di Pasquale Coccia - Il Manifesto - 2.12.2017

Anche lo sport ebbe il suo Ottobre Rosso, a seguito del quale fu costituita l’Internazionale rossa dello sport con riflessi rilevanti sul movimento sportivo operaio italiano. A Vercelli al recente convegno Sport e Rivoluzione, promosso dalla società italiana di storia dello sport, abbiamo posto alcune domande allo storico Sergio Giuntini.

Lenin era uno sportivo?

Non praticava alcuna attività sportiva, amava giocare a scacchi, però aveva ben chiaro l’importanza dello sport. In una raccolta di scritti sulla questione femminile, elaborati poco prima e subito dopo la Rivoluzione d’Ottobre scrive: ” Il comunismo deve apportare non l’ascetismo, ma la voglia di vivere e il benessere fisico. La gioventù, particolarmente, ha bisogno della gioia di vivere e del benessere fisico. Sport, ginnastica, escursioni, ogni sorta di esercizi fisici, svariati interessi culturali, studi analisi ricerche, imparare, studiare, ricercare quanto più possibile in comune, tutto ciò darà alla gioventù molto di più delle teorie e delle discussioni interminabili. Mente sano in corpo sano, né monaco né dongiovanni e nemmeno come mezzo termine un filisteo tedesco”.

I partiti comunisti misero in pratica le parole di Lenin?

Fu creata l’Internazionale rossa dello sport o Sportintern a Mosca il 22 luglio del 1921, nel corso del terzo congresso dell’internazionale comunista. Le basi del movimento sportivo comunista internazionale, furono poste dopo una partita di calcio tra una squadra di Mosca e una dei delegati dell’internazionale comunista, nella quale giocavano William Gallagher, capitano e futuro presidente del partito comunista inglese e John Reed, il comunista americano che scrisse I dieci giorni che sconvolsero il mondo.  Alla costituzione dello Sportintern parteciparono i delegati di Urss, Austria, Cecoslovacchia, Finlandia, Francia, Germania, Svezia, Ungheria,Italia.

Immagine: "Il Portiere" di Aleksandr Deyneka

Tra i partiti della sinistra italiana vigeva un certo antisportismo?

Vorrei liberare il campo da un’opinione diffusa che considera il nostro un paese dell’antisportismo socialista, tesi smentita da recenti studi. E’ vero che il partito socialista italiano, almeno fino alla Grande Guerra, ebbe un atteggiamento di ostilità verso lo sport, considerato uno strumento della borghesia che allontanava i lavoratori dall’impegno sindacale e politico, una posizione che dopo la guerra mondiale fu rivista. In Italia esistevano importanti esperienze di sport operaio, il primo molto significativo risale alla fine dell’800.

A Milano il 29 dicembre 1896 venne fondata l’Unione pedestre italiana, antenata della Federazione italiana di atletica leggera, il primo presidente fu il giovane Ferruccio Trevisan, presidente del circolo sportivo Karl Marx di Milano.

Il 29 giugno 1911, durante un’escursione sul Monte Tesoro, nel bergamasco, viene fondata l’Unione operaia escursionisti italiana, l’escursionismo era uno dei filoni del movimento sportivo operaio italiano delle origini. L’organizzazione conterà migliaia di iscritti in tutta Italia, soprattutto nell’Italia del nord.

Un episodio significativo avviene il 14 ottobre del 1917, quando il Guerin Sportivo, una delle testate più antiche della stampa sportiva italiana, viene occupato da alcuni redattori, perché esprimeva un’idea di sport borghese.

Il 26 agosto 1918 su L’Ordine Nuovo, Antonio Gramsci scrive un articolo Il football e lo scopone, che è interessantissimo perché ci fa capire come questo grande intellettuale avesse una visione trasversale della società, si occupava anche di problemi come lo sport, considerato minore per la classe operaia, un intervento che dimostrava quanto Gramsci avesse capito che l’operaio non doveva occupare il suo tempo libero nelle osterie, dove la piaga dell’alcolismo era tra le più pesanti per la classe operaia, ma dovesse emanciparsi attraverso la partecipazione alle attività sportive più moderne.

Furono costituite società sportive proletarie?

Tutte le esperienze sportive minori confluirono nell’immediato dopoguerra in alcune molto significative: il 7 settembre 1920 ad Alessandria nasce l’Associazione proletaria escursionisti (Ape), è un’associazione che tiene il suo primo congresso nazionale a Milano nel 1921, a moderare i lavori è Ambrogio Belloni, uno dei fondatori dello Sportintern.

A Milano il 7 ottobre 1920 viene costituita l’Associazione proletaria di educazione fisica (Apef) un’esperienza pilota importantissima, perché per la prima volta vince un pregiudizio vigente nel movimento sportivo operaio, quello che non si dovesse far parte di organismi sportivi borghesi. L’Apef manda quattro suoi atleti alle olimpiadi di Parigi del 1924, tra i quali Beppe Tonani il più grande sportivo che la classe operaia abbia mai espresso, un peso massimo che vinse la medaglia d’oro sollevando 517,500 Kg.

Ci furono anche giornali sportivi operai?

A Milano nasce Sport e Proletariato il settimanale nazionale dalla vita breve ma importantissima. E’ stata l’unica rivista di sport della sinistra italiana, pubblicata tra il 14 luglio e l’8 dicembre 1923, data in cui esce l’ultimo numero, perché due giorni dopo la tipografia in cui veniva stampata, venne data alle fiamme da una squadra fascista.

Il 12 dicembre per motivi di ordine pubblico il fascismo sospese le pubblicazioni. In quei sei mesi dieci articoli furono dedicati alla costituzione della Federazione sportiva del lavoro, è questo il maggior merito di Sport e Proletariato. Vi furono interventi di proletari da tutta Italia, scrisse anche Carlo Giani vincitore della 100 chilometri di marcia nel 1926 e della leggendaria Londra-Brighton nel 1927. L’Ape e l’Apef ebbero mandato di dar vita alla Federazione sportiva del Lavoro.

L’8 dicembre l’ultimo articolo sul tema aveva un titolo quasi profetico Ultime Battute. Non se ne fece nulla perché il fascismo decise di chiudere con la violenza qualsiasi esperienza politica, sindacale e sportiva operaia.

La Federazione sportiva del lavoro resterà un bel sogno di cui non dobbiamo perdere la memoria.

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