di Stefano Gallieni - TrasformItalia.

La definizione degli incarichi e della composizione intera della nuova Commissione Europea, organo decisionale supremo dell’UE e che quindi assumerà gran parte del reale potere decisionale per i prossimi 5 anni, segna inequivocabilmente una svolta a destra. Ursula von Der Leyen, dopo aver rassicurato con messaggi inclusivi, le forze che potevano appoggiarne la candidatura, ha composto una squadra in cui sembrano prevalere i falchi e in cui anche le denominazioni degli incarichi non aprono a facili speranze. Un esempio lampante, che funge da cartina di tornasole, riguarda la gestione che si va proponendo della questione migranti e rifugiati”. A occuparsene sarà soprattutto Margaritis Schinas, greco ed esponente di spicco di Nea Demokratia (partito uscito vincente dalle recenti elezioni) che avrà il titolo di “Commissario per la Protezione dello stile di vita europeo”. La definizione ha irritato non solo la sinistra europea ma i rappresentanti istituzionali di numerosi paesi extraeuropei. Von Der Leyen ha giustificato tale denominazione con la volontà di garantire a tutti una “Europa dei diritti e della libertà”, in realtà appare da una parte come l’ennesima concessione all’ala più conservatrice della coalizione che l’appoggia (nel Partito Popolare Europeo è stata sostenuta anche da Orban), dall’altra come la conferma di un approccio repressivo e proibizionista nei confronti di chi cerca di entrare in Europa. Certo, per dare il classico colpo al cerchio a cui segue quello alla botte, Ursula von Der Layen, ha riparlato della necessità di rivedere il Regolamento Dublino III e probabilmente anche dal vertice dei Capi di governo che si terrà a Malta il 23 settembre prossimo, dovrebbero uscire novità per avere da subito una maggiore ripartizione dei profughi fra i 27 paesi, con incentivi per chi accoglie e sanzioni per chi rifiuta, ma è chiaro a chiunque che lo “Stile di vita europeo”, non è messo a rischio da poche centinaia di persone che arrivano ogni mese. Il segnale è di propaganda pura per contrastare, usando le stesse logiche comunicative, coloro che da destra parlano di “sostituzione etnica” e di rischio di “islamizzazione” del continente. Ma, come si diceva, questo è solo uno degli aspetti più eclatanti. Dei 26 commissari nominati, 8 sono vicepresidenti e di questi 3 hanno un ruolo fondamentale. Si tratta della danese Margrethe Vestager, dell’olandese Frans Timmermans e del lettone Valdis Dombrovskis…

Quest’ultimo sarà la persona a cui dovrà far riferimento il Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, nominato per l’Italia. Un ruolo insomma sotto tutela reso invece determinante nei media italiani. Vestager, poco amata dai colossi informatici statunitensi a cui, quando era nello staff di Juncker, ha fatto erogare multe clamorose (4,3 mld a google nel luglio 2018) appartiene ad un partito che se nel nome “Sinistra Radicale” fa pensare ad una
organizzazione vicina, nel suo paese si colloca nell’alveo liberale, in nome della difesa delle aziende europee e delle regole stabilite, da tempo ha nel mirino la russa Gazprom e tutti gli altri giganti che possono compromettere il ruolo delle imprese nostrane. Ovviamente questo non garantisce nulla a chi in Europa lavora e che vede continuamente decrescere il potere contrattuale dei propri salari. Più noto Frans Timmermans, olandese, eletto nel gruppo S&E che lo ha candidato, perdendo, alla presidenza della Commissione, dovrebbe occuparsi di “Green deal europeo” e nelle prime dichiarazioni si è presentato con un ambizioso programma per eliminare la plastica nel continente, ridurre il climate change, incrementare la riconversione ecologica della produzione e garantire un salario minimo a chi lavora. Dovrebbe rappresentare insomma il volto “di sinistra” della Commissione. Sylvie Goulard, francese, proposta da Macron, incarna nvece quelle che sembrano essere le prospettive future della politica europea. Responsabile del “Mercato interno”, quindi lavorando in collaborazione con Margrethe Vestager, l’ex vicepresidente della Banca di Francia avrà il compito di tenere insieme lo sviluppo dell’industria digitale e sarà responsabile della nuova direzione generale dell’Industria della difesa e dello spazio.

Il complesso militare/industriale avrà insomma un’unica centrale di comando che dovrà operare in competizione con gli omologhi statunitensi e cinesi. In definitiva il tentativo, tutto politico ed economico è quello di risolvere le grandi contraddizioni che attraversano l’UE dopo troppi anni di politiche di austerità e mentre si manifesta la problematica situazione tedesca, provando a rafforzare una idea di potenza europea. Per taluni, soprattutto nelle forze liberali e socialiste, è l’unica strada da battere per sconfiggere i nazionalismi di stampo protezionista che si stanno rafforzando nei singoli paesi, per altri, soprattutto i popolari, è una strategia di fondo per riadeguare l’identità stessa dell’UE alla luce dei mutamenti geopolitici mondiali.

Scarsissima in questo quadro, l’attenzione ai bisogni di quella parte consistente della popolazione europea, autoctona o immigrata, che ha pagato e sta ancora pagando duramente politiche fallimentari che hanno soltanto incrementato i profitti dei colossi economico finanziari. Insieme all’ambiente, la povertà in Europa dovrebbe divenire il reale allarme sociale, altro qualche arrivo dalla Libia, il fattore che potrebbe contribuire tanto ad una disintegrazione quanto ad una ennesima crescita dei nazionalismi e dei particolarismi. Ci sono bisogni inevasi che possono trovare risposta unicamente in una nuova e più energica azione di una sinistra di alternativa in Europa, di cui oggi il GUE/NGL è l’espressione parlamentare ma che in questa non si può totalmente riassumere, in cui il lavoro deve tornare centrale – fondamentali saranno le posizioni che assumeranno le organizzazioni sindacali – e in cui non c’è più spazio per una divaricazione Nord/Sud, macroregioni ricche/macroregioni destinate a divenire sempre più povere. Una sfida globale insomma da raccogliere.

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