di Roberto Bertoni.

Il dramma è che lo sanno tutti. Tutti sanno cosa bisognerebbe fare e tutti, o quasi, hanno stima per l'unico vero politico rimasto, ossia il presidente Mattarella, il quale da due mesi si danna l'anima nel tentativo di far comprendere a questa incommentabile classe dirigente che non si può andare avanti così.
Sanno tutti che la pazienza dei mercati sta finendo, che la speculazione finanziaria rischia di travolgerci e che, per quanto Draghi sia un italiano da esportazione, innamorato del proprio Paese, non potrà ancora a lungo supplire alle nostre mancanze e, in particolare, al poco o nullo senso di responsabilità di leader smaniosi unicamente di mettersi in mostra e capaci solo di spendersi in campagna elettorale.
Sanno tutti che andremo a sbattere, che tornare alle urne in autunno significherebbe spalancare le porte alla Repubblica di Weimar e che, dati i tempi, non è detto che non possa succedere ciò che oggi non vogliamo nemmeno ipotizzare.
Allo stesso modo, nel PD lo sanno tutti che il problema si chiama Matteo Renzi e che o si fa saltare questo tappo o quel partito sarà morto per sempre. Anzi, diciamo che quel partito è già morto da anni e ormai è in avanzato stato di decomposizione. È morto la sera del 19 aprile 2013, quando centouno personaggi di varia provenienza hanno abbattuto Prodi per abbattere Bersani e spalancare le porte alle larghe intese con Berlusconi e ad una legislatura che anziché costituente, si è rivelata tragica. È morto per aver dato retta ai molteplici fautori del governissimo, evidentemente ignari del fatto che l'Italia non è la Germania e che anche da quelle parti l'SPD, a furia di piegarsi ai desiderata della Merkel, è riuscita nell'impresa di far sembrare la cancelliera Rosa Luxemburg, al punto che ormai la gloriosa socialdemocrazia tedesca è prossima, a sua volta, all'estinzione.
Sanno tutti che i cinque anni appena trascorsi sono stati una catastrofe, in quanto una legislatura basatasi per intero sul tentativo di stravolgere la Carta era, per forza di cose, una legislatura destinata a segnare irrimediabilmente la vita politica e il percorso democratico del Paese, fino a deviarlo e consegnarlo nelle mani di quei "populisti" cui mai lo si sarebbe dovuto consegnare.

Sanno tutti che la sostituzione di Letta con Renzi è stata una vergogna di dimensioni mondiali e che se c'è un errore da imputare all'attuale rettore di Sciences Po, è quello di non essersi fatto sfiduciare in Parlamento, avallando una soluzione che poteva andare bene nell'Unione Sovietica di Stalin, retta da un solo partito, ma non in una democrazia occidentale, dove mai la DC si è permessa di svilire o scavalcare il Parlamento.
Sanno tutti che un percorso politico iniziato a colpi di hashtag e gomitate non poteva che finire così, come sanno tutti chi sia Renzi, cosa voglia davvero e cosa sia disposto a fare pur di ottenerlo.
Sanno tutti che il PD è morto e sepolto, che il nostro eroe vuole dar vita ad un soggetto centrista in stile Macron e provare a raccogliere quella parte dell'elettorato di Forza Italia che non condivide la linea lepenista di Salvini.
Sanno tutti che la Direzione del PD di giovedì non ha alcun senso, in quanto gli anti-renziani dell'ultim'ora, i Martina e i Franceschini, sono troppo logori e coinvolti nel renzismo per risultare credibili: dovevate svegliarvi prima, ragazzi miei, ormai è tardi e la vostra vecchia base, che un tempo vi avrebbe dato man forte, non vi segue più in quanto non si fida più di voi.
Sanno tutti che presto si andrà a votare e che sarà un ballottaggio fra Lega e 5 Stelle, a colpi di populismo, demagogia, promesse mirabolanti e irrealizzabili e annunci a sfascio, alcuni dei quali pericolosi per la tenuta e la collocazione internazionale del Paese.
Sanno tutti che il vero problema non è che Renzi sia antipatico ma che i suoi provvedimenti si sono rivelati deleteri per milioni di persone, dunque l'unico programma politico possibile per una qualunque forza di sinistra non potrebbe che essere il suo smantellamento in blocco, fatti salvi quei pochi e flebili passi avanti compiuti sui diritti civili.
Sanno tutti, mi spiace dirlo ai miei amici di LeU, che non sarà certo un'unione fra Bersani e Cuperlo, ossia due galantuomini, a restituire linfa e prospettive alla sinistra: un soggetto del genere posso votarlo io, e se si presentasse lo farei, ma non certo un mio coetaneo, cui di questi politicismi e di queste unioni alla disperata interessa poco o nulla.
Sanno tutti che non ci sarà alcun congresso nel PD e che, se pure dovesse celebrarsi, somiglierà tanto alle primarie del 30 aprile 2017, sia nelle modalità che nell'esito, pertanto mi spiace ma non parteciperò ad alcuna riunione della minoranza dem, a meno che l'ordine del giorno non sia quello di abbandonare i responsabili di questo disastro al proprio destino.
Sanno tutti che stavolta il rischio è altissimo, che la non politica genera mostri e che servirebbe una nuova classe dirigente di ben altra levatura morale e culturale, ma nessuno sembra intenzionato a costruirla. E lo spettro è che le nuove leve che stanno cominciando ad emergere riescano nell'ardua impresa di farci rimpiangere gli attuali alfieri del nulla, forgiati da Facebook e pronti a cimentarsi sul campo di battaglia di Twitter.  
Sanno tutti che non contiamo più nulla a livello mondiale, in una stagione nella quale l'Europa e il mondo avrebbero, invece, un disperato bisogno di noi.
Sanno tutti che le decisioni rilevanti si prendono fra Trump, Macron, la May, la Merkel e gli arrembanti protagonisti d'Oriente, oltre al solito, immarcescibile Putin, mentre l'Italia è considerata ormai buona per la pizza e il mandolino, in spregio alla nostra posizione geografica e ad una tradizione di politica estera che ha avuto interpreti di primissimo livello, compresi alcuni ambasciatori noti e stimati in tutto il mondo.
Sanno tutti che stiamo galleggiando sul vuoto e annegando nella melma della nostra ignavia ma avessimo visto un solo esponente politico determinato a porre rimedio a questa barbarie. L'unico, ribadisco, è Mattarella, che per fortuna Renzi è stato costretto ad eleggere al Colle e che ora sta cercando in ogni modo di tenere a bada i furori deleteri dell'uomo di Rignano, di Salvini e di un Di Maio che non è riuscito e non riuscirà mai ad emanciparsi del tutto dalle origini anti-sistema del soggetto politico di cui è alla guida.
Sanno tutti che abbiamo superato il punto di non ritorno ma regna ovunque una sorta di beata incoscienza. Al che mi domando se a qualcuno non stia cominciando a passare per la mente la bizzarra idea che, tutto sommato, un "Uomo della Provvidenza" non sarebbe poi così male...

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