa conta non può in alcun modo consolare nè Walter né Massimo, anche se distratti dal continuo litigio che li contrappone. Soprattutto, non può li può esimere dal fare i conti con le magagne che stanno in casa loro e che si sono moltiplicate sotto i loro occhi: non è certo rinfacciando agli altri le colpe ancora più gravi che hanno commesso che possono sperare di evitare che l'indignazione degli italiani li spazzi via come hanno fatto con la Dc e il Psi craxiano. Ridiscendano in terra una buona volta e si sottopongano, prima possibile e con umiltà, ad un risanante bagno purificatore che faccia loro vedere in quale strada cieca hanno portato quello che era un glorioso e autorevole partito operaio. Ma lo debbono fare prima che si perda l'ultima possibilità di raddrizzare la barra e meglio ancora se passeranno ad altri il governo di questa barra. Condividi