L'annuncio di 340 esuberi/licenziamenti (?) alla Perugina da parte della Nestlè, oltre che l'inaccettabile rottura degli accordi già stipulati con i sindacati dei lavoratori, è il possibile preludio, certamente drammatico, di nuovi processi di delocalizzazione delle produzioni, se non addirittura la messa in discussione della esistenza stessa della fabbrica a Perugia.
E' necessario inchiodare la multinazionale Nestlè alle proprie responsabilità industriali e sociali nei confronti della nostra città e del suo territorio.
Occorre definire un nuovo accordo tra le parti, che coinvolga il governo nazionale e tutte le istituzioni locali, per un progetto di sviluppo attraverso un piano industriale che preveda un significativo ampliamento delle produzioni (che grave errore aver concesso nel corso degli anni la fuoriuscita di tante produzioni, comprese ultimamente, quelle della caramella Rossana e di Ore Liete), l'aumento dei volumi, la stabilizzazione del personale, il pieno utilizzo degli impianti e dei locali dello stabilimento di S.Sisto.
Ormai 'le chiacchiere stanno a zero', se si vuole impedire un ulteriore forte ridimensionamento o addirittura la dismissione della Perugina, intanto è necessario che le istituzioni affermino con nettezza che la fabbrica non potrà essere convertita in un nuovo ipermercato e che non sarà permessa nessuna speculazione urbanistica ed edilizia a S.Sisto.
Detto questo, oltre la Regione dell'Umbria è auspicabile che anche il Comune di Perugia 'batta un colpo', in difesa della fabbrica e dei livelli occupazionali, c'è da augurarsi che un giorno i perugini non debbano dire:" la giunta comunale sfilava in corso Vannucci, vestita in maniera bizzarra, mentre la nostra Perugina moriva".

STEFANO VINTI
Ass.culturale Umbria Left

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