Passati i bollori di un'estate che volge ormai al termine, è forse ora di iniziare a fare un po' di chiarezza su quanto successo negli ultimi mesi in Umbria riguardo a quella che, senza troppi complimenti, viene ormai unanimamente definita “lotta alla povertà”.

Il 29 Giugno scorso, con 13 voti favorevoli, l'assemblea regionale umbra ha approvato una risoluzione con la quale si impegna la giunta ad integrare i fondi per il SIA (Sostegno per l'Inclusione Attiva) erogati dal governo centrale (pari a circa 8,2 mln di euro) con un ulteriore stanziamento di 12 mln di euro, così da poter avere risorse disponibili a coprire l'intera platea degli aventi diritto secondo i criteri stabiliti dal Consiglio dei Ministri.

Beh, finalmente una buona cosa, verrebbe da pensare; finalmente dei provvedimenti che mirano a dare un sostegno concreto a chi si ritrova a vivere situazioni di difficoltà lavorativa e di emarginazione sociale.
Calma però, non correte troppo.
Cos'è effettivamente il SIA, chi sono i beneficiari individuati ed in cosa si concretizzano queste famose strategie di “lotta alla povertà”?

Lungi dall'essere un qualcosa di minimamente paragonabile alle varie forme di sostegno al reddito presenti ormai in gran parte dei paesi occidentali e che di volta in volta assumono le dizioni più disparate, spesso correlate a diversi criteri di attribuzione e di erogazione (reddito minimo garantito, reddito di cittadinanza, reddito di base, reddito d'inclusione ecc.), come invece si ostina a voler sostenere il capogruppo Pd Giacomo Leonelli, il SIA si configura come un vero e proprio sussidio di povertà, una misura cioè volta al sostegno dei più basilari bisogni umani (cibo, vestiario minimo) attraverso l'erogazione di un contributo monetario da poter spendere tramite esibizione di un apposito documento (vi ricordate la social card di berlusconiana memoria, vero?).

Per quanto riguarda i beneficiari, due sono le classi d'intervento per poter accedere al sussidio: la prima, definita dalle linee guida del Ministero del Lavoro, riguarda i nuclei familiari con ISEE annuo pari o inferiore a 3000 euro (circa 6400 in Umbria) mentre la seconda, introdotta dal consiglio regionale e denominata “inclusione sociale e lotta alla povertà”, si rivolge anche ai singoli con ISEE non superiore ai 6000 euro annui e che siano in uno stato di non occupazione o disoccupazione certificabile.

Questo il quadro, ora proviamo a capire perché il consigliere Leonelli si sbaglia di grosso quando parla di “Reddito d'Inclusione”, perchè non c'è nulla da festeggiare sul fronte dell'avanzamento verso un welfare universale nella nostra regione e perchè, invece, tali misure siano quanto di più in continuità con una visione assistenzialistica del disagio sociale.

In primo luogo, i sostegni al reddito propriamente detti si contraddistinguono per il loro essere strumenti di emancipazione individuale, ancor prima che armi per la “lotta alla povertà”: sono, cioè, interventi diretti a creare una solida rete sociale a cui chiunque, facente parte di un nucleo familiare o meno, in un qualsiasi momento della propria esistenza sempre più precaria, possa aggrapparsi per far fronte a momenti di difficoltà senza dover cedere a ricatti salariali e lavorativi.
Nulla di più diverso da un sussidio, come quello in oggetto, rivolto prevalentemente a nuclei e che, nella più fortunata delle ipotesi si aggirerà intorno ai 2000 euro annui (lascio a voi il conteggio di quanto possa essere considerato un reddito in grado di emancipare chicchesia).

La naturale e conseguente riflessione a quanto constatato sopra è che la direzione di marcia imposta dal governo e puntualmente ricalcata da Pd e Giunta regionale in materia di giustizia sociale sia quella di un assistenzialismo diffuso, limitato alla possibilità di continuare a permanere nel proprio stato di esclusione e emarginazione sociale, senza alcuna possibilità di intraprendere percorsi di riscatto individuale e collettivo: elemosina contro ingiustizie strutturali, insomma, come nella peggiore tradizione clericale di questo paese.

L'Umbria e l'Italia hanno bisogno di reddito, non di elemosine, per rimettere in moto la produzione delle proprie imprese, stimolando realmente i consumi (la propensione ai quali cresce al diminuire del reddito, come le più basilari nozioni di teoria economica insegnano) e attraverso questi dando impulso ad una domanda interna altrimenti sempre più in contrazione.

Gli umbri hanno bisogno di reddito, non di elemosine: reddito per poter intraprendere veri percorsi di formazione ed inserimento lavorativo, reddito per poter dare dignità alle vite delle proprie famiglie, reddito per poter dire “NO!” di fronte a salari e condizioni di lavoro subumani.

Questa è e sarà la battaglia di Sinistra Italiana Umbria, contro ogni forma di demagogia costruita sulla pelle delle persone e per una trasformazione vera e radicale dell'attuale sistema di welfare nella direzione dell'ampliamento dei diritti e dell'abbattimento delle crescenti disuguaglianze.

Per approfondimenti su misure di sostegno al reddito attualmente in vigore in vari paesi e per le proposte attualmente in discussione sul territorio nazionale:

http://www.bin-italia.org/

David Proietti, Fabio Barcaioli,
Sinistra Italiana
Comitato Operativo Umbria
 

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