di Fosco Taccini

Una persona che dice e fa cose di sinistra senza doversi dire tale? Papa Francesco. Le definizioni lasciano il tempo che trovano, ciò che conta è la visione che ispira un agire concreto”. “Fare una cosa di sinistra? Requisire le caserme vuote per farne delle scuole”. “Il Pd non è affatto detto che sia una forza politica di sinistra, non lo dichiara. È un movimento più o meno di centro, con figure nobili e meno nobili”. Questo è un breve estratto, di un’intervista rilasciata a ‘Il Riformista’, dal prof Luciano Canfora - filologo, storico, saggista, nonché ‘coscienza critica’ della sinistra. Queste affermazioni dovrebbero essere il volano di un’utile e fattiva riflessione. È incontrovertibile che di fronte alle molteplici sfide epocali del Terzo Millennio c’è un bisogno urgentissimo di sinistra. Per collocarci nella giusta traiettoria con il futuro, come ci sta insegnando questa pluri-sfaccettata crisi da nuovo Coronavirus, sarà necessario valorizzare una società e una (relativa) economia a misura di persona. In questo senso dovranno trovare la giusta centralità la ricerca, la sanità, la formazione a distanza, l’efficiente funzionamento delle infrastrutture, il corretto svolgimento dello smart-working, il rafforzamento delle più basilari politiche pubbliche, potenziare tutte le filiere dalla distribuzione alla produzione all’agricoltura e riscoprire un nuovo modo di vivere le nostre città e gli spazi.

Inoltre, è necessario ripartire dal linguaggio, infatti dall’uso che ne facciamo deriva il modo di intendere il mondo e la possibilità di trasformarlo; ora più che mai è utile un’accurata ristrutturazione di alcune parole fondamentali. Stimolando così un ripensamento della cultura politica a sinistra, più ambizioso e accurato degli assemblaggi con finalità esclusivamente elettorali, per recuperare quanto ogni giorno, consapevolmente o meno, viene perduto. Dobbiamo sempre più tornare a parlare con le persone per evitare di richiuderci dentro uno spazio angusto e autoreferenziale. E anche, guardare in un’altra direzione, distante dalle politiche che producono crescente disuguaglianza, per costruire una società che si sviluppi nell’uguaglianza, nella sicurezza sociale, nel coinvolgimento di tutti, e che non consenta gli incredibili livelli di povertà e diseguaglianza che stanno diventando sempre più diffusamente intollerabili.

Quindi, bisogna aver chiaro cosa bisogna coltivare con dedizione: l’uguaglianza contro le diseguaglianze, i diritti contro i privilegi, la giustizia contro le ingiustizie, la libertà contro ogni forma di autoritarismo, la pace contro la guerra, l’ambiente contro la sua riduzione (diretta o indiretta) a semplice merce, il welfare contro la sua trasformazione in mercato, i beni comuni contro le privatizzazioni. Alcune di queste posizioni chiamano in causa anche la dimensione locale, il territorio, come principale volano della democrazia e delle politiche: così da configurare una nuova nervatura orizzontale della politica in opposizione ai processi di verticalizzazione. L’opinione pubblica, infatti, non si governa con ruggiti di opinione personale, ma con strutture e strategie ben articolate. Alcuni temi tradizionali, indubbiamente, vanno accuratamente aggiornati e adeguati avendo come fine una società che punti al benessere condiviso, alla giustizia per tutti, e per evitare il paradigma sfrenato del controllo e della guerra per garantire solo i privilegi dei pochi.

Consapevoli peraltro che la nostra identità primaria è ecologica, dobbiamo saper coltivare e trasmettere la responsabilità verso il luogo particolare da cui proveniamo e, insieme, la consapevolezza di essere parte di un’umanità comune, che condivide lo stesso pianeta.

Coerenza, chiarezza, storia, comprensione, identità. Questi alcuni suggerimenti per un pensiero strategico e di prospettiva, che consenta di fare politica rappresentando una parte ma avendo a cuore gli interessi generali. Poiché le parole sono veicoli del pensiero e strumenti di azione è necessario infondere fiducia mediante la nostra politica e impegnarsi sempre più a cambiare il modo in cui facciamo le cose per cambiare il nostro Paese. Anche mediante una politica che sia più gentile, più inclusiva, verso una società più premurosa e cordiale.

Che fare, allora? Soprattutto di fronte alla crescita diffusa dei movimenti cosiddetti populisti, xenofobi e nazionalisti che oggi sembrano prefigurare la soluzione più efficace alle trasformazioni. Non negando che: la globalizzazione non controllata, le guerre, i flussi migratori, le trasformazioni del lavoro provocano paura e insicurezza; proprio per questo il compito della sinistra dovrebbe essere di trasformare anche le molteplici paure in una spinta verso il cambiamento positivo. Questo implica anche la capacità di farsi capire e di trovare una sorta di legame sentimentale con le profonde speranze delle persone e le loro intense aspirazioni. Riscoprendo, così, un modo di parlare diretto e onesto.

Diamoci da fare, pertanto, per riportare i valori nella politica. Tornando a riempire di significati puntuali quelle parole che sono diventate opache visioni lessicali. Ritrovando il consenso e la condivisione di quelle persone che avvertono fortemente la necessità di liberare se stesse e il Paese dalle persistenti ingiustizie  e dalle continue lacerazioni e cui porta l’attuale assetto della società.

Concludo questo mio articolo proprio citando Papa Francesco: ‘peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla’.

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