di Vincenzo Vita.

Sergio Zavoli è stato un genio. Sì, un genio, come lui del resto amava definire il suo amico Federico Fellini. Entrambi legati a Rimini, ma poi andati altrove, pur mantenendo intatta quella particolare cifra romagnola: sognatrice, un po’ malinconica, attenta -però- alle cose di questa terra. Per esempio, andare a pranzo o a cena con Zavoli era quasi una forma di educazione sentimentale. Sentirlo parlare di tutto, tra una portata e l’altra (menù sempre completo), era una delle gioie che i numerosi incontri regalavano. Si usciva ogni volta, al di là della conversazione, con l’idea di cos’è lo stile, laddove la perfezione della sintassi e della grammatica ne era il sintomo evidente. Cura dei vocaboli come espressione di una cura seria, alta dei pensieri. La parola è sacra, diceva riprendendo il collega di rime Mario Luzi. Giornalista di radio, televisione e carta stampata (dai tg ai gr al Mattino di Napoli), tra gli ideatori dei talk con il celeberrimo <Processo alla tappa> e con le diverse edizioni ne’ corrive ne’ supine del rotocalco <Tv7>, presidente della Rai e della piccola sorella di S.Marino, scrittore e poeta. Non solo. Parlamentare e protagonista del dibattito politico. Di sinistra e a sinistra, sempre. Nella sfera dell’attività pubblica si segnala, non secondariamente, la conduzione (dal 2009 al 2013) della commissione parlamentare di vigilanza. E quest’ultima fu rianimata attraverso cicli seminariali sui temi della comunicazione aperti a personalità rilevanti e significative della cultura italiana. Quei materiali utilissimi sono, tra l’altro, disponibili presso la biblioteca del senato, di cui fu da ultimo il riferimento. Anzi. Un rammarico rimase proprio il non essere riuscito a portare avanti una particolare (e probabilmente inedita) ricerca sui parlamentari giornalisti della storia repubblicana. Zavoli si era ritirato, sorretto dalla compagna recentemente sposata e dalla amatissima figlia. Purtroppo, gli acciacchi e la pandemia hanno interrotto le frequentazioni, ma non le affettuosissime telefonate. Cronista sempre, il giorno e la notte, Zavoli chiedeva valutazioni e notizie sul mondo politico, sulla Rai, sulle innovazioni tecnologiche che lo affascinavano, benché fosse così lontano dalle leggi ferree (e sgradevoli) dell’istantaneità. Ecco. Il tempo del suo lavoro era un tempo accurato, pignolo e magari lungo. Probabilmente, la comunanza con Fellini gli aveva inculcato la struttura narrativa -ineguagliabile- del prototipo cinematografico: sceneggiatura , scenografia, campi di ripresa, voci, luci, sequenza delle inquadrature, montaggio. Per questo, il modello inconfondibile che lo faceva assomigliare all’altro fuoriclasse -Enzo Biagi- ha fatto scuola e gli attribuisce il titolo di Maestro. Nel pantheon del giornalismo e della scrittura radiotelevisiva stanno numerose pietre preziose. Da <Nascita di una dittatura> a <La notte della Repubblica> ad alcuni pezzi da brivido come il dialogo con la suora di clausura o il servizio sull’ex manicomio di Gorizia con le testimonianze delle persone in cura assistite da un giovane Franco Basaglia. Parole miste a silenzi. Riusciva a mettere a suo agio con una naturale autorevolezza figure restie alla rappresentazione mediatica: da Paolo VI, a Schweitzer, a Vin Braun. Ad Amedeo Bordiga. Già, il duro contestatore di Gramsci non voleva rilasciare interviste. Tuttavia, cedette di fronte al cantore appassionato e colto del ciclismo, di cui Bordiga era tifosissimo. Che dire ancora. Non basterebbe un romanzo. . Zavoli è stato un esploratore, nella versione compiuta che ne ha fornito Marc Auge’. La curiosità fu la scintilla fin da bambino, quando disegnò su un foglio una pagina di giornale incompleta. Il resto era da trovare. Zavoli era assai preoccupato per come va il mondo dell’epoca di Trump e degli attacchi alla libertà di informazione, per la cui difesa ha speso una vita. Di un socialista di Dio, che ora si sta intervistando proprio con Dio.

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