di Alfonso Gianni - Il Manifesto - 19.1.2019

L’operazione “Matrix” delle tre facce sorridenti di Di Maio, Conte e soprattutto Salvini con in mano la cover di “Quota 100”, uno dei due provvedimenti bandiera, è ancora una volta di cortissimo respiro. La squallida e polverosa realtà non tarda a sforare la patina virtuale. Il brusco richiamo arriva niente meno che da Bankitalia la quale ci dice che il sospirato Pil non aumenterà più dello 0,6%. Non in solitudine, visto che l’agenzia di rating S&P aveva già avvertito che la crescita non avrebbe superato lo 0,7%, mentre il Centro studi Confindustria più bonariamente prevedeva lo 0,9% e al contrario Prometeia la inchiodava allo 0,5%. La recessione tecnica – due trimestri negativi consecutivi - non è ancora certificata. A rigore bisogna aspettare i dati di dicembre. Ma l’analisi e le previsioni di Bankitalia, data la sua autorevolezza, depongono una pietra tombale su ogni seppur blando ottimismo. Il governo era partito dall’1,5%, per superare gli scogli della trattativa con la Ue era sceso all’1%. Ora però ci troviamo a un terzo della stima iniziale, con la previsione, sempre di Bankitalia, che una crescita dell’1% sarà raggiungibile se va bene solo nel 2021. A poco serve la relativa calma sul fronte dello spread rimasto ai livelli di settembre, che del resto si colloca in un quadro depresso dell’economia europea, che riguarda direttamente anche la Germania, una locomotiva che ora sbuffa e arranca. Che fine faranno quindi i due cavalli di battaglia del governo, il finto reddito di cittadinanza e “quota 100” in un quadro così deteriorato? Già la Ragioneria di Stato aveva messo pesanti piloni. Per quanto riguarda il reddito si prevede una sospensione immediata dell’erogazione ed entro poco tempo la “rimodulazione dell’ammontare del beneficio”. Per ciò che concerne “quota 100” ci si premunisce , in caso di “scostamento anche prospettico” dalla spesa prevista, togliendo soldi dai fondi del “reddito di cittadinanza” e obbligando altri tagli al bilancio statale. In altre parole, oltre ai già avvenuti ridimensionamenti, una misura potrebbe mangiare l’altra. Sulla base di questi dati è sempre più difficile per Tria allontanare la sgradita prospettiva di una manovra bis. Con le cifre di Bankitalia il rapporto deficit/Pil è destinato a crescere, poiché il peggioramento dell’economia diminuirà le entrate fiscali e tutto ciò non permetterebbe al governo di scavallare con successo il monitoraggio concordato con Bruxelles per luglio. Non solo bisognerebbe ricorrere, attraverso tagli lineari, ai 2 miliardi congelati nel bilancio a seguito del confronto con la Commissione europea, ma con ogni probabilità ad inventarsi altre risorse. Recuperare dall’evasione fiscale è una favola cui nessuno più crede. La linea dei condoni a go-go (ben nove ne sono previsti nel 2019) indica che la linea del governo va esattamente nella direzione opposta a quella della lotta egli evasori. Il solo effetto annuncio dell’arrivo di sanatorie nello scorso anno ha già ridotto i previsti ricavi dall’evasione del 7,3%. Sempre a luglio verranno testati gli esiti della vendita di immobili e di beni dello Stato promessi a Bruxelles, ben 18 miliardi, cioè un punto di Pil. La tranquillità che i mercati finanziari stanno tutto sommato dimostrando nei confronti del nostro paese, potrebbe rapidamente cambiare faccia a seconda dei giudizi attesi delle potenti agenzie di rating, capaci di condizionare gli acquisti di titoli e gli investimenti. Il 22 febbraio dirà la sua Fitch, poi il 15 marzo Moody’s e il 26 aprile S&P. A marzo il nuovo Def dovrà dire se la clausola di salvaguardia Iva, ingigantitasi a 23 miliardi, verrà disinnescata e con quali risorse, o invece si darà via libera agli aumenti dell’Iva – soluzione a suo tempo non invisa allo stesso Tria – con il risultato che gli aumenti dei prezzi su generi di consumo comune intaccheranno in maniera sensibile o addirittura riassorbiranno gli stessi benefici previsti dai decantati provvedimenti governativi. Che un effetto espansivo giungesse in assenza di investimenti innovativi non era credibile, se anche i consumi si riducono è ancora peggio. Il tutto mentre regioni importanti andranno al voto e prima delle cruciali elezioni europee del 26 maggio.

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