di Paolo Brutti.

In fondo è tutto semplice e le chiacchiere sono quasi sempre vere. Gira che ti rigira bisogna cambiare Conte e i 5S devono tornare ad essere quello che sono, dei “parvenu” della politica, l’uomo qualunque nascosto sotto i panni sdruciti degli epigoni del 68. Non azzardo ipotesi ma la convergenza su questo di tutta la stampa di destra, di Repubblica, del Corriere della Sera e della Stampa di Torino fa pensare che l’establishment li consideri estranei e quindi nemici. Questa sensazione di estraneità esiste anche a sinistra, un residuo fossile della incompleta comprensione del PCI sul 68, espressa chiaramente da Pasolini, nel suo periodo comunista, sui fatti di Valle Giulia. Si usa il dileggio del M5S e della sua mancanza storia e di formazione, arrivando alla esaltazione dei competenti, che ci ha regalato il governo di Mario Monti. Voglio raccontare una riflessione di un grande politico comunista, riportata dal suo segretario. Replicava ad una velata critica sul compromesso storico che si stava avviando sottobraccio ad Andreotti. Racconta il suo confidente che l’uomo politico rispondesse: “L’arabo costruisce la casa con la cacca del cammello che ha”.
Ora i vecchi “neo berlingueriani” come me si trovano a che fare con questo cammello e il resto. Se non costruiamo la casa il deserto ci sopravanzerà. Questo non vuol dire che dobbiamo costruire una casa qualunque. Se lo facessimo il vento del deserto la butterebbe giù. Guardiamo le costruzioni del deserto. Non sono grattacieli ma hanno una grande caratteristica: sono del tutto compatibili con il loro ambiente. Se seguitiamo a pensare che il nostro ambiente in senso largo sia quello della nostra giovinezza saremmo dei nostalgici un po’ aristocratici. L’M5S è un prodotto del mondo di oggi molto più di noi. Dobbiamo sporcarci le mani e costruire il nuovo con ciò che il nuovo ci ha messo a disposizione. Dobbiamo capire perché quello sia il nuovo e non solo giudicarlo. Un lavoro anche maleodorante. Ma se noi ce ne laviamo le mani non ci sarà resurrezione. E noi, Ponzii e Pilati, peccheremmo non per aver portato il presente sul Calvario tra Salvini e la Meloni, ma per aver crocefisso il futuro al nostro passato.

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