di Roberto Bertoni.

Molto si è parlato, in questi giorni, di quanto sia stata bella e suggestiva la parata del 2 giugno, con il paracadutista della Folgore che atterra con una bandiera da quattrocento metri quadri, pesante trentacinque chili, e una sfilata straordinaria dell'eccenza italiana in campo militare e solidale.
E molto si è giustamente parlato anche della gioiosa piazza grillina che la sera ha applaudito i propri beniamini, ormai divenuti parlamentari e ministri, dopo anni trascorsi a battersi per i propri ideali e a contrastare le idee e l'operato dei governi che li hanno preceduti.
Per tracciare un giudizio su questo nuovo esecutivo, che non ci piace, sia chiaro fin da subito, ma verso il quale intendiamo mantenere comunque un atteggiamento equilibrato e non pregiudiziale, criticandolo di volta in volta in base a ciò che in concreto farà o non farà, aspettiamo che i fumi della propaganda si dissolvano e che i primi provvedimenti prendano il posto dei proclami altisonanti. Certo, se questo esecutivo e la maggioranza che lo supporta dovesse avere per intero il volto di Salvini, che ieri si è permesso di parlare di "pacchia" a proposito dei disperati che fuggono dalla miseria e dalla guerra, in condizioni che il nostro evidentemente ignora nella maniera più assoluta, se questo esecutivo dovesse avere soprattutto il suo volto repressivo e securitario, allora la nostra opposizione sarebbe durissima.
Allo stesso modo, se l'operato di Di Maio e del M5S dovesse limitarsi all'incostituzionale abolizione dei vitalizi e all'attacco alle pensioni superiori ai 5.000 euro, non esiteremmo a definirli inadeguati a governare e a contrastatarli con il dovuto vigore.
Non saremo morbidi, non lo siamo mai stati nei confronti di nessuno. In questo spazio, sia chi scrive che i lettori hanno sempre esercitato un fortissimo spirito critico che non potrà che rafforzarsi nei prossimi mesi, al cospetto di un'avventura dai tratti bizzarri e, in alcuni casi, potenzialmente pericolosi, data l'inesperienza dei suoi interpreti e la contraddittorietà delle loro posizioni.
Saremo certamente all'opposizione di Fontana, il quale ha esordito proclamando che le famiglie arcobaleno non esistono e mettendo così in discussione i pochi passi avanti compiuti nella scorsa legislatura sul versante dei diritti civili. E faremo di tutto per impedire alla Grillo di rendere non obbligatori i vaccini, poiché abbiamo a cuore non solo la salute dei nostri bambini ma anche quella della comunità nel suo insieme. E anche sul ministro Tria, grande amico di Brunetta e, a quanto pare, intenzionato a far scattare l'aumento dell'IVA per reperire risorse per la flat tax, ossia a far pagare ai più deboli gli sgravi fiscali ai più forti, non saremo certamente teneri.
Saremo all'opposizione, siamo abituati, e la gradueremo in base ai decreti e ai disegni di legge che governo e maggioranza vareranno di volta in volta, mantenendo un atteggiamento laico e repubblicano, senza gridare al nazismo ma senza neanche ridurci al silenzio come vorrebbe la parte più intransigente del mondo pentaleghista.
Infine, sulle nomine vigileremo con cura, a cominciare dalla RAI, in quanto l'intenzione di questi signori non ci sembra quella di dirigersi verso il modello BBC tanto invocato in vari comizi, pertanto staremo all'erta e li incalzeremo, chiedendo soprattutto al M5S di mantenere le proprie promesse e di seguire la linea politica che tre anni fa li indusse a votare Carlo Freccero per il CdA.
Tutto ciò premesso, ed era un dovere di cronaca, immaginate per un istante cosa sarebbe accaduto sabato e nei giorni precedenti e successivi se al Quirinale non ci fosse stato un uomo del calibro di Mattarella.
Immaginate la piazza grillina ribollente di rabbia, slogan furiosi e richieste di messa in stato d'accusa all'indirizzo del Capo dello Stato.
Immaginate la parata del 2 giugno, anch'essa carica di rabbia, con un Gentiloni esausto e blindato per sottrarsi all'incontro con la folla e i ministri del suo governo, ormai dimissionario, ad assistere mestamente ad una sfilata senza felicità, con la testa altrove e il pensiero rivolto ad una campagna elettorale che sarebbe stata devastante.
Immaginate lo spread che galoppa verso i 400 punti e oltre, i tassi d'interesse che si alzano repentinamente, la campagna di fuoco in vista del voto di domenica 29 luglio, con mezza Italia meritatamente sdraiata sulle spiagge, gli appelli e i contro-appelli, le liste elettorali da comporre nuovamente e una legislatura fallita prima ancora di nascere.
Immaginate le riunioni frenetiche dei vari partiti, la sinistra al collasso, il M5S e la Lega pronti a dar vita al ballottaggio previsto dal fu Italicum, le urla sguaiate dei vari pretoriani, le grida stentoree dei leader, l'assalto virtuale alle istituzioni e alla democrazia, lo sfinimento e il senso di pesantezza che avrebbero aleggiato pressoché ovunque.
Immaginate un'Italia sospesa, impazzita, livida, in preda ad una guerra civile a bassa intensità e poi osservate, invece, i sorrisi, gli sguardi e la serenità dei cittadini che hanno gremito i Giardini del Quirinale aperti a tutti, le mani strette dal neo presidente Conte, i sorrisi ricevuti e quelli elargiti, il senso di normalità che si respira e la possibilità di tornare a confrontarsi civilmente dopo tre mesi trascorsi in apnea e due anni ininterrotti di campagna elettorale.
E rendetevi conto che tutto questo è stato possibile perché al Colle c'è, grazie a Dio, un uomo che ha agito più da professore e da papà che da presidente, comprendendo persino le ragioni di chi lo ha aggredito in maniera indegna e superando i comprensibili dissapori, dopo aver sventato ogni ricatto e ogni possibile minaccia per la tenuta dei conti pubblici e della Nazione nel suo insieme.
Se oggi possiamo dirci oppositori nel contesto di una proficua dialettica democratica, anziché esserci avviati lungo la rotta infernale di un'estate da far impallidire quella devastante del 2011, è perché al Quirinale c'è un degno allievo di Moro, convinto che tutte le forze politiche, comprese quelle più distanti dalle sue idee e dalla sua visione del mondo, debbano essere incluse nel gioco democratico, accolte e capite, giudicate sulla base dei fatti e non delle suggestioni o delle proprie opinioni personali nei loro confronti.
Se oggi il M5S non ha più alibi, in quanto non potrà più dire che qualcuno voglia impedire loro di governare, e dovrà finalmente confrontarsi con la complessità del reale, dopo essere stato saldamente ancorato, al pari della Lega, al quadro di alleanze internazionali dell'Italia e al suo ruolo storico in Europa e nel mondo, è perché al Quirinale c'è Mattarella e non qualcun altro che magari, anche legittimamente, avrebbe compiuto scelte diverse ed impedito al Paese di evolversi e di crescere, sia pur passando attraverso un'esperienza che potrebbe rivelarsi dolorosa e regressiva.  
Si cresce anche grazie al dolore e alla sofferenza, anzi soprattutto così: questo Mattarella e i pochi morotei rimasti lo sanno benissimo. È arrivato il momento che lo imparino anche gli altri, sia che si trovino al governo sia che si trovino momentaneamente all'opposizione.

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