I nove passi per ripudiare il debito pubblico

di Guido Viale
La rinegoziazione radicale dei debiti pubblici dei paesi dell’eurozona in difficoltà, inclusa da tempo nel programma di Syriza e condivisa dall’Altra Europa, presenta risvolti complessi e delicati che vanno affrontati anche in sede tecnica: per prevederne le conseguenze macroeconomiche più dirompenti e cercare di prevenirle; ma soprattutto per proteggere i piccoli risparmiatori.
Nell’affrontare questi problemi occorre mettere però al primo posto la «politica» e non l’«economia», le scelte che possono orientare il conflitto sociale e non l’idea che il sistema possa continuare o addirittura riprendere a funzionare come sempre.
Siamo di fonte o alla vigilia di una grande rottura: «L’Europa è a un bivio», come recita l’incipit dell’appello da cui è nata la lista L’Altra Europa con Tsipras. Per questo, prima di entrare negli ineludibili aspetti tecnici è opportuno fissare alcuni punti di carattere generale.
1. I debiti pubblici di alcuni paesi dell’eurozona, tra cui Grecia e Italia, ma non solo, sono insostenibili. Quale che sia lo spread, gli interessi da pagare sono tali che divorano le risorse senza consentire, non solo una «crescita» duratura, ma nemmeno il livello di attività economica raggiunto in passato. Per non parlare della restituzione di una parte consistente del debito, come previsto dal fiscal compact, di cui non a caso nessuno parla più — in realtà gli economisti ne hanno sempre parlato il meno possibile e nessuno ha ancora esibito un calcolo attendibile sul tasso (astronomico) di crescita necessario per rispettarlo: cioè per riportare in 20 anni il debito al 60 % del Pil.
2. La crisi greca non fa che portare alla luce questo dato. L’intervento della Trojka (Bce, Fmi e Commissione europea) ha già comportato — bisogna ricordarlo a chi si lascia spaventare dalle parole — ben due default, per quanto «pilotati»; ma giunto al suo termine programmato, era chiaro, sia al governo greco che alla Trojka, che nessun problema era stato risolto; e nemmeno affrontato seriamente. Il presunto ritorno della Grecia a una crescita, peraltro irrisoria, è solo — come ha dimostrato l’economista greco Jannis Milios sul manifesto del 30.12 — l’effetto di un’illusione contabile.
Il premier greco Samaras ha così cercato di aggirare la resa dei conti con una mossa politica, anticipando le elezioni e sperando di prendere in contropiede Syriza, soprattutto per non rispondere – e per permettere alla Trojka di non rispondere – di questo fallimento.
3. A livello macroeconomico i problemi che si troverà di fronte Syriza, se andrà al governo, sono gli stessi che si sarebbe trovato di fronte Samaras a febbraio. L’insostenibilità del debito greco sarebbe comunque emersa, con gli stessi effetti dirompenti che tutti si aspettano da un governo Tsipras; effetti che non derivano tanto dalle dimensioni del debito greco, complessivamente ridotte rispetto al Pil dell’eurozona, ma dal fatto di mettere in evidenza l’insostenibilità di tanti altri debiti, a partire da quello italiano, assai più consistenti.
Ora la probabile vittoria di Syriza obbliga tutti i giocatori di questa partita a scoprire le loro carte.
4. Carte che però non ci sono. Debiti e politiche di austerity sono gestiti da un personale che, in tutte le sue articolazioni — finanziarie, amministrative e politiche (partiti, sindacati e associazioni imprenditoriali) — non ha la cultura per elaborare delle alternative (un «piano B») al disastro provocato dalla strada imboccata: «Non c’è alternativa», diceva la Thatcher. Juncker e il suo piano da 300 miliardi fantasma ne sono la manifestazione più evidente.
Le misure di sostegno attivate, comprese quelle preannunciate da Draghi, non fanno che liberare le banche francesi, tedesche e inglesi dai crediti incagliati, trasferendone l’onere sia sulle banche dei paesi più a rischio (che hanno usato i fondi della Bce per rilevare una parte del debito detenuto all’estero), sia direttamente, su Bce e fondo salvastati.
Manca qualsiasi idea seria su come sostenere occupazione (che non dipende certo dalle cosiddette «riforme», cioè dalla precarizzazione del lavoro) e investimenti (sostenibili solo se destinati alla conversione ecologica — cosa che richiede una forte iniziativa a livello locale — e non, come si pensa di fare, a Grandi Opere, che disperdono risorse, devastano territori, opprimono le popolazioni e producono mafia e corruzione).
5. In queste condizioni la deflagrazione dell’euro – anche a prescindere dalle questioni più gravi che premono ai confini della «fortezza Europa» — belligeranze senza più frontiere, crisi ambientale, ritorno alla guerra fredda e milioni di profughi — è solo questione di tempo. Ma le sue conseguenze sarebbero certamente più gravi di alcuni default pilotati, come quelli che potrebbero venir decisi nella conferenza sul debito proposta da Syriza. È poi inutile ripetere che l’«uscita dall’euro» predicata da Grillo, Salvini, Marine Le Pen e Alternative für Deutschland non è una soluzione: provocherebbe, a catena, altrettanto sconquasso nei singoli stati e una corsa generalizzata alle svalutazioni competitive da cui lavoratori e famiglie ricaverebbero solo bastonate.
Diverso è il caso dell’eventuale introduzione di monete alternative locali non convertibili, o dei certificati di credito fiscale proposti da Ruffolo e Sylos Labini, per sostenere la domanda: potrebbero far fronte alle esigenze più impellenti.
6. La proposta di Syriza ha comunque il duplice merito di mettere all’ordine del giorno il problema della sostenibilità dell’euro nei suoi termini reali e di prospettare una via per affrontarlo. Naturalmente, per andare a buon fine, dovrà trovare adeguato sostegno sia dalle forze politiche — innanzitutto da quelle della Gue che ne hanno condiviso il programma, a partire dalla tedesca Die Linke, il cui ruolo è per questo strategico – sia dalle forze sociali che si stanno mobilitando contro l’austerità.
7. L’obiettivo di una ristrutturazione del debito pubblico italiano va inserito e sostenuto in questo contesto. È compito delle forze che lo condividono tradurlo in misure praticabili e renderlo comprensibile e accettabile distinguendo la difesa del piccolo risparmio dal disarmo delle istituzioni finanziarie nazionali ed estere responsabili delle attività speculative che hanno messo alle corde molti Stati.
Non è cosa facile: anche se il valore dei titoli di stato in mano ai risparmiatori italiani è ridotto (non supera i 200 miliardi), molte altre forme di risparmio – fondi, assicurazioni e previdenza integrativa – dipendono da investimenti in questi titoli. Per questo occorre esigere la separazione delle funzioni, non solo tra banche commerciali e banche di investimento, ma anche tra l’allocazione del debito pubblico su varie forme di risparmio minuto e le operazioni speculative fatte in proprio da fondi e banche d’affari.
8. Tutto ciò rende urgente un confronto sulle soluzioni per ridurre e rendere accattabile il ridimensionamento forzoso dei debiti pubblici.
La più semplice, più volte prospettata, è la mutualizzazione della parte dei debiti degli Stati membri che eccede il 60 per cento dei rispettivi Pil, finanziandola con un piano pluriennale di creazione di nuova moneta (quantitative easing) o con l’emissione di eurobond da parte della Bce. Ciò riporterebbe gli interessi a un livello sostenibile, anche se con la seconda soluzione si lascerebbe comunque tutto il debito pubblico in mano alla finanza privata, perpetuando la scelta di fondo — il «divorzio» tra banca centrale e autorità politica — che ci ha portato in questo caos. Ma contro quelle soluzioni è stato già eretto un muro di no.
Se la prova di forza di un governo greco guidato da Syriza non riuscirà ad abbatterlo, si dovranno cercare altre soluzioni; che vanno comunque tutte in direzione di una rifondazione dell’Unione Europea su basi mutualistiche e solidali.
9. Per aprire la discussione sulla rinegoziazione dei debiti e su questi temi servirebbe un gruppo di lavoro che scavalchi le divisioni tra le diverse componenti delle forze che si oppongono alle politiche di austerità. Sarebbe un primo esempio di una iniziativa unitaria, costruita su temi concreti, ma di portata strategica.

Sabato
03/01/15
15:47
Le banche nazionali e anche la BCE sono società di capitali PRIVATE che per legge devono perseguire finalità lucrative.
Oggi queste società, sono depositarie di crediti enormi vero gli stati che inspiegabilmente, non solo hanno concesso loro di stampare la loro carta moneta, ma addirittura poi se la fanno prestare riconoscendo loro addirittura un interesse.
Se lo stato non revoca questa illogica e perversa concessione, per quale motivo le banche dovrebbero spontaneamente rinunciare a questa impagabile prerogativa (trasformare magicamente carta stampata in banconote) e rinunciare ai loro "legittimi" interessi, per fare gli interessi pubblici e non i loro?
Domenica
04/01/15
11:59
Questi piani di "ristrutturazione" del debito sono veri e propri suicidi. Non è sperabile che si superino senza mettere in ginocchio l'economia del paese, riducendo sul lastrico milioni di famiglie e mettendo una pietra tombale su qualsiasi progetto di Europa. Quello che succederà in Grecia quando chi non vuole pagare il debito sarà al governo ci sarà da monito speriamo almeno non tardivo
Lunedì
05/01/15
00:23
.
Lunedì
05/01/15
00:21
@Luigi.
Se gentilmente potessi esporre il ragionamento che conduce alle tue conclusioni, sia io che i lettori potremmo capire meglio come e chi origina il debito pubblico che ci costringe agli attuali sacrifici per poterlo ripianare.
Martedì
06/01/15
08:16
Come siamo arrivati al debito pubblico che abbiamo? Semplicemente spendendo più di quello che avevamo, e le grosse voci di spesa le conosciamo tutti: dagli anni 70 pensioni, regioni, sanità hanno rappresentato le maggiori voci di spesa. Sprechi macroscopici non sono certo mancati, dalle pensioni baby ai costi esorbitanti della politica all' impiego pubblico al sud usato come stipendificio, solo per citarne 3. Con la crisi del 2008 c'è stata la mazzata finale: costretti a sorreggere banche e ammortizzatori sociali senza avere i margini di indebitamento per farlo.
Martedì
06/01/15
13:14
@ Luigi
Le sue considerazioni non fanno un a piega e a mio parere sono pure condivisibili.
Ma per capire come nasce il debito pubblico dobbiamo alzare di livello della discussione.
Non é facile, ma ci provo semplificando.
Quando uno stato ha più spese delle entrate, ha solo due vie per pagare i suoi debitori.
1) Aumentare le entrate (=+Tasse)
2) Trovare la cartamoneta che gli serve per pagare i suoi debitori.
Sulle entrate agisce con provvedimenti legislativi, ma se non bastano, deve necessariamente chiedere la cartamoneta che gli serve a "qualcuno" indebitandosi, anche se potrebbe benissimo stamparsela in proprio (come fanno gli USA, l' Inghilterra e il Giappone ad esempio...)
Lo stato Italiano ha rinunciato volutamente alla possibilità di stamparsela (si dice in gergo: ha rinunciato alla sua sovranità monetaria) delegandola ad un gruppo di banche ed enti di cui la maggioranza é costituita da società private ( Unicredit, assicurazioni generali, ecc ) che hanno costituito una società per azioni che hanno chiamato "Banca d'Italia spa".
(semplificando) oggi la cartamoneta, per volontà dello Stato stesso, non può essere stampata direttamente dallo Stato, ma deve essere "chiesta" alla Banca d'Italia SPA che nel frattempo é diventata una succursale della BCE.
Quando lo stato ha bisogno di cartamoneta la BCE SPA la stampa e la "presta" agli Stati che la chiedono, pretendendo un interesse per il prestito.
Ma questa nuova carta moneta é nata dal nulla! O meglio é stata solo "stampata".
Un foglio di carta che vale un euro prima della stampa diventa un foglio da 100.000 euro dopo che ha passato la macchina tipografica! Questo fa la BCE (banca privata) tramite le zecche. Stampa fogli di carta e li trasforma in banconote che valgono il loro valore nominale! ma non solo, quando la presta allo Stati non si limita a chiedere il rimborso per il disturbo, ma chiede pure un interesse sui fogli di carta stampati come se fossero un vero prestito bancario!
Così nasce il nostro debito vero le banche! Allora nasce il dubbio... ma che per caso ci stanno prendendo per il naso?
Perché non ce la stampiamo noi la cartamoneta e così non ci indebitiamo più?
O almeno perché mai, scoperto il trucchetto, non ricontrattiamo con queste Spa il nostro "debito", visto che ci hanno prestato solo dei pezzi di carta stampata su nostra autorizzazione?
L'aver consentito alle SPA che costituiscono la BCE di arricchirsi, trasformando fogli di carta in cartamoneta non é un guadagno sufficiente?
Pensi cosa avverrebbe se il nostro deficit potesse essere ripianato semplicemente stampando la cartamoneta equivalente.
Tutto il deficit sparito in un attimo.
Forse l'inflazione salirebbe (si discute molto su questa ipotesi), ma cose é peggio? morire di fame o accettare una inflazione che gli esperti stimano del 20%?
Ecco come sta la questione.
Ora se rilegge le sue argomentazioni vedrà che assumono un altra prospettiva.
Se vuole approfondire cerchi "signoraggio o Auriti " oppure guardi su internet https://www.youtube.com/watch?v=g3QH3XILy3E
Martedì
06/01/15
14:18
non sono certo un esperto di macroeconomia ma nel suo discorso ci sono omissioni sostanziali. Chiunque, stato compreso, se contrae un debito, deve pagare poi gli interessi oltre che restituire la somma. Se uno stato con "sovranita' monetaria" puo' pagarli semplicemente stampando moneta l'effetto collaterale e' caricare il costo di tale operazione sulla svalutazione della moneta, e quindi di rendere tutti i cittadini piu' poveri, questo sarebbe il costo degli interessi nascosti in questa operazione. Nel caso dell'Italia l'effetto negativo si moltiplicherebbe visto che le materie prime sono tutte di importazione.
E se lo facessimo a livello europeo chiedendo di stampare moneta alla BCE, quale spiegazione dovremmo dare agli altri partner europei che dovrebbero svalutarsi anche loro per coprire la nostra incapacita' di pagarci il debito?
Personalmente uno scenario del genere mi pone anche problemi di carattere etico, con quale dignita' potremmo chiedere a Germania o Olanda (tanto per fare due nomi) di svalutare la nostra moneta comune per coprire i nostri debiti?
Tornando all'articolo, mi chiedo appunto con quale faccia tosta Syriza si presentera' dalla Troika per annunciare di non voler pagare il proprio debito ma chiedendo comunque di rimanere nell'area euro? Tutti vorrebbero la "moglie ubriaca e la botte piena", ma non e' cosi' che puo' funzionare
Martedì
06/01/15
17:57
Gentile sig. De Robertis, con piacere riscontro che ci sono anora persone che riescono a mantenere la lucidità necessaria a guardare (per quanto possibile) alle questioni nel loro insieme e non per singoel parti.
Sinceramente non capisco e mi stupisco di come molti, specie a sinistra, pensino di poter eludere la realtà solo perchè non risponde alle propie aspettaive.
Certamente tocca alle generazioni di oggi pagare un prezzo alto anche (e soprattutto) per errori di valutazione non propri, per aver praticato troppo a lungo una spesa non sostenibile anche se con (non sempre ma nella maggior parte dei casi credo di si) nobili intenzioni, tuttavia questo è lo stato delle cose presenti (in tanti paesi tra cui il nostro ed ancor più per la Grecia) e per cambiarlo c'è una sola strada possibile: affrontarlo (modulando gli effetti negativi per quanto possibile, dato che una "cura" eccessivamente concentrata rischierebbe di mettere in serio rischio la sopravvivenza stessa del "paziente"). ODiversamente, ogni speculazione sulla possibilità di eludere la realtà invece è solo una colpevole inerzia che non potrà che peggiorare le cose.
Martedì
06/01/15
23:16
@Luigi
Leggo: "Chiunque, stato compreso, se contrae un debito, deve pagare poi gli interessi oltre che restituire la somma."
Questa affermazione é vera se chiedo in prestito del danaro ad un terzo che ne è proprietario, ma non lo é se il denaro lo stampo io ed é mio. In questo caso a chi dovrei pagare gli interessi?
Leggo anche : " Se uno stato con "sovranità monetaria" può pagarli (i debiti) semplicemente stampando moneta l'effetto collaterale e' caricare il costo di tale operazione sulla svalutazione della moneta, e quindi di rendere tutti i cittadini piu' poveri, questo sarebbe il costo degli interessi nascosti in questa operazione"
L'argomentazione è illogica. Se stampo moneta la svalutazione ci sarebbe sia che la stampo io che la faccio stampare da un terzo in quanto in entrambi i casi aumenterebbe la massa monetaria in circolazione.
In effetti si è visto che solo il 3 % della massa monetaria in circolazione è formata da cartamoneta. Il resto è moneta virtuale (assegni, cambiali carte credito ecc) quindi molti affermano che non c'é relazione tra quantità di moneta in circolazione e inflazione come si evince anche dalla enorme massa monetaria recentemente stampata e distribuita alle banche europee a tassi bassissimi che non ha generato alcuna inflazione in europa.
Le preoccupazioni di natura etica non hanno ragione di esserci quindi, anche perché dovrebbero averle anche le regioni del sud Italia nei confronti di quelle del nord che ripianano i loro deficit.
La richiesta di ricontrattare il debito della Grecia (come anche quello di altri Stati) non é peregrina se si considera che il debito è stato creato verso le banche che hanno "prestato" agli Stati cartamoneta non di loro propietà.
@ c.f.
Capisco le affermazioni ma purtroppo non sono riuscito a comprendere il filo del ragionamento.
Mercoledì
07/01/15
00:57
Se paghi il debito stampando moneta l'interesse occulto che viene pagato è la svalutazione, inevitabile e che pesa su tutta la popolazione impoverendola. La relazione tra circolante e svalutazione è diretta, non può essere diversamente. Ma il pericolo maggiore in un operazione del genere è legato al panico che provocherebbe. Disinvestimenti, fuga di capitali, credibilità compromessa, mercato nero della valuta...tutte evenienze inevitabili in caso di manovre del genere.
E per inciso tra nord e sud Italia di conflittualità su questi temi mi sembra ce ne sia abbastanza...
Mercoledì
07/01/15
12:07
@ Giampaolo Ceci
L'errore di valutazione che si compie parlando di "sovranità monetaria" è quello di ragionare come se vivessimo in un sistema "chiuso" e non in uno "aperto". Di ragionare come se fossimo autosufficienti all'interno dei confini dello Stato-Sovrano e non interdipendenti con il resto del mondo.
Abbiamo contratto dei debiti in quanto un pò più dei 2/3 dei Titoli di Stato con cui ci stiamo finanziando (che sono appunto titoli di debito) è in possesso di stranieri, ovvero di persone fisiche e giuridiche che non sono cittadini del nostro paese. Se decidessimo di non pagare quel debito (capitale più interessi o solo interessi se il debito viene rinnovato alla sua scadenza), ovvero di praticare quella che con un eufemismo chiamiamo "ristrutturazione", nessuno straniero comprebbe più i nostri Titoli di Stato (salvo qualche filantropo) e noi non disporremmo più della liquidità sufficiente per coprire tutte le attuali spese correnti (erogazione di stipendi, pensioni, servizi, etc.).
L'ipotesi di sostituire questi mancati introiti (pari a 2/3 del controvalore dei titoli di stato attualmente emessi) con la stampa di nuova moneta è altrettanto illusoria in quanto il suo valore (della moneta) è proporzionale alla ricchezza del paese (o dell'insieme di paesi nei casi di Comunità/Federazioni di Stati) di adozione e dunque se si aumenta la moneta in circolazione a parità di ricchezza del paese, questa diminuisce di valore di cambio (si svaluta) con le altre monete di paesi diversi.
Se tutti gli scambi commerciali avvenissero all'interno del paese che stampa moneta il suo valore di cambio sarebbe irrilevante, ma quando si deve acquistare da paesi con monete diverse una controvalore (economico) di beni/servizi maggiori di quelli che si vendono ad essi (come nel caso dell'Italia ed ancor più della Grecia) e soprattutto nei casi (come quello italiano e greco) dove l'esportazione riguarda prodotti lavorati (di cui volendo ci si può organizzare per produrli nel proprio paese anche se non si è in grado di raggiungere la qualità e la raffinatezza di quelli importati) mentre l'importazione riguarda materie prime ed energia (che sono indispensabili e non replicabili o comunque allo stato attuale di difficile e costosissima sintetizzazione) allora una perdita del valore di cambio (per effetto dell'aumento della quantità di moneta circolante) comporta una perdita del potere di acquisto dei cittadini in quanto l'acquisto delle materie prime e dell'energia diventerà più costoso facendo lievitare il costo dei prodotti finiti (dato che occorre, oltre al lavoro, sia la materia prima che l'energia che produrli) rendendoli così più poveri.
Questo è il "costo" che paga uno Stato (come l'Italia) sostanzialmente privo di materie prime e fonti energetiche largamente insufficienti (importiamo ad oggi circa il 70% del nostro fabbisogno energetico) se ha una moneta troppo "debole" rispetto a quelle dei paesi da cui importa (necessariamente) i beni a lui indispensabili.
Per questo l'introduzione dell'Euro (il cui valore di cambio è determinato dalla ricchezza dell'intera Comunità; di cui fanno parte Stati più ricchi del nostro), pur con tanti limiti ed eccesso di egoismo (deprecabile) da parte di taluni membri è più vantaggioso per un paese come il nostro (ed ancor più per la Grecia) della sovranità monetaria che ci costringerebbe ad una riduzione dei costi della spesa pubblica ben maggiori rispetto a quelli che ci costringe a praticare l'appartenenza alla UE/CEE.
Questo il senso del mio precedente intervento, lo stupore nel constatare quanto poca cosapevolezza ci sia di ciò.
Mercoledì
03/01/18
03:21
Se uno stato sovrano stampasse la "moneta" che gli serve per ripianare i propri debiti (CCT e BOT emessi negli anni precedenti) non avrebbe più bisogno di chiedere i soldi ad altri indebitandosi ancor di più.
La conseguente temuta inflazione (se riguarda il rapporto tra la inflazione e la emissione della moneta negli ultimi 10 anni si accorgerà che non c'è alcuna relazione tra inflazione ed emissione di "cartamoneta") è dannosa come dice lei solo se la bilancia dei pagamenti è passiva (importiamo più di quanto esportiamo), in quanto le merci importate costerebbero più di quelle esportate, ma l'Italia ha una bilancia di pagamenti attiva quindi la questione macroeconomica non si pone.
Anche se ci fosse inflazione (anche se..) avremmo solo dei benefici, potendo esportare a prezzi minori e quindi più competitivi.
Ma non c'é bisogno di attendere che l'Italia riacquisti sovranità monetaria, già oggi se la cassa depositi e prestiti (unica banca statale) acquistasse i fabbisogno dello stato senza emettere bot e cct si riuscirebbe a finanziare il debito annuale a tasso zero, che è quanto la cassa DP paga alla BCE per il denaro che la BCE le presta.
Invece si emettono BOT E CCT e si mettono all'asta riconoscendo ai compratori (prevalentemente banche estere) interessi inutili avendo una banca statale che potrebbe acquistarli a tasso bassissimo, rendendo l'acquisto una semplice e gratuita partita di giro.
Sabato
06/01/18
16:45
Scusi ingegnere ma sostenere la tesi che la copertura del debito contatto mediante l'acquisto dei titoli di stato in circolazione non comporterebbe un drastico crollo del potere di acquisto sotto forma di inflazione (come ho spiegato nel mio precedente commento) basandosi su fatto che negli ultimi 10 anni non si è registrata alcuna inflazione in rapporto alla moneta stampata è quantomeno contraddittorio, dato che prende a riferimento un periodo in cui la stampa della moneta non è stata gestita dallo Stato ma dalla BCE regolando l'emissione della moneta con l'obbiettivo di non svalutarne il valore (salvo negli ultimi anni riequilibrare l'eccessiva rivalutazione in conseguenza della contrazione dei consumi post-crisi per evitare una spirale deflattiva altrettanto dannosa). In poche parole lei sta portando a sostegno della politica monetaria che auspica i risultati ottenuti da una gestione monetaria opposta. Non crede sia un po' fragile come tesi? Se invece vuole capire davvero quali sono gli effetti inflattivi di una eccessiva circolazione di moneta in rapporto alla reale ricchezza del paese guardi a cosa succede in Venezuela e si chieda se davvero sia così auspicabile il correre seriamente (se azzerassimo il debito con la stampa indiscriminata di nuova moneta) il rischio di ritrovarsi in una analoga condizione.
Domenica
07/01/18
12:39
Io cito solo quanto affermano esperti più competenti di me,ovvero che non c'é relazione tra quantità di moneta circolante e inflazione.
Questo si deduce a posteriori, comparando i grafici dell'andamento della inflazione con quelli della emissione di moneta negli ultimi dieci anni.
Basti dire che la BCE emette 60 miliardi di euro al mese DA DIVERSI ANNI e non se ne risentono effetti sul mercato finanziario.
Bisogna anche rilevare che la moneta circolante non rappresenta che il 5 % della massa monetaria presente sul mercato perché tutto il resto è immesso direttamente dalle banche prestando denaro con un semplice Clik che va ad alimentare i conti correnti di chi ha chiesto il prestito creando, nuovo denaro dal nulla e quindi aumentando la massa monetaria.
Lo stesso prestito potrebbe essere fatto da una banca dello stato (Cassa DP) verso lo stato stesso per ripianare il suo attuale debito (verso banche e detentori di CCT e BOT...)
In questo caso lo Stato si indebita con se stesso (la Banca Dp é sua) senza indebitarsi con terzi pagando interessi che aumentano il debito pubblico, creando un debito verso se stesso che é una partita di giro puramente contabile.
Spero di aver capito bene la sua obiezione.
https://www.youtube.com/watch?v=cFCL9Zbw638
Domenica
07/01/18
22:41
Non sono un esperto, ma non credo occorra chissa quale competenza per capire che il postulato che sostiene e che sostengono gli "esperti" a cui si riferisce è fallace. O per essere più precisi può essere vero se decontestualizzato, in quanto non è direttamente la quantità di moneta circolante che produce inflazione, ma falsa se la si contestualizza agli effetti che produce, ovvero la perdita di potere di acquisto negli scambi con ambiti dove circola una valuta diversa. La moneta è solo una convenzione che permette di acquistare/vendere beni o servizi in forma mediata senza un baratto diretto ma differito. Resta il fatto che il valore complessivo della moneta di un determinato ambito è pari alla ricchezza dello stesso, perché quello è il limite massimo degli scambi possibili per esso. Certo la questione è più complessa ed articolata ma la sostanza non cambia. Stampare più moneta non rende più ricchi (o riduce un debito) altrimenti la povertà non esisterebbe più da tempo e qualsiasi paese con sovranità monetaria sarebbe un paradiso in terra. Non mi sembra sia così, come la realtà mondiale dimostra oltre ogni legittimo dubbio. L'unico modo per ripagare un debito è onorarlo e per farlo occorre contenere la spesa per avere un saldo positivo che progressivamente riduca il debito contratto (interessi inclusi se nel frattempo occorre rinnovare parte del debito per sostenere la spesa corrente). Non ci sono alternative, ovvero l'unica è disconoscere il debito ma comporterebbe l'isolamento da parte della comunità internazionale. Mi creda uno stato non è diverso da uba famiglia e nessun debito si salda coi soldi del monopoli (o con partite di giro o artifici contabili).
Lunedì
08/01/18
03:08
Oggi stampare moneta (non essendoci più la convertibilità in oro) é come estrarre oro.
Perché mai allora non si dovrebbe estrarre tanto oro quanto ne serve ad uno stato per pagare i suoi "costi"? Certo che se "l'oro" lo si prende a prestito ha un costo, ma se lo si estrae in proprio no. Il prestito è fatto a noi stessi.
Non é un concetto nuovo il Giappone lo fa da anni e la sua economia (in deficit) funzione perfettamente potendo finanziare ogni nuovo investimento pubblico semplicemente stampando il denaro necessario. (Il Giappone ha un debito sul PIl del 200%). Ricordo che quando si parla di "debito" pubblico si parla del pagamento degli interessi sui CCT e BOT) Quindi di immettere ulteriore ricchezza sul mercato.
Ricordo che la massa monetaria attuale sul pianeta è almeno 60 volte maggiore del PIL prodotto, quindi la moneta non rappresenta il valore di tutte i beni presenti sul pianeta ma solo una piccola parte (la Cina infatti sta riconvertendo i suoi pezzi di carta stampata con la effige del dollaro, con beni reali consistenti in fertili pianure nello Zambia.
Le banche tedesche vorrebbero scambiare i loro pezzetti di carta che esse stesse hanno stampato, a costo tipografico dal nulla tramite la BCE, con le isole greche e le coste italiane.
La BCE ha "acquistato" un intero palazzo per la sua sede del costo di un paio di miliardi di euro, (dando in cambio al costruttore un mucchio di pezzetti di carta che si era stampati alcune settimane prima) non le viene da ridere?
Ora si domandi perché il poter bancario (privato) non vuole restituire agli stati la sovranità monetaria perdendo il privilegio di trasformare la carta in ORO e cosa sarebbe disposta a fare per mantenerlo?
Lunedì
08/01/18
11:00
Sinceramente non trovo convincente la sua spiegazione (che comunque rispetto).
Come ho cercato di spiegarle c'è un rapporto tra moneta emessa e suo valore.
Certamente che la BCE stampi 2 miliardi di euro in più aumentanto la moneta a quel momento già circolante è irrilevante considerando il rapporto con il valore comlessivo economico dell'UE. Come non influisce che la massa monetaria sia superiore di decine di volte al PIL mondiale in quanto buona parte di questa moneta non circola contemporaneamente e dunque non ha infuenza sugli scambi.
Diverso sarebbe se una piccola distinta area economica (come l'Italia) autonomamente creasse una ulteriore massa monetaria di rilevanti dimensioni per ripianare il proprio debito pubblico, questa si svaluterebbe e ridurrebbe il potere di acquisto delle persone (esatamente come avveniva negli anni '70 dove l'Italia per non avere debito pubblico aumentava la massa di moneta circolante per pagare i debiti dello Stato con il risultato che l'inflazione era arrivata al 25%), di fatto trasferendo il debito dalla collettività ai singoli privati, ma non certo annullandolo in alcun modo.
L'esempio del Giappone è fallace dato che pur avendo un depito pubblico altissimo è sostanzialmente detenuto tutto dai giapponesi stessi che sono indebitati e continuano ad indebitarsi per non far fallire lo stato (al punto che l'acquisto di un bene durevole deve essere spesso sopportato da più generazioni della stessa famiglia).
Lei si dimanda reoricamente perchè il potere bancario (che non è "privato" come lei sostiene ma pubblico in quanto gestito si con una formulazione di diritto privato ma con la maggioranza detenuta dagli Stati)"non vuole restituire agli stati la sovranità monetaria perdendo il privilegio di trasformare la carta in ORO" a sostegno della sua tesi, allora le domando perchè gli stati che invece la sovranità monetaria ce l'hanno (Venezuela per fare un esempio a caso) allora non risolvono tutti i loro problemi stampando moneta? Ops lo stanno facendo ma non hanno risolto alcun problema ma li hanno solo aggrvati (inflazione al 500% e totale perdita di potere di acquisto con l'estero e relativa mancanza di beni di ogni tipo e necessità).
Martedì
09/01/18
01:26
Forse il Prof Auriti é più convincente.
La macroeconomia non è complessa ma raramente se ne discute, sebbene contenga la risposta a molti dei nostri guai, oggi come allora.(se non conosce già linki sul lik seguente, ma auriti ha in linea molti altri interessanti filmati come anche molti altri che sicuramente già conosce (Ioppolo, Saba, Aquilini, Sdogati, ecc https://www.youtube.com/watch?v=wo3IqC37HFQ
Martedì
09/01/18
12:19
Ho ascoltato l'intervento del prof. Auriti che mi ha cortesemente indicato ma resto convinto di quanto prima sostenuto ed anzi rafforzato in tale convinzione dall'ascolto delle tesi da questi sostenute.
Con questo non voglio assolutamente essere irrispettoso o superficiale o supponente rispeto alle idee di altri ma oggettivamente non sono credibili.
Non lo sono non tanto perchè non contengano elementi di veridicità o non abbiano una loro logica, affermare ciò sarebbe oggettivamente ingiusto, ma perchè la logica su cui si fondano è fallace in quanto meramente intrinseca.
Parte cioè dal presupposto che se una prassi o una condizione siano ritenute migliori o più eque allora queste siano concretizabili tout-court ignorando/dimenticando/omettendo che l'interazione sociale ed economica non avviene con se stessi (ovvero con persone con eguale sensibilità, cultura ed obbiettivi) ma con una moltitudine di soggetti con aspettative, aspirazioni, idee e sensibilità diverse e che l'unica interazione possibile tra quetsi è quella comunemente accettata dalla maggioranza di essi. Con questo non voglio sostenere la tesi dell'immutabilità delle cose o dell'impotenza davanti alle diseguaglianze ed alle ingiustizie ma che non si può prescindere dal contetso dato per cambiarlo e che farlo comporta un lavoro certosino, lungo e dai risultati incerti e non un semplice colpo di bacchetta magica con cui tutto di punto in bianco cambia senza alcun sacrificio per nessuno. Restando al nostro tema, la distribuzione della ricchezza e l'accettata e condivisa modalità di regolazione dei rapporti commerciali in forma differita attraverso una valuta che attesti virtualmente il loro valore è certo iniqua e fallace ma in quanto condivisa largamente valida. Rigettarla unilateralmente comporterebbe la rottura della catena di rapporti che legano le parti tra loro e di conseguenza la rottura dellla reciprocità che tali rapporti comportano. Se un determinato territorio potesse prosperare autonomamente e distintamente dal resto del pianeta allora tali rapporti e tale reciprocità potrebbero essere superflui ed allora altrettanto superflua una regolazione dei rapporti di scambio condivisa. In questo caso unilateralmente si potrebbe abbandonare un mercato ed una moneta comuni (anche se le valute sono diverse, a livello mondiale esiste una unica moneta comune in quanto sono definiti i rapporti tra le diverse valute così da consentire l'interazione tra esse in un sistema unico) e dunque, nel caso italiano, ripudiare il debito o pretendere di saldarlo con una moneta non riconosciuta/condivisa che per il resto del mondo non avrebbe il valore che gli auto-atribuiremmo. Ma non è così nessun paese in generale e l'Italia in particolare può prosperare distintamente dal resto del pianeta perchè da sola non potrebbe assicurare la pace del proprio territorio (si ha tanto ed a ragione di scandalizzarsi dei troppi conflitti ancora presenti nel pianeta ma un peridodo di oltre 70 anni di pace non si era mai registrato nella storia della nostra penisola e da soli non si potrebbe ,mantenere) o il suo progresso (non abbiamo sufficienti materie prime per produrre, non abbiamo sufficienti territori vocati all'agricoltura per sfamare l'intera popolazione italiana adeguatamente, non abbiamo sufficienti fonti energetiche per soddisfare i bisogni privati e produttivi, etc.) e solo attraverso lo scambio e l'interazione commerciale e non solo con il resto del pianeta ci è possibile svilupparsi ulteriormente. Se non si capisce ciò e si crede che agendo unilaterarlmente e rompendo il patto di reciprocità con gli altri si possa continuare ad avere i benefici (enormi) che da questi derivano ed al tempo stesso liberarci dagli obblighi e gli oneri (tra cui onorare i debiti contratti) che comporta allora si ha una visione superficiale e distorta della realtà e se per sfortuna il paese dovesse essere guidato da persone con tale superficialità allora si che comincerebbero i problemi seri.
Giovedì
11/01/18
00:23
Caro C.F . (consiglio amichevolmente di mettere in chiaro il suo nome )
Visto che la politica di disincentivare la partecipazione su questo sito ha avuto successo e pare che noi simo gli unici superstiti della Sinistra Umbra che hanno qualche cosa da discutere, mi permetto di continuare questa conversazione per il solo piacere di un confronto che forse riuscirà a coinvolgere qualche "compagno".
Ringrazio il direttore per la pazienza e la ospitalità, che potrà interrompere quando vuole se dessimo "fastidio".
Due sole considerazioni.
La prima. Lei dice che non ci sono state guerre negli ultimi 70 anni.
In verità, se la guerra si fa per conquistare mercati e risorse che poi sono utili per rafforzare la economia del gruppo di potere che la ha promossa, in questi ultimi 70 anni si è sviluppata la più grande guerra planetaria che il pianeta ricordi.
Influenze politiche e risorse ingenti, non solo economiche stanno radicalmente cambiando di mano-
Nei prossimi anni cambieranno anche i veri "padroni" del pianeta.
La Germania e in parte la Francia in Europa, hanno combattuto silenziosamente la loro battaglia silenziosa e stanno conquistato senza sparare un solo colpo praticamente la quasi totalità delle risorse e delle aziende strategiche esistenti nel sud dell'Europa. Ora dopo aver acquistato le principali aziende del made in Italy e quelle ad alta tecnologia si vogliono comprare anche le nostre coste dopo aver cercato di acquistare quelle greche.
Oggi nella attuale guerra in corso non è più necessaria l'occupazione del territori basta occupare quello ristretto su cui insistono l'azienda che generano saperi e alta tecnologia o anche solo reddito.
La seconda riguarda l'aspetto economico legato al valore delle valute.
Come sa la valuta non è solo uno strumento che misura il valore delle merci per consentirne gli scambi, ma é anche una merce essa stessa.
Il suo valore cambia in ragione della domanda e della offerta come le altre merci.
Vero é che in un mercato globale, la variazione del cambio determina anche la variazione del valore delle merci, ma il valore delle valute può essere facilmente alterato da manovre speculative (soprattutto se i paesi sono di piccole dimensioni).
Oggi esistono multinazionali che hanno disponibilità finanziarie pari a quelle di un intero stato sovrano, come il Belgio. Facile alterare il valore della valuta di uno staterello.
Probabilmente bisognerebbe o regolamentare le speculazioni finanziarie altrimenti in questo sistema globalizzato, un piccolo stato non potrà mai contrastare attacchi speculativi sulla sua moneta (neppure la svizzera ci è riuscita).
Se non si mette un argine alla speculazione finanziaria, le multinazionali non potranno che approfittarsene, facendo precipitare a piacimento il valore della valuta di quegli stati sotto attacco per poi comprarne ad un tozzo di pane aziende e tecnologie e se non basta anche inere pianure come fa la Cina oggi, in Zambia.
Questo l'unico pericolo per l'italia se uscisse dall'euro.
Giovedì
11/01/18
10:52
Gentile ing. Ceci, l'unica ragione per la quale ho proseguito ad intervenire su questo sito è per il confronto, tra l'altro piacevole, da lei avviato e che porta avanti con modi civili anche nella divergenza di opinioni. Se putroppo anche su questo sito il confronto dei cittadini/elettori è progressivamente venuto meno dipende in primo luogo dalla sempre minore credibilità di cui gode la Sinistra (dispiace sia così ma l'incompentenza, l'arroganza e l'ipocrisia della maggior parte della sua classe dirigente l'ha completamente screditata) ed in secondo luogo dall'inadeguatezza di chi gestisce questa testata a cui deve essere giustamente riconosciuto l'impegno e la disponibilità a concedere lo spazio di confronto ma altresì evidenziata l'incapacità di promuoverlo e la ricorrente denigrazione verso chi espone un punto di vista non apprezzato in luogo di confrontarsi con essi.
Per ritornare al succo del suo ultimo intervento parto dalla sua conclusione.
Ha perfettamente ragione, la speculazione finanziaria è pericolosa e deve essere regolamentata, il vuoto normativo a livello globale permette a persone/società senza scrupoli di sfruttare a proprio vantaggio le differenti disposizioni (in particolare in materia fiscale ma non solo) tra Nazione e Nazione e con ciò alterare i rapporti di forza e di scambio che sbilanciati condizionano a sua volta lo sviluppo di singoli Stati, come di ampie aree del pianeta. Come, con la movimentazione di importanti quantità di danaro, condiziona il valore di singole valute con ricadute importanti su chi le usa.
Non sono però molto daccordo con il resto.
Se l'Italia uscisse unilateralmente dalla UE e dalla moneta comune (Euro) non sussisterebbe solo il pericolo della speculazione finanziaria (comunque nel nostro caso in grado di metterci in ginocchio dato l'alto debito pubblico che non ci permette quasi nessun margine di manovra fiscale, stante anche la pressione fiscale già molto alta) ma anche una non trascurabile perdita di capacità di potere di acquisto dei cittadini a causa della svalutazione della moneta che andremmo ad adottare. Questo sarebbe inevitabile perchè l'Italia da sola ed in considerazione delle sue condizioni economiche e della ricchezza del paese (Non abbiamo materia prima per produrre) esprime un valore inferiore a quello che esprime pro-quota all'interno della UE e dell'Euro dove il valore della moneta è determinato dalle condizioni economiche e dalla ricchezza dell'intera area (mediamente maggiori rispetto a quelle dell'Italia da sola, in quanto in essa presenti paesi più ricchi di risorse e con economie più forti e solide della nostra). Per quanto riguarda la sua chiosa sulla guerra, certamente sono in atto "guerre" commerciali che hanno ripercussioni sulla vita delle persone ma onestamente non sono in alcun modo paragonabili a quelle militari dove l'uso delle armi provoca decine e decine di migliaia di morti. Il conflitto è una categoria umana, appartiene ai rapporti tra soggetti della specie ed è ineliminabile a meno di non comprimere le libertà individuali. Lo si può in parte regolamentare (e se si riesce a farlo con regole condivise globali anche con una certa efficacia) ma solo fino ad un certo punto, esattamente come le differenze sociali ed economiche tra le persone. In parte possono essere mitigate con la perequazione (ed è questo lo scopo della Sinistra, portare avanti concretamente e fattivamente una politica in tal senso e non quello - come è successo in Italia - nascondere la prorpia inadeguatezza a misurarsi "con lo stato delle cose presenti" con la retoria e l'assolutizzazione astratta dei principi per poter mantenere posti ben remunerati, a spese del contribuente, del tutto immeritatamente ed infruttuosamente) ma non eliminate a meno di non comprimere le libertà individuali. Come sempre il punto è trovare un equilibrio, il miglior equilibrio possibile, curarlo e svilupparlo con tanta fatica e tempo perchè la società umana è qualcosa di estremamente fragile e complesso e pernsare (ed ancor peggio illudere) che sia una mera questione di volontà di pochi se il mondo non è l'Eden che millantiamo è pericoloso (e dannoso) quanto la speculazione finanziaria.
Giovedì
11/01/18
13:37
Ammiro la tolleranza e lo spirito pluralista del direttore di Umbrialeft, che difronte a questi giudizi infondati e scorretti non batte ciglio.Complimenti direttore.
Giovedì
11/01/18
20:53
Caro amico, la ringrazio per la solidarietà, ma chi si nasconde dietro l'anonimato per denigrare gli altri è chiaramente persona che non ha il coraggio di sostenere a viso aperto i suoi ragionamenti e perciò si squalifica da solo.
Anche se io penso di aver capito di chi si tratta e lo compatisco senza censurarlo, che parli pure a vanvera, anche se sono i lettori presuntuosi, perditempo e sbrodoloni come lui che, purtroppo, uccidono il confronto.
Solo non capisco come mai continui a leggerci anche se, è evidente, non condivide in maniera assoluta le linea politica di questa testata. A meno che masochisticamente non ami la sofferenza.
Eugenio Pierucci
PS - Detto fra noi affermare che non ci sono da tempo guerre guerreggiate, ma solo conflitti economici, attesta la miopia politica di chi ha una visione prettamente eurocentrica del mondo e non si cura di ciò che accade oltre l'orticello di casa sua a causa dei veri e propri genocidi provocati dai conflitti alimentati dal "beato" liberismo, sostenitore di tutte le tirannie, produttore e fornitore di armi di sterminio di massa.
Giovedì
11/01/18
23:32
Mi permetto di intervenire un'ultima volta (anche se continuerò a leggervi), scusandomi per l'aver approfittato dell'opportunità che questa testata mi ha offerto nell'esprimere le mie idee e rammaricandomi di aver contravvenuto ad una decisione già precedentemente presa di non approfittare più del vostro spazio, solo per rispondere alla sollecitazione dell'ing. Ceci.
1) sull'anonimato in internet e sulla - a mio avviso - distorta idea che ha di questi il Direttore Pierucci (posso citare il suo nome avendolo lui stesso esplicitato in associazione diretta al commento a firma della redazione) mi permetto di invitarlo a leggere la sentenza della Corte Suprema dello Stato di Israele del marzo 2010 che definisce "l’anonimato unica forma di tutela della persona in Internet".
2) informarsi attraverso una pluralità di fonti, anche e soprattutto quelle che esprimono punti di vista e opinioni diverse da quelle a noi più affini non è "masochismo" ma il migliore ed unico modo per progredire, mettersi in discussione e rivedere o rafforzare i propri convincimenti.
3) se c'è qualcosa che ha spento la voglia di discutere e confrontarsi a sinistra non è certo per le parole in libertà di qualche "presuntuoso perditempo" quanto il crescente disincanto che sempre più, lo dico con dispiacere e rammarico, sta caratterizzando le persone di sinistra di questo paese e sul quale la classe politica che si era assunta l'impegno di rappresentarli dovrebbe interrogarsi e trarre qualche opportuna conseguenza. Non si dusturbi dunque direttore a compatire un comune cittadino quale io sono e impieghi invece almeno un po' del suo prezioso tempo per domandarsi se davvero avete assolto adeguatamente al compito politico che vi eravate dati come sia possibile aver perso tanto consenso elettorale da essere oramai diventati - politicamente- prossimi all'irrilevanza.
4) "detto tra noi" scambiare l'affermazione che da tempo non ci sono state più guerre militari sul suolo nazionale non disconoscendo affatto l'esistenza di conflitti nel resto del pianeta (quanto da me precedentemente affermato in merito:"...si ha tanto ed a ragione di scandalizzarsi dei troppi conflitti ancora presenti nel pianeta ma un peridodo di oltre 70 anni di pace non si era mai registrato nella storia della nostra penisola...") con l'affermazione che non ci sono state più guerre militari tout-court se non è segno di malafede (cosa di cui sono convinto) è molto probabilmente indice di una incapacità di aprirsi realmente al confronto con gli altri al punto da non essere disposti neanche a dedicare il tempo necessario a leggere compiutamente quanto viene da essi affermato lasciandosi guidare più dai propri pregiudizi che dalla ragione.
Cordialità
Lunedì
15/01/18
03:08
@ c.f. Una chiacchierata ogni tanto, uno scambio di vedute, allargano gli orizzonti
Lo faccia quando ha un suo contributo da proporre ai lettori. Non si tiri indietro.
Del resto i giornali si leggono proprio per conoscere idee e punti di visita diversi dai nostri e per trovare conferme ai nostri convincimenti o per scoprire argomenti che ci facciano cambiare opinione
Sono certo che il direttore, che ci ospita,e a volte ci sopporta pazientemente, non avrà nulla da obiettare e lui o altri vorranno controbattere puntualmente le nostre eventuali posizioni "non allineate" alle tesi del partito, per fare di questo sito un libero e civile momento di confronto costruttivo della sua base.