di Alfonso Gianni - Eccoci settimanale di Jobsnews online.

Dopo avere sfondato il muro dell’assurdo con la sua esclusione per mancanza di copertura finanziaria, ritorna in vita l'emendamento al decreto fiscale, uno degli assi portanti della manovra economica del governo. Come è noto l’emendamento a prima firma Boldrini, seguita da uno schieramento di deputate bipartisan, prevede l'applicazione dell'aliquota Iva ridotta al 10%, invece di quella al 22% attualmente in vigore, su tutti i prodotti sanitari e igienici femminili, quali tamponi interni, assorbenti igienici esterni, coppe e spugne mestruali. Secondo le stime l’emendamento avrebbe un costo annuo di 97 milioni di euro. Una cifra tutt’altro che proibitiva. La riammissione ovviamente nulla garantisce rispetto all’approvazione dell’emendamento, nel merito del quale la commissione Finanze della camera deve ancora entrare. Nulla è deciso, quindi.
Tranne la pessima figura fatta da chi si è assunto la responsabilità di decretare l’inammissibilità dell’emendamento. Ma certo di peggio ha fatto il coro di cretini che ha pensato con ogni mezzo di comunicazione di ironizzare sulla materia, con pesanti e spesso volgari ricadute sessiste. Il caso non va né archiviato, né tantomeno sottovalutato. L’assenza di copertura non è stata una svista da parte delle presentatrici, almeno stando alle dichiarazioni di alcune di esse.
La presentazione dell’emendamento è servito comunque a evidenziare la scarsa sensibilità – per usare un eufemismo – nei confronti di bisogni primari che riguardano l’enorme fascia di popolazione femminile in età fertile, poco meno di 14 milioni, e la noncuranza rispetto a una diffusa condizione di indigenza, per non dire di povertà, che affligge larghi strati delle donne nel nostro paese. Non solo. Il caso della Tampon tax, come oramai viene definita, getta luce sulle palesi iniquità presenti nel nostro sistema fiscale. Specialmente se messo a confronto con quello di altri paesi europei. Da noi gli assorbenti viaggiano con un’Iva al 22%. Anche i pannolini per infanti stanno al 22%, con buona pace di chi si lamenta della scarsa natalità italiana. Come generi voluttuari o addirittura ritenuti nocivi, tanto da meritare una insistente campagna pubblicitaria per dissuadere i cittadini dal farne uso. Mi riferisco ovviamente alle sigarette. E l’elenco potrebbe continuare.
La situazione è davvero paradossale. Si è discusso, fra fiumi di parole e di inchiostro virtuale, attorno alla possibilità di istituire una tassazione particolare sulle merendine e sulle bibite gassate, allo scopo, secondo la versione ufficiale, di orientare il consumo dei nostri giovani e giovanissimi verso una migliore e più sana qualità. Ma ciò che è veramente necessario viene sottoposto ad una tassazione iniqua. Se poi si guarda come la condizione femminile viene trattata dalla legge sull’Iva nel suo complesso, salta agli occhi la differenza negativa nella quale il nostro paese si trova. In Europa siamo tra gli ultimi 6 paesi che applicano un’aliquota superiore al 21% per prodotti strettamente di uso femminile, che in 13 paesi europei stanno al di sotto del 10% e in altri 8 si collocano tra il 10 e il 21%. Se può consolare ci batte l’Ungheria che arriva al 27%.
Tutta questa vicenda ci fa ancor più capire quali siano i danni di una legislazione di bilancio modello bricolage. Dove cioè si va alla caccia di tante piccole imposizioni fiscali, un tempo si chiamavano balzelli, pur di fare in qualche modo cassa, con l’obiettivo di cavarsela di fronte agli arcigni guardiani dei conti pubblici in quel di Bruxelles. In questo modo si perde il senso sociale della legislazione economica, se mai lo si è avuto. Anzi lo si capovolge, badando a non disturbare i possessori di patrimoni, mobili ed immobili. Tanto che parlare di una cosa che tutti gli studiosi internazionali considerano ovvia, come una tassazione patrimoniale dotata di un franchigia sufficiente per evitare di colpire piccoli e medi risparmiatori, viene considerata una bestemmia e viene esclusa a priori dal novero delle soluzioni possibili. Come ha più volte ripetuto il ministro dell’economia Gualtieri. Tanto poi ci sono i 5Stelle che fanno il pieno di demagogia, facendo la voce grossa, tanto non costa nulla, con la proposta delle manette ai grandi evasori. Che però, prima, bisognerebbe essere in grado di acchiappare.

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