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di Giovanni Carnevali (assessore Prc a Foligno) Le parole di Umberto Tonti sul Corriere dell’Umbria del 22 ottobre a proposito del Piano Regolatore di Foligno e della massiccia cementificazione del territorio a cui abbiamo assistito in questi anni non possono non invitare tutta la città ad una riflessione sulla traiettoria del proprio sviluppo. Quanto affermato dall’Ingegnere infatti corrisponde ad una percezione diffusa tra i cittadini folignati: che la cementificazione sia andata ben oltre le necessità oggettive della crescita della popolazione. Semmai si può ipotizzare il contrario: la popolazione è cresciuta soprattutto per l’arrivo della manodopera immigrata attratta soprattutto dal boom dell’edilizia, in parte dovuto alla ricostruzione ma per tanta parte alimentato dallo sviluppo urbanistico dell’ ultimo quindicennio. E’ importante che a muovere questa critica sia uno degli esponenti i più illustri di quell’industria meccanico-aeronautica che è il vanto della nostra città e che, a differenza del comparto dell’ edilizia, è portatrice di una prospettiva di sviluppo di lungo periodo, perché compete sui mercati internazionali e perché produce una accumulo di know-how tecnologico e scientifico che è l’unica strada per contrastare l’impoverimento progressivo del nostro paese. Questo piano regolatore infatti, se da un lato ha permesso di edificare a fini residenziali una vasta fetta della nostra esigua pianura , dall’altro lato offre pochissime aree industriali allo sviluppo dell’industria manifatturiera, spesso di qualità , che finchè l’economia tirava aveva bisogno di espandersi. Se proprio bisognava rinunciare al verde, che lo si fosse fatto per creare opportunità occupazionali! Probabilmente se si chiedesse un parere su questo argomento agli imprenditori del settore agricolo di qualità, del vino, dell’olio e del turismo ad essi collegato, il giudizio sull’abuso fatto del nostro territorio sarebbe ancora più pesante. Questo dimostra che essere “nemici del cemento” non vuol dire essere per forza “nemici dello sviluppo”, cosa di cui Rifondazione Comunista e la Sinistra sono spesso accusate , ma essere nemici di uno sviluppo illusorio, di breve periodo, che consuma risorse non riproducibili come il suolo , deteriora la nostra qualità della vita e frena lo sviluppo vero e duraturo. Quello che è accaduto in questi anni è che si è privilegiato quel tipo di imprenditoria legata alla rendita fondiaria piuttosto che quella legata ad un vero sviluppo produttivo. Certo, il vecchio piano regolatore era anche peggiore, il successivo, approvato nel 2001 ne ha attenuato molti effetti negativi,ma questo non basta a consolarci. Tutto preso a governare –bene, va detto -l’ emergenza Ricostruzione, il centro-sinistra in questo quindicennio ha probabilmente sottovaluto gli effetti combinati che il mercato e le tendenze sociali avevano sulle politiche messe in atto. La discriminante programmatica, in vista delle prossime amministrative, deve essere quindi quella di invertire questa rotta. Il PuC2 è sicuramente un’occasione per ridare fiato al centro storico, ma da solo non basta. Si poteva, ad esempio, pensare ad un progetto più ambizioso per l’area ex-ospedale, occasione davvero irripetibile per ridislocare funzioni vitali nel centro storico. Occorre, in ogni caso, ridisegnare le politiche di governo del territorio alla luce di quello che è lo stato attuale della cementificazione, privilegiare il capitalismo produttivo- l’ industria meccanica di qualità, quella aeronautica, e la filiera agricolo-turistica a scapito dei palazzinari, ma anche offrire una via d’uscita e di riconversione a tutto l ‘indotto di questo settore: studi professionali , architetti, geometri, ecc. altrimenti la spinta a chiedere alla politica ancora più cemento sarà inarrestabile, perché questa sarà vista da molti come l’ unica via per non perdere il lavoro. Anche quest’ultimo è un grande tema che dovrà impegnare lo sforzo di ricerca, programmazione e governo delle prossime amministrazioni. Mi si chiederà, ma dov’ era la sinistra in questo quindicennio? La risposta che personalmente do, oltre al fatto che l’ emergenza ricostruzione ha offuscato per molto tempo i termini della questione, è che quella accaduta a Foligno è una vicenda che sta tutta dentro la storia italiana degli ultimi 15 anni. La crisi dei partiti di massa ha lasciato la politica debole di fronte ai poteri forti. Anche se spesso questi poteri forti – parlo dei settori legai alla rendita fondiaria, le cosiddette “tre C” , cavatori, costruttori e cementieri, erano poteri “deboli” quanto a capacità di creare sviluppo. Un pezzo della sinistra ha rinunciato a contrastare questo tipo di interessi. L’ideologia per cui il mercato è portatore sempre e comunque di efficienza ha incantato la classe dirigenete proveniente dall’ ex-PCI fino a far deporre loro le armi e sciogliere quel che restava della sinistra in debole progetto centrista, subalterno a quei poteri, il Partito Democratico. La sinistra , una volta definita radicale , ora sinistra tout-court, ha scontato la debolezza di un impianto ideologico che non gli ha permesso di fare i conti con gli interessi in campo e quindi di orientare lo sviluppo.. Penso a coloro secondo i quali tra un imprenditore del settore aeronautico e un cavatore non c’è differenza. Inoltre ha pesato, e pesa ancora a sinistra , ma anche nei tanti movimenti e comitati di cittadini che in questi anni hanno espresso critiche alla cementificazione del territorio, la divisione e l’ incapacità di esprimere una visione complessiva dello sviluppo della città. Basti pensare alla divisione che alle ultime amministrative c’ ‘era da un lato Rifondazione, in maggioranza, e i verdi con la candidatura contrapposta di Piero Fabbri . La conseguenza è stata un minor peso della sinistra nella coalizione di governo attuale, rispetto a quello che sarebbe stato possibile con altre scelte, e l’approdo in direzione vicina al centro-destra di esponenti di quella operazione. Che fare dunque? Fuori dal centro-sinistra si rischia di consegnare la città alle destre. E in quel caso ogni speranza di arrestare la cementificazione del territorio è un’illusione ( basti ricordare il voto sulla 77 in consiglio comunale!). Chiediamo però al Partito Democratico di avviare, insieme a tutte le forze della coalizione,un confronto su questi temi, per arrivare a ridisegnare l’ idea di città , oltre il PUC2. Ragioniamo su come arrestare il cemento, su come cominciare a “costruire meno” e a “riempire di più” i tanti edifici recuperati grazie alla ricostruzione post-sisma. Solo rileggendo criticamente alla luce dei fatti e insieme ai cittadini, le scelte compiute nel passato, la coalizione saprà rispondere alle esigenze nuove e potrà candidarsi a governare anche nel futuro Occorre lavorare dunque affinché ,dentro al centro-sinistra, la sinistra ci sia, insieme ai movimenti, ai cittadini, e che abbia i numeri per contare. Resta ancora qualche speranza di evitare all’Umbria un destino simile alla Lombardia, dove tra Milano e Bergamo o tra Milano e Varese non esiste più nemmeno un lembo di pianura libera ma solo villette a schiera , capannoni e centri commerciali. Ma il tempo stringe, e per riuscirci occorre che tutti cittadini che hanno a cuore il bene comune si mobilitino. Non si può lasciare il campo solo a quegli imprenditori e professionisti che, autoproclamatisi , tra una cena e l’altra, “società civile” non aspettano altro che la politica sia più debole per rafforzare i propri affari. Condividi