Di Ciuenlai - Uno dei fiori all'occhiello di questa legislatura è, per il PD, l'approvazione del testamento biologico, meglio noto come legge sul fine vita. L'ha approvata e adesso dovrebbe applicarla anche alla politica. 

Prendiamo un comune a caso : Terni. Tenere in piedi una Giunta con il Sindaco e diversi assessori che dovranno affrontare più di un processo e con gravissimi problemi di bilancio, è cosa assimilabile al concetto di accanimento terapeutico. Un comportamento che, restando sempre in campo sanitario, “nuoce gravemente alla salute della città”. 

Ma i suoi dirigenti sembrano di avviso completamente diverso e sembrano orientati a rimanere in sella “finchè il voto non li separi” da quelle poltrone”. La recente intervista della segretaria comunale del partito Sara Giovannelli è uno splendido esempio di come si riesca a dire un fiume di parole in politichese stretto, senza indicare soluzioni. L'unica cosa che si è capita bene è che loro da Palazzo Spada non si muoveranno nemmeno con le cannonate. E spiega anche il perchè. 

Ci sono un mucchietto di soldi del Governo e della Regione da spendere. Un tesoretto che viene quindi considerato come l'ultima spiaggia per recuperare qualche consenso. Ma il senso comune nella città è un altro e risponde ad un'unica frase “che cosa deve succedere ancora perchè questi se ne vadano? Il terremoto”. Quello no, c'è già stato sia materialmente che politicamente. 

Non è un bel vedere. Il Pd dovrebbe accogliere il grido che viene da gran parte dei ternani e farsi da parte. La strada della risalita è lunga e dura ed è inutile, anzi dannoso, cercare di allontanarla il più possibile. L'esempio di Perugia è sotto gli occhi di tutti. Non aver fatto i conti in tempo con i propri errori e continuando anzi ad ignorarli, ha portato il Pd alla marginalità politica nel capoluogo. A Terni, per quello che è successo, potrebbe anche essere peggio. 

Il senso di responsabilità, tesoretto o non tesoretto, consiglierebbe un grande bagno di umiltà e di autocritica . Il Pd di Terni lo deve alla città e lo deve soprattutto a se stesso. Il rischio è infatti che “l'accanimento terapeutico” butti alle ortiche e per sempre, una lunga storia fatta anche di tante cose positive. Il rischio “Pasok” è dietro l'angolo. Per evitarlo occorre una dose generosa di realismo. Staccare la spina è la cosa più saggia e l'unica soluzione per ripartire, la sciandosi alle spalle un'esperienza disastrosa. Signora Giovannelli, dia retta, quando è finita è finita!

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