di Alfio Nicotra.

Io so che dopo quel 16 di marzo piombò sull'Italia lo stato di emergenza. Che chi si opponeva alle politiche del governo di unità nazionale - la politica dei sacrifici da cui cominciò lo smantellamento delle conquiste del movimento operaio - venne sistematicamente criminalizzato e quel dissenso ridotto al silenzio. Chi si era arrogato il diritto di sparare per conto della classe operaia aveva contribuito a rendere inpraticabile ogni spazio di protagonismo operaio e di lotta alla luce del sole. Nella ricostruzione storica di quei giorni manca questo bilancio : che il terrorismo uccideva anche la speranza di riscatto ed emancipazione di quelli che nei loro comunicati dicevano di voler rappresentare. Io so che quando ritrovarono il corpo dilaniato di Peppino Impastato sui binari vicino a Cinisi, lo stesso giorno in cui in via Caetani venne rinvenuto il corpo crivellato di Aldo Moro, mafia e depistatori di Stato ebbero gioco facile a dire che Peppino era saltato per aria mentre voleva fare un attentato. La responsabilità di aver fatto girare al contrario la ruota della storia, rimane una delle più grandi ferite inferte dal terrorismo alla democrazia dei lavoratori e delle lavoratrici e delle aspirazioni di libertà e di partecipazione delle nuove generazioni.

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