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di Franco Calistri Sinistra Democratica Viene da sorridere, anche se non può che essere un amaro sorriso: il capitalismo, nelle forme che si è dato in questi ultimi trent’anni, è scosso alla radice da una crisi gigantesca, che va al di là del singolo accadimento economico, ma incide profondamente sui presupposti teorici sui quali ha fatto leva per realizzare una vera e propria egemonia politica e culturale. Insomma oggi il re è nudo, ma nudo è anche il suo antagonista storico, la Sinistra. Ancora la crisi finanziaria e la recessione economica, conseguenza delle politiche economiche sin qui adottate, negli Stati Uniti come in Europa, determinano uno scenario inedito, costringendo tutti a tornare ad occuparsi di beni capitali, ma anche di salario e lavoro. Ritorna protagonista quel pensiero economico che riconoscevano nella manifattura il luogo principe dell’accumulazione: la manifattura e la produzione industriale assumono una rilevanza centrale in qualsiasi ipotesi di sviluppo, e con esse assume nuova centralità il lavoro. Si, il lavoro, quella roba novecentesca che l’ideologia del mercato aveva derubricato come inutile retaggio del passato. Ed è paradossale che nel momento in cui, non discussioni teoriche, ma gli accadimenti della storia ripropongono la centralità del lavoro, con tutto ciò che questa espressione porta con se in termini di conflitto sociale, la rappresentanza politica del lavoro e la forza politica che della rappresentanza del lavoro ha fatto la sua ragion d’essere primaria, la Sinistra appunto, si ritrovi in quello stato disastroso e disastrato che è sotto gli occhi di tutti. Al tempo stesso in angoli diversi del pianeta, la Sinistra, una sinistra che in molti casi poco ha a che fare con le tradizioni e le pratiche politiche del movimento operaio occidentale, non solo rappresenta (o continua a rappresentare) un punto di riferimento di masse considerevoli di sfruttati e diseredati, ma è si trova in posizioni di guida di paesi di crescente importanza economica. Questi che definirei “paradossi della Storia” la dicono lunga sulla necessità di ricostruire un pensiero a Sinistra capace di confrontarsi e dare risposte non solo rispetto alla crisi di questo capitalismo, dei suoi processi di globalizzazione e di quel corpus di pensiero neoliberista fino a ieri egemone e dilagante, ma anche alla sconfitta storica che la Sinistra ed il movimento operaio hanno subito nel secolo scorso. E la dicono lunga sulla ampiezza e profondità di questa riflessione, che richiede e richiederà tempo, passione e tenacia. D’altro canto una prova di quanto sia complesso il compito che attende la Sinistra, lo si è avuto proprio con i congressi dell’estate scorsa, i cui esiti frettolosi appaiono francamente inadeguati di fronte ai nuovi scenari della crisi. Ancora una volta la durezza dei fatti sovrasta e travolge le scelte dei gruppi dirigenti della Sinistra. Risultato, nonostante la bella mobilitazione dell’11 dicembre, con quella voglia di tante e tanti militanti di testimoniare una volontà di esserci, la Sinistra continua ad essere afona. Allora è necessario, con umiltà, avviare un percorso che riesca (o almeno ci provi) a tenere insieme lavoro di riflessione ed analisi con pratica politica, che faccia della pratica politica il terreno di messa alla prova di un nuovo pensiero politico e che alimenti la riflessione di pratica politica: un percorso di riflessione che abbia fondamentalmente tre caratteristiche: non può e non deve essere una sorta di “ricominciamo da capo” ma, come giustamente sottolineato in un suo recente contributo da Mario Tronti, deve assumere il carattere di un “rimetterci nell’onda lunga della storia di lunga durata, che è poi la storia eterna delle classi subalterne, che con l’irruzione della classe operaia ha fatto un salto di coscienza, di lotta e di organizzazione, che sta dietro di noi come memoria e sotto di noi come radice”. Tutti conosciamo i danni del nuovismo. non può essere portato avanti nel chiuso di ciò che resta dei partiti e delle forze organizzate della Sinistra, ma deve essere uno sforzo comune, coraggioso ed aperto a tutte le donne e gli uomini di buona volontà che si riconoscono in un comune sentire; non può essere una discussione (uso per semplicità questa espressione) “astratta”, nel chiuso di seminari “accademici”, ma deve essere una riflessione in grado di parlare al paese in carne ed ossa, per cui fondamentale diventa la dimensione locale, da qui la necessità di attivare esperienze locali, a partire dai livelli regionali. Rispetto a quest’ultimo punto, per dirla più brutalmente, non può funzionare un ragionamento di autoassoluzione locale. La Sinistra è a pezzi (letteralmente e metaforicamente) a livello nazionale, ma qui in Umbria è tutta un’altra musica, qui le cose vanno bene, siamo al governo di città e regione. Archiviare il 14 aprile come un fatto che riguarda dinamiche nazionali. Non è così. Non bisogna dimenticare che i cittadini italiani hanno stabilito il 14 aprile che della Sinistra, di questa Sinistra, si può tranquillamente fare a meno (adesso l’evolversi di taluni movimenti suggerisce che anche il conflitto sociale può fare a meno della Sinistra). Domani gli elettori umbri potrebbero, con la stessa tranquillità, accorgersi e quindi stabilire con il voto che anche in Umbria si può tranquillamente fare a meno di ciò che resta della Sinistra. Quindi se vi è un problema di ricostruire le ragioni della Sinistra nell’occidente capitalistico, in Europa ed in Italia, altrettanto cogente è ridare significato alle ragioni della Sinistra umbra. Tenendo per altro presente che in questa nuova fase, caratterizzata da un progressivo acuirsi delle tensioni sociali, la dimensione “locale” assume un valenza strategica in un processo di ricostruzione della Sinistra, laddove il locale assume la connotazione di luogo dove è dato incontrare quella che Vendola definisce come “domanda sociale di una sinistra”, dove è possibile ridare centralità non al mito del lavoro, ma al lavoratore in carne in ossa “facendo girare tutte le altre contraddizioni intorno al lavorare, in modo differente, dell’uomo e della donna, dell’autonomo e del dipendente, del precario e dello stabile, e così via”. Nel suo Congresso regionale Rifondazione Comunista sicuramente rifletterà sulle questioni dello sviluppo regionale, offrirà (almeno immagino) spunti, notazioni, riflessioni su di una proposta per lo sviluppo sociale ed economico della regione, per una sostenibilità del sistema regionale del Welfare in un epoca di crisi e federalismo fiscale. Altre forze politiche della Sinistra, alcune in maniera compiuta, altre con un lavoro ancora in itinere hanno affrontato e stanno affrontando gli stessi temi. E’ possibile costruire un momento unitario, un appuntamento della Sinistra umbra (non uso per scaramanzia l’espressione Tavolo), dove tutti insieme, forze politiche, associazioni, movimenti, partendo da un’analisi dei punti di criticità della società umbra, ma anche da un esame critico dell’azione della Sinistra al governo delle istituzioni, si giunga ad elaborare un punto di vista comune per il futuro dell’Umbria, un punto di vista che dia un senso alle ragioni della Sinistra umbra e così presentarsi al confronto con la società regionale? Credo che ciò non solo sia possibile ma necessario, se abbiamo a cuore una Sinistra in grado con le sue idee, le sue proposte di indirizzare i processi di sviluppo, una Sinistra autonoma ed autorevole. Poi….., poi vedremo. Chi scrive, non lo nasconde, pensa che l’obiettivo finale di tutto questo processo, che ripeto sarà lungo e faticoso, debba essere la costituzione di un nuovo soggetto politico della Sinistra, dove la novità sta nel superamento dello stato attuale degli assetti politici a Sinistra, sulla cui inadeguatezza non vi sono dubbi. Chi scrive è per altro convinto che l’esito di un processo di questo tipo non possa e non debba essere legato, in tutti i sensi, al come ci si presenterà a questa o quella prossima scadenza elettorale. Certo in una situazione di crescente difficoltà sociale, che con assoluta probabilità assumerà livelli di più alta intensità tra fine inverno 2008 ed inizio primavera 2009, presentarsi ad appuntamenti elettorali importanti, a partire da quelli delle europee, con più liste della Sinistra in competizione tra di loro, mi sembra tanto un suicidio politico: un’operazione difficilmente comprensibile sopratutto da quella parte di elettorato di Sinistra, che il 14 aprile ha prestato orecchio alla sirena del voto utile. Una ennesima frantumazione della Sinistra convincere questo elettorato della bontà della scelta del voto utile. Ma di questo avremo modo di discuterne avanti. Per il momento vediamo se è possibile, senza pregiudiziali di sorta, con animo libero iniziare (o riprendere a seconda dei punti di vista) un processo di costruzione di unità “dal basso a Sinistra”. Condividi