Viene messo in discussione, in maniera forte e radicale, il sistema capitalistico; si evidenzia un bisogno di solidarietà, di giustizia sociale, di uguaglianza, che le teorie liberiste non possono in alcun modo soddisfare.

Cadono, uno dietro l’altro, tutti i tabù che fino a ieri rappresentavano i pilastri del mondo globalizzato.

Il debito pubblico non è più un problema, ma una risorsa; scompare il pareggio di bilancio e con esso il fiscal compact; 9 stati della comunità europea, tra le quali Italia, Francia e Spagna, combattono per i corona bond, che altro non sarebbero che un debito pubblico dell’Unione; si pensa alla rinegoziazione dei debiti sovrani; (nel 2015 queste posizioni erano sostenute, in un colpevole silenzio, solo dalla Grecia di Tsipras); ieri il Governo ha approvato una manovra aggiuntiva di 4,3 miliardi, destinati ai comuni, per sostenere i cittadini più bisognosi che non riescono ad approvvigionarsi di beni essenziali per soddisfare bisogni primari.

Situazioni impensabili fino a 20 giorni fa, dove il debito pubblico era un fardello ed una vergogna, le politiche di austerità un dogma.

La sinistra radicale ha sempre sostenuto la necessità di superare politiche economiche restrittive, che ci fosse la necessità, invece, di adottare politiche redistributive per combattere la crescente ingiustizia sociale, la povertà dilagante, era chiaro e solo chi, cinicamente o stupidamente, non voleva vedere non vedeva.

La chiusura forzata di quasi tutte le attività economiche a tempo indefinito, il conseguente crollo verticale del PIL, hanno messo in evidenza, in maniera disarmante, le debolezze di un sistema economico e sociale che si reggeva solo sull’arroganza e sul ricatto della povertà.

Il liberismo ha mostrato inequivocabilmente la sua debolezza ed ora, come già si legge sui social, il suo pericolo più grande è quello che esso stesso voglia salvare sé stesso.

In questo senso vanno interpretate le dichiarazioni di Mario Draghi relative alla necessità di andare illimitatamente in deroga con il deficit per fronteggiare questa tragedia economica.

Ma un altro tabù sta per essere sconfessato: le partite IVA. Sono lavoratori e commercianti, senza diritti, senza tutele sociali, che vanno ad incrementare l’esercito dei lavoratori dipendenti, dei precari, dei tanti giovani che lottano la vita ed il futuro. Tutti quanti rappresentano la Working class contemporanea e fra una partita iva, un piccolo commerciante, che dedica tutta la sua giornata alla propria attività, ed un operaio che vende il proprio lavoro, non c’è alcuna differenza. Entrambi sono le vittime designate da questa globalizzazione liberista, sfruttati dalle grandi holding che egemonizzano, culturalmente ed economicamente, il sistema mondiale.

Ma la sinistra, questa volta, non può farsi rubare le parole, parafrasando una bellissima poesia di Bertold Brecht. Troppo spesso questo è accaduto. Non può essere la destra sovranista e xenofoba a mostrarsi con il volto dell’innocenza: chi ha votato i trattati europei, le leggi della precarietà, il pareggio di bilancio, il fiscal compact? Chi ha governato fino a ieri? Che cosa diceva della Grecia? Chi ha svenduto e smantellato il sistema sanitario nazionale? Chi ha favorito la grande distribuzione e i grandi centri commerciali, le concentrazioni bancarie, l’egemonia finanziaria?

Devo dire che in questi ultimi trent’anni non ci sia stata tanta differenza fra il centrosinistra (presentato, coscientemente e maliziosamente, da tutti i mass media all’opinione pubblica come sinistra) e centro destra. Entrambi hanno governato avendo lo stesso paradigma: l’interesse dei più forti.

Per questo è importante rilanciare le nostre proposte. A proposito quella del reddito di quarantena, sostenuta da Stefano Vinti, mi sembra un’idea che va nella direzione che prima illustravo: garantire a tutti i cittadini che hanno perso, in parte e tutto, il proprio salario, una cassa integrazione, calcolata sul massimale dell’attuale reddito di cittadinanza: 780 euro subito, a testa, da integrare al bonus delle 600 euro previste per le partite iva.

La situazione è in movimento, calano i positivi al coronavirus, ma siamo ancora dentro ad una terribile emergenza sanitaria e se vogliamo che, una volta usciti, non si riviva, dovremo fare tutti il contrario di quello che abbiamo sostenuto fino ad oggi.

Il mondo è cambiato e quello di prima non cambierà e questo cambiamento spero sia nel segno della giustizia sociale, dell’uguaglianza e della democrazia.

Quest’ultima sempre mortificata, anche da questi DPCM pur doverosi per l’urgenza ed il bisogno, ma che possono costituire dei pericolosi precedenti se non si inquadrano seriamente in un periodo di drammatica eccezionalità. E non dimentichiamo il prossimo referendum costituzionale. Vero assalto alla centralità del Parlamento

Attilio Gambacorta
Associazione culturale Umbrialeft

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