Il rovesciamento del conflitto di classe è nascosto dal sistema economico in cui si produce, che perciò può presentarsi come naturale.
I prodromi si potevano già scorgere in quel fortunato "è il mercato bellezza".
Pareva cinicamente veriterio (dati i rapporti sociali seguiti alla dura sconfitta dei lavoratori in Occidente sul finire del '900 e al seguente rovesciamento del conflitto di classe).
Invece, bellezza, quella che ti domina non è neppure il mercato, bensì un soggetto ben più totalizzante qual è il nuovo capitalismo.La formula con cui si sceglie di definire l'oppressione è assai importante proprio nella ricerca concreta delle pratiche sociali da opporvi. Tornare a fare centro sul capitalismo in atto e sulla sua analisi critica è assolutamente indispensabile.Senza fare i conti qui e ora con questo preciso sistema in cui siamo immersi, non può neppure cominciare l'opera storicamente necessaria per liberarsene. Affinchè al sistema non debba riuscire l'occultamento dei conflitti che esso genera sistematicamente e il nascondimento delle sue crescenti contraddizioni interne, la ricerca della costruzione di un organico pensiero critico deve saperle individuare, indicare e connetterle alle pratiche critiche che vivono nella realtà sociale. Sono proprio quelle,infatti, a fare si che un sistema così potente, qual è il capitalismo finanziario globale, abbia nella instabilità la sua manifestazione strutturale e generale. Essa prende le mosse in occidente da una crisi sociale che siè approfondita e radicalizzata fino a delineare una crisi di civiltà.
L'Europa reale, che in essa si è costituita, ha rovesciato il compromesso sociale e democratico che la lotta di classe aveva conquistato dopo la vittoria contro il nazifascismo, sicchè in ogni suo Paese, ogni esito politico è diventato possibile e ogni esito diventa a sua volta provvisorio, mentre ciascuna area economica nazionale, territoriale o di filiera diventa vulnerabile.
Essa sta sulla scena mondiale come l'asino tra i tuoini. Il processo di unificazione suggerito dalla fase ascendente della globalizzazione capitalistica si incrina e, questa è l'ultima novità, al contrario di un qualche ritorno al passato, vede formarsi nuovi conflitti tra grandi aree economiche, tra gli Stati, fino alla diffusione dei teatri di guerra,ma tutti dentro la globalizzazione capitalista al fine di primeggiare in essa, disopravvivere o di guadagnare la salita di un qualche gradino. Come i populismi si alimentano dell'eversione alle elitè ma non vivono solo di questo, così i nazionalismi emergenti sono sospinti dalla denuncia della globalizzazione ma non solo di questa. L'apprendista stregone,che è, in questo caso, proprio il capitalismo finanziario globale, genera anche dei mostri incontrollabili. Il paradosso consiste nel fatto che questo rischio, il rischio dell'esplodere di una crisi di civiltà, è reso attuale dal venire meno dell'antagonista del capitalismo, almeno nelle sue manifestazioni politiche. Si vede bene ora, purtroppo per assenza, quale potente fattore di civilizzazione sia stato il movimento operaio organizzato. Bisognerà ricordare tuttavia che proprio Marx a questo paradosso aveva saputo dare, la veste di una prospettiva storica, di aut-aut: o la conquista di una nuova civiltà o la rovina di entrambe le classi in lotta.

Link: Alternative per il Socialismo,n.51 (parte seconda).

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