di Roberto Musacchio.

i stanno svolgendo in tutta Europa elezioni che hanno un carattere costituente. In ballo ci sono i nuovi assetti che la UE deve darsi a fronte degli scossoni che arrivano dal proprio interno e dal Mondo nell'era di Trump. E in ballo c'è, Paese per Paese, il ricostruirsi di sistemi politici tutti sconvolti dall'impatto con la durezza dei tempi. Per questo, pur in un'epoca di crisi della politica e, tout cour, della democrazia, i momenti elettorali sono così intensi e drammatici. Per questo sono connessi tra loro e dal primo voto che portò al governo Tsipras a quello che confermerà con tutta probabilità la stagione infinita della Merkel, rimbalzano l'un con l'altro.
Sono elezioni e voti che segnano passaggi aspri. L'ascesa di Tsipras ha spazzato via il vecchio Pasok, complice di Nuova Democrazia, che invece ha resistito, nei disastri di quel Paese e nell'aver aperto le porte alla Troika. In Spagna Rajoy sopravvive alla forza del "cambio" ma Podemos ha travolto il vecchio assetto bipolare. In Francia Macron ha messo in crisi in un solo anno socialisti e gollisti mentre Melenchon ha rovesciato le gerarchie a sinistra sia verso il partito socialista ma anche rispetto al Pcf. In Gran Bretagna è addirittura Brexit con una ricollocazione generale del Paese e un Corbyn che prova in un colpo solo a rovesciare l'egemonia conservatrice e a spazzare via il blairismo sempre in agguato. In Germania la Merkel si appresta a ribadire un dominio verso l'eterna subalternità socialdemocratica che potrà spingersi fino al fare a meno della stessa Spd.
In generale si profila un prevalere di assetti neocentristi, una debacle del socialismo moderato, una nuova forza di sinistre diverse ma radicali e un consolidarsi delle destre xenofobe. In ballo, come dicevo, i nuovi assetti europei. Quelli geopolitici e quelli sociali. Con al centro la vicenda chiave, anche simbolicamente, del ministro delle finanze come completamento della governance del liberismo e della austerità oltre che dell'egemonismo tedesco Fortissimo ovunque il ruolo dei centri di orientamento del comando e dei mass media come ben testimonia il leader socialista spagnolo Sanchez che parla del ruolo avuto da essi nel suo defenestramento.
In Italia la partita è dura, come ovunque. L'assetto bipolare costruito per gestire la transizione italiana nella nuova fase è in agonia ma ancora fornisce un terreno di scontro. Un nuovo equilibrio neocentrista è in gestazione anche grazie alla tendenziale omologazione dei soggetti politici principali compresi i Cinquestelle. Ma la contesa tra queste due facce della governance degli equilibri europei è ancora aperta e incerta. Neocentrismo tri o quadri (con due destre divise) polare e bipolarismo hanno comunque in comune la volontà di escludere la presenza di una vera sinistra. Tanto più a fronte dell'emergere in Europa di nuove sinistre radicaii.
La discussione, necessariamente chiara, tra centrosinistra e sinistra sta dentro questo quadro. È una discussione che viene da lontano e cioè dai tempi del tentato compromesso tra centrosinistra e sinistra per l'entrata in Europa e che si concluse con la voluta, dal centrosinistra, marginalizzazione ed epurazione della sinistra. Funzionale al suo divenire parte della governance europea. Continua oggi su un doppio fronte. Quello della lotta del vecchio centrosinistra contro il nuovo neocentrismo dinamico. E quello della protervia dello stesso vecchio centrosinistra di impedire la rinascita di una sinistra autonoma e radicale.
La vicenda che viviamo è dunque dirimente e richiede di essere affrontata con consapevolezza e senza infingimenti. Il vecchio centrosinistra cerca di sopravvivere al nuovo centrismo dinamico e nega l'evidenza e cioè che quest' ultimo è il suo figlio diretto, la sua "evoluzione" necessaria. Sempre il vecchio centrosinistra nega di essere la ragione della marginalizzazione della sinistra e in realtà continua tenacemente a praticarla.
La vicenda di Pisapia sta in questo crocevia con tutte le articolazioni del caso. Pisapia come carta estrema del vecchio centrosinistra ma anche come variante della nuova fase dinamica a fronte di una possibile defaillance della leadership renziana. E dunque di un "nuovo centrosinistra".
Quello che è chiaro, o almeno dovrebbe esserlo, è che tra centrosinistra e sinistra non c'è compromesso minimalista ma, per la natura del centrosinistra, è, come in tutta Europa, una lotta di egemonia. In tutta Europa è leader a sinistra, e ricostruisce una nuova sinistra, spesso anche forte, chi lo comprende.
Fatica ad esserci questa comprensione in Italia e infatti le leadership sono deboli. Una sinistra che giocasse la partita di Pisapia, che ho già detto essere del tutto un'altra, semplicemente confermerebbe la propria non esistenza. Una sinistra propensa a un buonismo compromissorio magari in nome del quorum si scontrerebbe con l'istinto killer del centrosinistra e con l'indifferenza popolare.
La strada è quella seguita da Tsipras, Melenchon, Corbyn. Quella di una determinata ed anche netta affermazione di una nuova gerarchia e di una rottura col passato e con i suoi responsabili. E di una proposta radicalmente alternativa per i propri Paesi e per l'Europa. È una scelta contraria alla unità? No, è la scelta che sa che l'unità è un terreno di lotta e che mai come adesso essa è legata alla radicalità. È la strada per cui mai Tsipras, Melenchon, Corbyn avrebbero potuto ottenere i loro risultati stando col Pasok, con Hollande o con Blair. È una scelta che impedisce di competere per il cambiamento? No, è l'esatto contrario visto come i governi di centrosinistra siano stati ostacolo al cambiamento e soggetti di restaurazione.
L'epoca è dura e chiede scelte e capacità di leadership. Vale anche per l'Italia.

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