di Roberto Bertoni.

Il Partito Democratico continua a scendere nei sondaggi e a perdere consensi nella società, con la probabile prospettiva di andare incontro ad una disfatta il prossimo 4 marzo, non perché la terribile sinistra di Liberi e Uguali abbia deciso di consegnare il Paese alla destra e ai 5 Stelle ma perché le politiche portate avanti e rivendicate con rara pervicacia dal PD medesimo hanno finito con l'alienargli le simpatie di milioni di persone.
Il punto è che questo partito, erede della sinistra storica, laica e socialista, si è trasformato nel tempo in una congrega diversamente simpatica, con una classe dirigente diversamente competente e per di più caratterizzata da una presunzione degna di miglior causa che ha finito con l'indurre persino uno come me a solidarizzare con forze politiche, su tutte il M5S, verso cui non provo particolare stima ma contro cui non tollero un simile, ingiustificato e feroce accanimento. Quando ci si permette di dire che gli avversari sono il nulla, infatti, bisogna anche porsi una domanda: ma se questo nulla è in grado di prevalere in quasi tutti i ballottaggi, di cui due sono Roma e Torino, voi che perdete ovunque cosa siete? Quanto al candidato della Lega in Lombardia, poi, lasciare intendere che una personalità mite come quella di Fontana, di cui non condivido praticamente nulla ma al quale riconosco una discreta capacità amministrativa in quel di Varese, trasformerebbe la regione in una sorta di inferno è irrispettoso, controproducente e fuori dalla realtà.
Diciamo che il Partito Democratico sarebbe più credibile nel contrastare la pesante eredità di Formigoni e Maroni se il suo candidato, l'illustre ex uomo Mediaset Gori, non avesse dichiarato pubblicamente che Formigoni tutto sommato non ha governato poi così male e che il referendum autonomista di Maroni andasse sostenuto con convinzione. Diciamo che sarebbe più credibile se non avesse governato per oltre mezza legislatura con Verdini, tentando anche di stravolgere la Costituzione, se non si fosse alleato con noti protagonisti delle passate coalizioni di centrodestra come Casini e la Lorenzin e se non avesse portato avanti una serie di politiche sbagliate e dannose che hanno indotto milioni di elettori e militanti storici a dire basta.
Insomma, il problema, caro PD, non sono i disperati appelli all'unità dell'ultima ora, pur rispettabili, visto il profilo delle personalità da cui provengono, ma purtroppo gravati dalla mancanza di una seria analisi dei motivi per cui si è giunti a questo punto di non ritorno, bensì ciò che è avvenuto in questi anni.
Personalmente, ho abbandonato il Partito Democratico nell'estate del 2014, dopo aver purtroppo contribuito, controvoglia, al drammatico 40 per cento delle elezioni Europee, quando a spingermi a votare comunque per un partito nel quale faticavo già molto a riconoscermi fu, oltre alla qualità di alcuni candidati, anche il senso di appartenenza che mi derivava dalla tessera che avevo in tasca e che consideravo un vincolo di lealtà non eludibile. Quando il PD ha cominciato a smantellare la Costituzione, con gli strappi e le forzature che tutti conosciamo, ho deciso di non rinnovare quella tessera e di sentirmi libero di compiere le mie scelte, prima fra tutte quella di non accordare più la mia fiducia ad un soggetto che nel frattempo si era profondamente incattivita. Qualcuno replicherà che bontà e cattiveria non sono categorie della politica: dissento. Da azionista, erede culturale di quello straordinario patrimonio costituito dalle brigate partigiane di Giustiza e Libertà, ho ben presente l'editoriale che Enzo Biagi scrisse sul primo numero di "Patrioti" il 22 dicembre del '44. L'ho già menzionato qualche giorno fa ma lo voglio ribadire: citando il poeta e combattente Giosuè Borsi, caduto durante la Prima guerra mondiale, Biagi asserì che il primo obiettivo dei partigiani era quello di costruire un'Italia "più giusta e più buona". Non a caso, da quell'idea di bene comune nacque la nostra Costituzione: un gioiello da preservare con cura, semmai aggiornandolo e perfezionandolo in alcuni aspetti ma senza più aggressioni come le due che abbiamo dovuto sventare nell'arco di dieci anni.
Ebbene, se il modello di società che ha in mente il PD è quello della Buona scuola e del Jobs Act, con la prima propedeutica al secondo e volta a creare dei cittadini poco informati e pronti ad accettare qualsivoglia condizione di lavoro, comprese le più indegne e inaccettabili, il compito della sinistra non può che essere quello di progettare una scuola e un'università che rendano i ragazzi pienamente cittadini, dotati del giusto spirito critico, e li proiettino poi verso un mondo del lavoro in grado di costruire la vita e di soddisfare le ambizioni di ciascuno. Cinque anni fa, durante la campagna elettorale in cui Bersani era il candidato del PD alla Presidenza del Consiglio, parlavamo di un'Italia giusta, di un'Italia pulita, di un'Italia migliore. È trascorsa un'era geologica da allora ma una sensazione mi è rimasta: il PD di Bersani era un partito con mille difetti ma fondamentalmente buono. Ogni volta che ho seguito un incontro del Partito di Renzi, al contrario, ho avuto l'impressione che di quei sentimenti, di quella gentilezza d'animo e di quella passione civile fosse rimasto ben poco. Anche per questo ho tirato un sospiro di sollievo quando, domenica scorsa, ho partecipato all'assemblea nazionale di Liberi e Uguali, avvertendo nuovamente la sensazione di trovarmi in un contesto pieno di problemi, con diverse divisioni interne, con una linea politica non ancora ben chiara e definita, con molti aspetti da perfezionare e una mancanza di radicalità nelle scelte che ben si evince, ahinoi, dalla linea ondivaga sulle candidature alle Regionali; tuttavia, mi è sembrato anche di scorgere intorno a me gli sguardi di persone buone, di militanti sinceri, di gente appassionata di politica e pronta a spendersi con spirito di servizio per la collettività. Non è affatto poco, specie di questi tempi.
Caro PD, in conclusione, molto probabilmente perderai, e male, in quanto non hai capito che la stagione del cattivismo gratuito è finita. Rimane in voga, purtroppo, solo per quanto concerne il migrante e il diverso o presunto tale, il che ovviamente è inaccettabile: uno dei tanti frutti avvelenati generati dai seminatori di violenza e barbarie che hanno devastato il nostro quadro politico. Per il resto, per fortuna, la gente ha capito che c'è bisogno di un minimo di serietà, di competenza e di sobrietà, come si evince dal consenso di cui godono figure rispettabili come Mattarella e Gentiloni. L'auspicio è che dal 5 marzo si possa tornare a ragionare anche con coloro che, pur militando ancora nel PD, non accettano né l'avventura né l'abisso. Con Renzi e i suoi sodali, invece, è ormai chiaro che non sia possibile, né tanto meno auspicabile, alcuna forma di dialogo e di collaborazione.

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