di Tommaso Montanari - HuffingtonPost.

Vista dal basso e da fuori, la questione della Sinistra si traduce in una domanda semplice quanto angosciante: per chi voterei, se si votasse oggi?

Milioni di elettori di sinistra – cioè milioni di persone convinte che così non si possa andare avanti, e che occorra una immediata inversione di rotta, in direzione dell’uguaglianza e della giustizia sociale – si fanno questa domanda, e si rispondono con un silenzio che prelude ad un’astensione di massa, temperata da un spostamento elettorale (sempre meno convinto) verso il Movimento 5 Stelle.

Domanda: dalle giornate milanesi di Articolo 1 – MdP arriva qualche novità capace di modificare questo quadro? Risposta: no. Per tre ragioni.

La prima: si continua a immaginare un centro-sinistra, cioè una formazione moderata e neoblairiana, quando è evidente che le politiche centriste e moderate hanno partorito una diseguaglianza ferina, e una terribile infelicità generale. Solo una sinistra-sinistra (e non già un centro-sinistra) può portare al voto i milioni di giovani che il 4 dicembre hanno battuto un gran colpo per dire No.

La seconda: la leadership di Giuliano Pisapia (il sindaco dell’Expo e un uomo del Sì al referendum costituzionale) è il sigillo di questa ennesima versione del centrismo. E infatti Pisapia continua a predicare il dovere di un’unità col Pd renziano: che per una sinistra vera è indistinguibile (politiche alla mano) da qualunque centro-destra liberista europeo.

La terza: è diffusa la sensazione di una certa confusione tra mezzi e fini. Come se la principale preoccupazione dei pezzi di sinistra che provano ad unirsi fosse quella di garantire un futuro materiale ai loro apparati. Quasi che l’obiettivo primario sia cercare di andare in Parlamento: e non cercare di capire a cosa servirebbe andarci.

Se le cose marceranno così, milioni di cittadini di sinistra non andranno a votare (o voteranno il Movimento 5 Stelle). L’unica cosa capace di riportarli alle urne e di farli votare a sinistra sarebbe una grande lista civica nazionale: di sinistra, ma senza contenere gli apparati della sinistra. Una sorta di edizione nazionale di ciò che si sta, felicemente, tentando in molte città in vista delle amministrative di giugno: per esempio a Padova.

Intervistata da MicroMega, Anna Falcone ha prospettato qualcosa di simile. Io non credo che potrebbe essere (nemmeno nel nome) un partito della Costituzione (perché la Costituzione, come la nazione, è di tutti), ma è indubbio che il popolo del 4 dicembre è disperatamente in cerca di qualcosa da poter votare.

Una grande civica nazionale di sinistra-sinistra, partorita nella società civile e decisa a cambiamenti radicali. Potrebbe essere una strada: anzi, se le cose a sinistra continuano ad andare così, potrebbe essere l’unica.

La risposta di Simone Oggiorni – 22 maggio 2017 (http://www.huffingtonpost.it/simone-oggionni/caro-montanari-hai-fatto-un...)

Caro Montanari, hai fatto una frettolosa stroncatura della nostra conferenza programmatica

Stimo Tomaso Montanari e lo ritengo da tempo una risorsa importantissima, sia per la sinistra italiana che per il pensiero critico che muove e mobilita in questo paese.

Però il suo ultimo post per l’Huffington non mi convince: più che un’analisi (come quelle a cui ci ha abituato) sembra una frettolosa stroncatura della nostra conferenza programmatica.

Montanari in sostanza dice quattro cose: che noi continuiamo a immaginare “una sinistra moderata e neoblairiana”; che la “leadership di Pisapia è il sigillo di questa ennesima versione del centrismo”; che la nostra “principale preoccupazione” è “andare in Parlamento per garantire un futuro materiale ai [nostri] apparati”; e che, infine, l’unica possibilità che abbiamo è costruire “una grande lista civica nazionale senza gli apparati della sinistra”.

Dice quattro cose e dice, a mio modestissimo parere, quattro cose sbagliate.

La prima. Abbiamo detto in tutte le salse e in tutti gli interventi – soprattutto quelli nei gruppi di lavoro programmatici del sabato, che sono stati il cuore della tre giorni, perché hanno riempito il contenitore di contenuti decisivi, sulla scuola, l’ambiente, il lavoro, la legalità, il welfare – che vogliamo ricostruire una sinistra di governo. Cioè una sinistra radicale nei contenuti ma in grado di pensarsi come forza concreta di governo per il cambiamento. Anche chi parla di centrosinistra lo fa in nome di una discontinuità radicale rispetto al moderatismo e al blairismo. Non ho sentito nessuno proporre vie moderate e neo-blairiane.

La seconda. La leadership del movimento è oggi una leadership plurale ed è prontissima a essere integrata da figure, a partire da quella di Giuliano Pisapia, che condividono con noi questo orizzonte. Vediamo cosa succederà nelle prossime settimane, ma in ogni caso la leadership o le leadership andranno decise all’interno di processi democratici. In nessun caso, il centrismo non è all’orizzonte.

La terza. Mi pare ingeneroso liquidare il tentativo che si sta compiendo – e che coinvolge già oggi migliaia di militanti in tutta Italia – nei termini di un progetto elettorale utile a garantire un futuro materiale ai nostri apparati. Mi sembra ingeneroso e – me lo si consenta – scorretto, anche per l’implicito giudizio di valore che si affibia agli apparati. Forse sarebbe utile imbastire con serietà un ragionamento sulla politica, l’antipolitica, le suggestioni populistiche, la banale demagogia, e i suoi rapporti con la sinistra italiana ed europea.

La quarta. Sono troppo giovane per potere insegnare alcunché, ma non così giovane da non avere memoria. Negli ultimi dieci anni in diversi abbiamo attraversato e accarezzato più volte suggestioni simili, che erano fondate su di una contrapposizione binaria tra partiti e società civile. La sinistra fa schifo. Viva i professori. La politica ha perso. Viva la società civile. Gli apparati hanno ucciso la sinistra. Viva la lista civica degli intellettuali.

Con i professori, la società civile e gli intellettuali ad occupare il posto dei politici, dei partiti e degli apparati. Ma con risultati abbastanza simili. Non era quello il punto. Non è proseguendo nel dualismo che si introduce la svolta necessaria.

Il problema, forse, è più profondo. E ha bisogno di una soluzione che viva di cultura e di esperienza pratico-politica, di organizzazione e di legami sociali, istituzionali, associativi. Di contenuti, di posizionamenti corretti e di lungimiranza strategica. Cioé di una cosa seria che insieme a Montanari, per esempio, potremmo fare. Perché apprezziamo il lavoro di Montanari, sia perché è una risorsa in sé sia perché sappiamo di non essere autosufficienti. Generosità ed apertura. Non il bisogno di liquidare ciò che ciascuno di noi sta provando a mettere in piedi nell’interesse di tutti, della sinistra, del Paese. Guardiamo avanti insieme.

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