di Vincenzo Vita.

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato sul suo sito (fonte Geca Italia) la “Classifica dei 20 soggetti che hanno fruito del maggior tempo…” nello scorso mese di gennaio.

Finalmente una sintesi chiara, migliore delle canoniche tabelle che confondono non poco le idee, essendo frastagliate tra tempi di parola, di antenna e così via. Purtroppo, ancora non c’è traccia in nessuna delle analisi del moltiplicatore tra i minuti della presenza in video e l’audience dell’edizione del telegiornale o del programma presa in esame. Ovviamente, trenta secondi al Tg1 delle otto di sera vale n volte il corrispettivo all’una di notte a Rainews, a Tgcom o a Sky. Solo il “Centro di ascolto radicale” svolgeva un simile lavoro, ma purtroppo quella straordinaria struttura ha dovuto chiudere i battenti per penuria di risorse. E, quel che è peggio, rischia di lasciare l’etere Radio radicale, “rea” probabilmente agli occhi e alle orecchie degli odierni governanti di raccontare la verità sul dibattito istituzionale: tutt’altro che commendevole, anzi spesso “pornografico”. Quindi, da divulgare il meno possibile.

Anzi, se torniamo alla realistica crudezza dei dati, vediamo con nettezza alcuni fenomeni salienti: governo e maggioranza hanno il predominio assoluto con i propri volti nell’intero sistema, fatta salva la presenza “proprietaria” di Berlusconi sui canali di proprietà. I due fenomeni peggiori, vale a dire la rinnovata subalternità dei media al gruppo di comando pro-tempore e la persistenza della piaga del conflitto di interessi, formano una miscela esplosiva, che ci racconta la tragedia italiana, al di là della chiacchiera sulle agende digitali. Non solo. L’evidente straripamento sui social delle forme occulte di pubblicità politica ed elettorale chiude il cerchio. Ecco, è lecito attendersi dall’Agcom non solo la pubblicazione delle percentuali o i documenti di riflessione, bensì soprattutto un’azione straordinaria in vista della prossima scadenza europea.

I numeri. Come in una giaculatoria, sui Tg della Rai ai primi tre posti si collocano Salvini, Conte e Di Maio, con il leader leghista al 20,54% del tempo sul Tg2, al 15,55% sul Tg1 e ai meno squilibrati 10,69% sul Tg3 e 12,56% su Rainews. Simile Skytg24. La7 mantiene la terna di comando, ma attribuisce la medaglia d’argento al presidente del consiglio. Tg4 e Studio Aperto mettono sul podio –invece- il Cavaliere di Arcore, cui si ritagliano il 18,43% e il 22,24% del tempo. Il Tg5 non arriva a tanto, ma comunque il patron del Biscione segue di un’inezia Salvini: 14,16% e 14,27%. Idem Tgcom24 (13,85% e 14,76%).

Cambia qualcosa nelle reti, dove la quantità dei talk fa entrare in scena protagonisti a volte diversi, senza intaccare sostanzialmente l’”equilibrio del terrore”. Ecco che Rai1 fa svettare Alessandro Di Battista, che batte Salvini. Rai2 inscrive al secondo anello Zingaretti, seguito da Gasparri, Savona e Martina. Primo sempre Salvini anche su Rai3, cui segue per una volta Sergio Mattarella, e con la timida entrata in classifica persino delle sinistre con Nicola Fratoianni (1,32%) e Luigi De Magistris (1,26%). Non pervenuti i Radicali, malgrado i piccoli flash seguiti al recente ottavo congresso italiano e grazie forse agli esposti alle autorità competenti redatti dall’ex componente della commissione di vigilanza Marco Beltrandi. Scarsa pure la presenza di Giorgia Meloni, ma il “duopolio” non risparmia neppure i simili.

Si potrà eccepire che spesso in passato non era troppo diverso. Ma oggi – con un certo occhio clinico- si vede che è peggio.

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