di Goffredo Adinolfi.

Ormai ai grandi terremoti nessuno fa più caso, sarà perché nella percezione del tempo presente sembra rimanere sempre tutto uguale – disoccupazione, precarietà, crisi economica e guerra costante – sarà perché forse si sa molto del passato ma molto poco del futuro.

Sia come sia il lungo ciclo elettivo francese, cominciato con il primo turno delle presidenziali del 23 aprile scorso e conclusosi con il secondo turno delle legislative domenica 18 giugno, hanno completamente trasformato lo scenario politico d’oltralpe.

Intanto il nuovo capo dello Stato. Emmanuel Macron ha costruito il suo partito, La République En Marche!, al di fuori di ogni formazione preesistente. Schierato né a destra né a sinistra, perché, in fondo, il nuovo spirito del tempo vuole che i problemi non debbano essere risolti sulla base di un pensiero teorico/ideologico preciso, ma del buon senso (che poi non sia chiaro cosa sia esattamente questo buon senso).

En Marche alle legislative ha preso 7 milioni di voti al primo turno e quasi nove al secondo (circa il 50%). Centro-sinistra e centro destra escono dalla consultazione molto ridimensionati. I socialisti, partito del presidente uscente François Hollande, hanno preso al primo turno 1,6 milioni di voti (erano 10 nel 2012). I Repubblicani, già all’opposizione, passano da circa 8 milioni a 4 e un gruppo parlamentare di 139 deputati (-90).

Insomma a questo giro non c’è stata partita, e infatti, in assenza di una competizione reale, l’astensione è cresciuta parecchio: meno 3 milioni di votanti, dal 55% al 42% degli aventi diritto. Una disaffezione che ha colpito più o meno tutti (con l’eccezione di Macron chiaramente), anche chi, come la Le Pen, a livello teorico, dovrebbe essere più capace di attrarre elettori. Comunque, nonostante tutto, è pur sempre una vittoria visto che l’FN riesce a mandare in parlamento un gruppo di ben 8 deputati (erano 2 nel 2012). Bene la sinistra, France Insoumise con 17 rappresentanti, il Front de Gauche nel 2012 ne aveva 10, e il PCF ne prende 10.

In conclusione occorre sottolineare che la Francia rappresenta a livello europeo un caso e non una tendenza. È passato sotto traccia, ma, dopo la svolta a sinistra del Labour di Corbyn, Pedro Sachez, riconfermato alla testa del Psoe, ha dichiarato anche in Spagna bisogna fare come in Portogallo, ovvero formare un governo con l’appoggio parlamentare di tutte le sinistre. In sostanza ciò che appare evidente è come tutto sia in trasformazione e che oggi, nessuno possa prevedere i risultati di questi cambiamenti. Intanto aspettiamo le elezioni tedesche del prossimo autunno per avere un quadro più preciso e, chiaramente, quelle italiane nel 2018.

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