di Luigi Vinci.

La natura ontologica del “caso” nei processi della società, stando al neomarxismo dell’ultimo Lukács.

Non ho niente da aggiungere o da specificare riguardo a quello che già tutti sanno della guerra politica irresponsabile operata dal capo di Italia Viva Matteo Renzi, che può mettere in ginocchio rovinoso il nostro paese, e può anche portare a una crisi di orientamento dell’UE, per esempio alla sospensione dei provvedimenti UE per l’Italia, tutti o in parte. Voglio invece suggerire di avere sempre presente nei nostri ragionamenti la possibile casualità dei fatti, che spesso si intreccia ai processi politici, li ferma, li spinge, li dirotta, e di fare ciò soprattutto quando operati da leader narcisisti, autoritari, affetti da pulsioni di onnipotenza, come tali incapaci di valutazione oggettiva della realtà che affrontano, degli effetti oggettivi dei loro comportamenti, quindi, dei loro danni, ecc.

Naturalmente i danni di tutta questa fenomenologia possono essere di portata o di gravità molto diverse. Il grosso dei politici in questione è fatto di borderline capaci solo di danni relativamente modesti. Sul versante opposto ci sono figure marcatamente malate e tremendamente pericolose del tipo degli attuali Trump, Bolsonaro, Erdoğan. In mezzo quanto a pericolosità ci sta la quantità notevole dei borderline narcisisti e megalomani: vedi oggi, in Italia, Salvini e Renzi.

Una loro variante è costituita da sadici sessuali o, più di rado, ma ben presenti in politica, da sadici “non sessuali”.

Al polo opposto c’è la pletora enorme, la “base”, delle personalità autoritarie subalterne, adoratrici dei capi, portate a rivalersi contro persone o realtà impossibilitate a difendersi.

La storia del mondo ha continuamente offerto disastri immani dovuti alla tipologia di figure narcisiste e autoritarie ecc. di comando.

Lo psicologo e psicoanalista Erich Fromm, personaggio di grande rilievo entrato a far parte nel 1930 della prima Scuola di Francoforte, caratterizzò la “mentalità autoritaria” come portatrice di pulsioni di onnipotenza, quindi, della passione per l’esercizio di un controllo assoluto e illimitato su altre persone (o anche su animali): si veda il suo grande scritto “Anatomia della distruttività umana”, 1973. Avete in mente lo show di Renzi ieri sera? Ha parlato quasi solo lui, ha risposto solo lui ai giornalisti, le due ministre ai suoi fianchi sono state mute lungo quasi tutto lo show, hanno fatto verso le fine brevissimi interventi. Fa vergogna il fatto, aggiungo a latere, che le televisioni di stato abbiano fatto ascoltare solo le dichiarazioni di Renzi, evidentemente opinando che le due ministre non contassero nella vicenda un fico secco, dimissioni dai loro ruoli di governo comprese. Non mi fa meraviglia un tale fatto, i nostri media sono spesso quella roba lì, partecipati da personalità subalterne ai portatori di potere.

Sarebbe sommamente utile l’“inserimento” nel discorso politico pubblico italiano di categorie analitiche attinte dalla psichiatria. Tuttavia, a chi affidarsi? La politica professionale è densa di borderline, e così il giornalismo attuale. La nostra sanità non ha soldi. Chi si occupa di scuola sarebbe utile che provasse a portare questa materia a cognizione dei ragazzi, degli adolescenti, dei più giovani adulti: figure istintivamente portate a ragionare di “giustizia” e a rivendicarla.

La prima Scuola di Francoforte esordì, a suo tempo, con un’analisi pluridisciplinare del fenomeno nazista, collocando in prima fila tra le matrici del suo esplosivo sviluppo la “mentalità autoritaria” della popolazione maschile della Germania. Una formidabile classe operaia, uscita armata e andata al potere, assieme ai soldati in rivolta, a seguito della sconfitta della prima guerra mondiale, ma fratta in due tra socialdemocratici e comunisti entrambi armati crollerà molto per via di questa mentalità. Il partito nazista si era chiamato Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi, aveva inventato gli ebrei come responsabili della sconfitta, aveva avviato una politica di sussidi sociali e di creazione di posti di lavoro, aveva tenuto a casa le donne a fare figli per le future guerre della nazione tedesca: e rapidamente una grande classe operaia aderirà al nazismo, poi gli consegnerà i propri figli quando cominciò la seconda guerra mondiale (non mancò ovviamente a rinforzo di tutto questo il terrorismo di stato nazista).

La catastrofe della rivoluzione socialista russa anni venti fu il prodotto, in un contesto estremamente condizionato da una lunga terribile guerra civile e dalla centralizzazione progressiva del potere nella figura di un paranoico (di un “sadico non sessuale”), Iosif Stalin. A proposito del “caso”: Lenin morrà, purtroppo, all’inizio del 1924, mentre tentava di escludere Stalin dal potere, data la sua brutalità, di Segretario politico e organizzativo del Partito Comunista Russo (Sovietico). Un Lenin vivente non avrebbe consentito la socializzazione forzata delle campagne e, con essa, lo sterminio o la deportazione di decine di milioni di contadini: un fatto storico orribile che infangò il comunismo, rovinò lo sforzo di riscatto di centinaia di milioni di donne e uomini delle classi popolari, e di cui tuttora Russia e soprattutto Ucraina e Caucaso soffrono residui importanti.

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