La sforbiciata di 115 senatori e di 230 deputati - per un totale di 345 eletti in meno, pari al 36,5 per cento! - è, semplicemente, un drastico taglio del Parlamento e, dunque, un duro colpo alla democrazia rappresentativa.
Per questa ragione Pd e Italia viva in un primo momento avevano votato contro, salvo poi convertirsi al sì per formare il governo con i 5Stelle, a riprova che per loro i principi valgono niente.
Oltre a questo, la questione forse più scandalosa è l’accorpamento - per la prima volta - del referendum alle elezioni regionali e amministrative del 20-21 settembre, che coinvolgono  7 regioni e circa mille comuni, essendo evidente che il quesito referendario verrà risucchiato dai temi locali.
Perciò l’accorpamento è del tutto incostituzionale, come evidenziato nel ricorso alla Consulta presentato dai 71 parlamentari del Comitato per il No.
Essendo confermativo, il referendum non necessita di quorum: è valido anche se vota una percentuale esigua di cittadini.
I 5Stelle, nel loro luddismo antidemocratico, presentano il taglio come un vistoso risparmio di spese. Carlo Cottarelli ha invece dimostrato che si ridurrebbe solo lo 0,007 per cento della spesa pubblica.
I sondaggi dicono che, allo stato attuale, solo una minoranza degli elettori sa che c’è il referendum e i sì al taglio sono in maggioranza. 
Ragione in più perché ogni sincero democratico si attivi, nonostante il solleone, in modo che il No possa prevalere.
La partita è aperta e sta a ciascuno di noi determinarne l’esito. Fermare l’aberrazione è possibile.
Speriamo che la Corte costituzionale rinvii il referendum a dopo il voto amministrativo.
È comunque bene non rinviare l’impegno per il No.

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