di Roberto Bertoni.

Non è il Rosatellum il vero protagonista di questa settimana e di questo drammatico epilogo della peggior legislatura della storia repubblicana: è il vuoto.
Questa settimana è stata, diciamo così, riassuntiva di cinque anni di barbarie senza limiti, senza requie, senza un raggio di sole se non la debole approvazione di unioni civili molto attenuate e ancora prive di alcuni essenziali diritti. Per il resto, pura barbarie, infinita tristezza e tanti, troppi cedimenti, fino a sfociare in uno scenario che va al di là della vergogna ed è riassumibile con il termine mattanza.
Perché in questi cinque anni si è fatto strame di tutto: della dignità delle persone e delle istituzioni, del vivere civile, del confronto politico, delle leggi e dei regolamenti, del buonsenso e del buongusto, delle speranze e delle legittime aspirazioni di milioni di cittadini, e si è tradita infine anche un'Europa fragile e bisognosa di cure ma che avrebbe la necessità di trovarsi di fronte, anche alle nostre latitudini, almeno un interlocutore affidabile. Salvini non lo è per convenienza, il M5S per intima convinzione, Renzi perché non ha un'idea che sia una e tenta di cavalcare l'onda dell'anti-europeismo, infine Berlusconi, per interposto Tajani, si fa passare per grande  sostenitore della Merkel ma anche al ridicolo, almeno in Germania, c'è ancora un limite. La sinistra, al momento, non c'è o se c'è è troppo frammentata, suddivisa in mille pulviscoli, dunque ininfluente: il mio auspicio è che in Sicilia possa fornire, con la bella candidatura di Fava, una prima prova di unità; fatto sta che il cammino verso questo obiettivo minimo sarà ancora lungo e piuttosto accidentato.
E così rimane il vuoto, il sentimento straziante che martedì, in Aula, aveva il volto di un'esausta Anna Finocchiaro. Una donna perbene, una senatrice colta e competente, con molte legislature alle spalle e un impegnativo ruolo da ministro dei Rapporti con il Parlamento che chiude una gloriosa carriera come peggio non si sarebbe potuto: a capo chino, tra i fischi e le urla delle opposizioni inferocite, annunciando una fiducia che si commenta da sola con il volto provato dal sentimento di comprensibile vergogna che la pervade in quel momento: un'immagine emblematica, simbolica proprio come la corsa disperata di Scilipoti nel 2011 per provare a salvare un Berlusconi ormai alle corde. E poi i banchi del governo quasi interamente vuoti durante il dibattito parlamentare, a dimostrazione che ormai questo esecutivo non c'è più, questo Parlamento è andato, quest'orribile legislatura non ha più ragione d'esistere e che si trascina stancamente in una lunga e interminabile agonia che fa da preludio ad una campagna elettorale che si preannuncia ferocemente inutile.
Un altro vuoto, stavolta annunciato, in quanto è chiaro a tutti che il Rosatellum è un vestito d'Arlecchino con palesi rischi d'incostituzionalità che non serve né a garantire la rappresentatività delle Camere né, tanto meno, la mitica governabilità: serve solo ad un pugno di capi partito a perpetuare se stessi o, quanto meno, a illudersi, come dei peones qualsiasi, di poter compiere un altro giro di giostra. A parte il sempiterno, e straordinariamente furbo, Berlusconi, gli altri falliranno senza appello. Salvini fallirà perché, pur quadruplicando voti e rappresentanti rispetto alla volta scorsa, non ha alcuna possibilità di governare. Renzi fallirà perché non ha compreso ciò che sta avvenendo nel mondo e di essersi posto a difesa di un modello, peraltro disastroso, che ormai è stato accantonato pressoché ovunque e che anche da noi ha generato non poche ripensamenti nella sinistra e nella società civile. Alfano è buono per tutte le stagioni ma dubito che avrà la stessa centralità che ha avuto in questa legislatura. I kamikaze che giovedì sera si sono lasciati abbindolare dalle promesse di ricandidatura dei capibastone si sono condannati a morte, almeno politicamente, in quanto, incassato il risultato, torneranno ad essere considerati alla stregua di emerite nullità.
E poi i 5 Stelle, il vuoto più grande. Io sono stato nella loro piazza gioiosa e vociante, con un misto di proclami altisonanti e rabbia variopinta, il tutto accompagnato da una confusione e da una vaghezza che la metà basta: sono stati sinceri, per carità, hanno compiuto un apprezzabile gesto di lotta, che poi è la cosa che sanno fare meglio, tutto giusto, ma, come ha scritto Lucia Annunziata, questa legislatura si conclude con il collasso del sistema e la sopravvivenza dei suoi capi, dunque, aggiungo io, con il fallimento totale di una forza politica che era entrata nelle istituzioni con lo scopo preciso di mandare a casa i burattinai del medesimo.
Nella rispettabile piazza grillina, ho incontrato un misto di ingenuità e inconsapevolezza, di furia cieca ed infruttuosa e di onestà intellettuale priva di consistenza, con molti giovani che sarebbero pure persone in gamba se non fosse che manca loro la politica e la cultura della complessità che tanto è invisa a Grillo e Casaleggio.
Molta protesta e assai poca politica, la certezza che, quando la piazza si è svuotata, non rimaneva alcuna proposta concreta e l'amara sensazione di una sconfitta su tutti i fronti, proprio come quattro anni fa, quando votando Prodi, ad esempio, il M5S avrebbe potuto contribuire a cambiare il corso della storia d'Italia ma si guardò bene dal farlo.
Ben altro spessore nella piazza dolente e carica di angoscia della sinistra: una piazza assai più consapevole e, questo mi ha sinceramente sorpreso, molto più radicale rispetto all'altra. Davanti alla Camera, infatti, c'era un gruppo di parlamentari che scaldava la folla con slogan facilmente spendibili; davanti al Pantheon c'erano alcuni costituzionalisti che rendevano bene l'idea del declino e del degrado nel quale siamo immersi.
La piazza della sinistra era la piazza della rabbia vera, rivolta innanzitutto verso se stessi: per le troppe occasioni perdute, per non aver compiuto la scissione al momento opportuno, per aver avuto paura di andare a votare dopo il 4 dicembre, quando tutti sanno che questo calvario di legislatura è finito allora, per aver accettato l'inaccettabile e per non aver combattuto con la dovuta fermezza il peggior esecutivo di sempre, un misto di populismo, berlusconismo, anti-parlamentarismo e arroganza spinta all'estremo che ha finito col devastare le istituzioni e il centrosinistra a tutti i livelli.
Una parlamentare presente in piazza mi ha addirittura confidato di essere talmente arrabbiata da voler tirare i sampietrini, sostenendo che abbiano ragione i 5 Stelle, che vadano mandati tutti via, che facciano tutti schifo e che sia intollerabile ciò che stiamo vivendo. Non dirò mai chi fosse, ma non era una ragazzina: era una persona moderata e di grande valore, giunta probabilmente ad uno stadio di esasperazione ormai incontenibile.
Il vuoto dell'incertezza, dunque, della paura per il futuro, proprio e del Paese; il vuoto di chi sa di portare su di sé una parte di responsabilità, di chi si sente complice, di chi vorrebbe tornare indietro ma non può.
Il vuoto di chi, a differenza dei giovanotti pentastellati, ha contezza del fatto che si rischi l'abisso e che, in queste condizioni, non sono da escludere speculazioni finanziarie, crolli in Borsa e persino un commissariamento di fatto ad opera dell'Unione Europea.
Il vuoto di chi si guarda indietro e riflette su questo trentennio maledetto, fatto di liberismo economico e progressiva scomparsa della politica, rendendosi conto che non poteva che finire così, nel peggiore dei modi, con la distruzione del sistema democratico nel suo insieme a livello planetario.
Il vuoto di chi ha perso amici, compagni e punti di riferimento. Il vuoto di una piazza che, all'imbrunire, ha provato a sentirsi nuovamente una comunità e si è resa conto, come detto, che il cammino da compiere sarà tantissimo.
Lasciate stare, pertanto, il Rosatellum: non è altro che una parentesi tragica di un contesto assai più vasto della sua miseria e dell'opportunismo cinico di coloro che l'hanno imposto con l'ennesima forzatura lesiva delle prerogative del Parlamento.
Il punto è il baratro nel quale siamo sprofondati, con il risorgere di formazioni dichiaratamente fasciste, il silenzio imbarazzante dei liberali, i cedimenti di una parte del mondo cattolico, la miseria morale di troppi comprimari che mai sarebbero dovuti diventare onorevoli e la certezza che, al prossimo giro, sarà ancora peggio. Questa è la mia angoscia, questi sono i sentimenti che ho trovato in piazza del Pantheon mentre quel che resta della sinistra, dopo aver accettato una miriade di compromessi insostenibili, tentava finalmente di tenere alta la bandiera della dignità costituzionale.
E per la prima volta io stesso, in quelle due piazze, ho capito che questo Parlamento non mi rappresenta, che persino l'agorà caciarona dei 5 Stelle ha un'anima ma quell'emiciclo non più; il che per un parlamentarista, convinto assertore della sacralità della democrazia rappresentativa, è peggio di ogni altra notizia e considerazione.
Vedere il Parlamento inerme, ostaggio dell'aberrazione di pochi e dell'acquiescenza interessata di troppi è, infatti, il vuoto più grande di questa stagione. E attenzione perché dall'Aula sorda e grigia al bivacco di manipoli il passo è breve.

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