di Alfonso Gianni - Il Manifesto - 30.12.2017

Spentisi i riflettori sulla conferenza di fine anno di Gentiloni, sciolte le camere e fissata la data per le nuove elezioni, ecco giungere puntuali nuove stangate sui cittadini italiani. La legge di Bilancio dei 21 bonus e degli sgravi fiscali di ogni ordine e tipo, non ne parlava. Ma già l’altro ieri l’informata Nomisma Energia avvertiva che si preparava un rincaro di proporzioni considerevoli e inconsuete per luce e gas. A seguire è giunta ieri la decisione dell’Autorità per l’energia che ha stabilito che, a partire dal prossimo 1 gennaio, la bolletta di una famiglia tipo subirà un incremento pari al 5,3% per le forniture elettriche, mentre per quelle del gas l’aumento si “fermerà” al 5%. Il tutto equivale, lo dice l’Unione nazionale consumatori, ad una spesa maggiorata per famiglia di 79 euro. Guarda caso appena un euro in meno di quota 80, quella del famoso bonus di renziana memoria. Si tratta di un incremento delle tariffe pari a più di tre volte l’aumento del costo della vita, che nel 2017 è stato pari all’1,5%. Saranno colpiti i clienti domestici con consumi annui più sostenuti (su cui insisterà il 70% della maggiorazione dei costi, mentre il restante 30% graverà sulle famiglie a più basso consumo energetico), ma anche le attività economiche minori, quali le piccolissime imprese, i negozi, le botteghe artigiane. In sostanza alle famiglie e alla piccola imprenditoria verrà fatto pagare l’aumento degli oneri generali di sistema derivanti dalla moltiplicazione e dal rafforzamento delle agevolazioni per le industrie manifatturiere più energivore che è stato deciso pochi giorni fa dal Ministero dello sviluppo economico con il beneplacito della Commissione europea. La scelta di classe a favore dei più ricchi e più potenti è dunque stata rispettata in pieno! 
Ma vale la pena di addentrarsi tra le motivazioni addotte per giustificare un simile aumento. Se ne elencano ben nove e del resto qualche pezza d’appoggio, seppure assai scivolosa, la si deve pur trovare. Tra queste compare la ripresa dei consumi elettrici dovuto a un migliorato andamento dell’economia produttiva, che avrebbe “riscaldato” il mercato dei prezzi in base alla celebre legge della domanda e dell’offerta. Quindi tutto l’ottimismo speso a piena voce dal Presidente del Consiglio sulle mirabolanti sorti della ripresa economica finisce per scaricarsi in un incremento della spesa per i più deboli. In questo modo infatti si riduce il reddito spendibile per le famiglie e lo spazio per nuove iniziative imprenditoriali. Il che è del tutto paradossale, rispetto anche a quanto affermano le stesse vestali del capitalismo internazionale. Come ad esempio la Bce, che non smette di lamentare una dinamica retributiva troppo bassa per potere alimentare l’inflazione. Se guardiamo all’ultimo trimestre di quest’anno (dati Istat), mentre il prodotto lordo cresce in Italia del 1,5%, il reddito disponibile delle famiglie sfiora solo lo 0,9%. Ma se lo depuriamo dall’aumento dei prezzi, per quanto contenuto, scopriamo che il potere d’acquisto è addirittura diminuito dello 0,3%. E peggiorerà ancora dopo l’aumento di luce e gas. 
Un’altra causa sarebbe l’intransigenza dei movimenti Nimby nei confronti della posa di nuove infrastrutture. Ma non risulta che alcun movimento si sia mai opposto al dispacciamento di energia prodotta con fonti rinnovabili. Settore che Terna e governo hanno sempre promesso di incrementare. Hanno invece ragione le associazioni dei consumatori quando insistono sui fattori puramente speculativi che stanno alla base dei rincari (contro i “furbetti” del dispacciamento fa riferimento per la verità anche l’Agenzia), dal momento che non hanno nulla a che fare con difficoltà di approvvigionamento di gas, visto che gli aumenti sono preventivi, stabiliti sulla base della previsione di una maggiore domanda nei mesi invernali. E giustamente dichiarano che daranno battaglia – e sarebbe bene che le forze politiche antigovernative di sinistra si attrezzino a fare altrettanto -, visto che le decisioni dell’Agenzia non sono affatto insindacabili. Già nel luglio del 2016 il Tar della Lombardia, accogliendo positivamente un ricorso, sospese i rincari decisi dall’Autorità. Del resto, se volessimo essere magnanimi, dato il periodo natalizio, e prendere per buone le risibili motivazioni addotte per i rincari, ci sarebbe ugualmente una strada alternativa da potere percorrere senza falcidiare il magro reddito disponibile delle famiglie. Anzi un’autostrada: basterebbe fare ricorso agli accantonamenti stimati nell’ordine fra i 5 e i 7 miliardi di euro che la Cassa conguaglio del sistema elettrico ha accumulato negli anni, incassandoli ovviamente dalle bollette dei consumatori, e che non sono mai stati utilizzati. Quale migliore occasione per farlo, se si avesse veramente a cuore le sorti dell’economia e il rilancio della domanda interna nel nostro paese?

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