da Invictus.

Nel gioco del calcio, il centravanti è l’uomo chiamato a finalizzare il gioco di squadra. Deve far gol, deve "buttare" la palla in rete. Gli attaccanti, molto abili in fase realizzativa, vengono soprannominati “Bomber”, “Goleador”. In epoca fascista, fu coniato un ulteriore termine per mitizzare gli attaccanti più prolifici: cannoniere. Questa è la storia di un cannoniere.
Carlo Castellani nasce a Fibbiana, una frazione di Montelupo Fiorentino, il 15 gennaio del 1909. Fin da ragazzino ha una naturale propensione per lo sport. Rimane affascinato dal calcio. Il suo sogno è quello di giocare a pallone. Nel 1926, a soli 17 anni, fa il suo esordio nell’Empoli, nella terza divisione toscana. Carlo è alto e atletico. Ha un’ottima tecnica e visione di gioco. Ha un fiuto del gol eccezionale. Il suo ruolo è centravanti. Ha il gol nel sangue. Fa così tanti gol che permette ai toscani di centrare una storica promozione in seconda divisione. Il 6 gennaio del 1929, l’Empoli gioca con il San Giorgio Pistoia. Castellani, in quella partita, stabilirà un record tuttora imbattuto. Riuscirà a segnare 5 degli 8 gol con i quali gli empolesi liquidano la squadra avversaria. Una cinquina storica, memorabile. Carlo ha talento, è forte. È un idolo. È anche ambizioso. Nel 1930, lascia l’Empoli, per approdare a Livorno, in serie A. L’impatto con la massima serie è complicato. Castellani concluderà la sua avventura con i labronici con all'attivo solo 3 reti e una retrocessione in B. Passa al Viareggio. Anche a Viareggio Carlo, non brilla. Segna un solo gol. La sua carriera sembra volgersi al declino. Decide di tornare ad Empoli. È il 1934. Carlo ritrova la via del gol. La sua carriera ritrova slancio. È l’idolo indiscusso dei tifosi. Nel 1939 decide di appendere gli scarpini al chiodo. Lo fa entrando nella storia. È il capocannoniere di tutti i tempi della squadra toscana con 61 gol in 145 presenze. Carlo, conclude la sua storia d’amore calcistica con l’Empoli, con un altro record. Un record imbattuto per ben 72 anni.
Terminata la carriera calcistica, Castellani torna a casa, a Fibbiana. Apre una segheria e si mette a fare il falegname. Vive con la moglie Irma, i 2 figli e i suoi genitori. Passa le sue giornate occupandosi della sua attività e della famiglia. Coltiva un piccolo sogno: vedere suo figlio Franco giocare a calcio. Spesso giocano insieme nell'orto dietro casa. Non si interessa di politica. Suo padre David, invece, sì. David Castellani è un socialista e fervente antifascista. Nell'inverno del 1944, David si trova al mercato. Ha un’accesa discussione con un gerarca fascista. I toni si alzano. Mezzo paese assiste al litigio. Con tutto il fiato che ha in gola, David urla a quel fascista che il regime ha i giorni contati, sta per finire. La sua è più di una speranza.
Nel marzo del 1944, il Comitato di liberazione Nazionale, indice lo sciopero dei lavoratori. L’Italia di fatto è divisa in due. Al sud gli alleati avanzano. Il nord Italia è occupato dai nazisti. Il regime nazifascista annaspa. È accerchiato, al sud dagli alleati, al nord dal popolo che comincia a ribellarsi. Lo sciopero del marzo del 1944 vede una grande adesione dei lavoratori delle fabbriche del centro nord. La connotazione è chiaramente antifascista. I lavoratori, gli operai restano a braccia conserte. Il regime risponde duramente. Non può tollerare quella ribellione. Decide per il rastrellamento indiscriminato di tutti i promotori dello sciopero e di tutti coloro che avevano manifestato sentimenti antifascisti. Centinaia i deportati.
La mattina dell’otto marzo del 1944, alle 6.30 i carabinieri si presentano sotto casa di Carlo. Cercano suo padre David. Deve seguirli in caserma. I militari non danno altre spiegazioni. L’episodio del mercato era stato denunciato. David era un nemico del regime. Quel giorno David è malato, non può alzarsi dal letto. Carlo, ignaro della denuncia, si offre di andare in caserma al posto del padre. “Non c’è problema, vengo io, così capisco esattamente di cosa si tratta”. I militari non si oppongono. A loro serve un uomo da arrestare, da consegnare alle SS. Carlo pensa di risolvere la faccenda in poco tempo. Dà un bacio alla moglie, si mette il cappotto e segue i carabinieri. Non farà più ritorno a casa. In quella caserma non ci metterà piede. Verrà caricato su un pullmino verso Firenze. Alla stazione di Santa Maria Novella c’è un treno. Castellani è costretto a salire su quel treno. Quel treno è diretto a Mauthausen.
A Mauthausen, Carlo viene trasferito nel sottocampo di Gusen. È il prigioniero n° 57.026. È lì senza un perché. Carlo è innocente. Non ha avuto la possibilità di spiegare, di capire. Si trova in quell'inferno senza una ragione. Il suo compito è quello di costruire gallerie, pezzi di aerei e mitragliatrici. Lavora dodici ore al giorno, senza sosta e pietà. È malnutrito. Le condizioni igienico sanitarie del campo sono spaventose. Si ammala di dissenteria. Viene trasferito nella baracca “lazzaretto”. Viene confortato dalle visite del suo concittadino Aldo Rovai, anch'egli deportato. Carlo sente che la fine è vicina. Nell'ultima visita di Aldo, gli lascia un messaggio:” Racconta come sono morto! …Dì loro quanto ho sofferto…Più di Gesù Cristo!”
Carlo Castellani morirà in quella baracca, l’11 agosto del 1944.
Questa è la storia di Carlo Castellani. Questa è la storia del cannoniere al quale hanno intitolato lo stadio di Empoli e Morlupo Fiorentino. È la storia di un bomber da record.
Questa è la storia di un uomo che è morto soffrendo… più di Gesù Cristo…

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