di Maria Pellegrini.

Il nome Aspasia ci porta subito alla mente: “Torna dinanzi al mio pensier talora/ il tuo sembiante, Aspasia”, versi scritti da Leopardi per la donna da lui amata sotto questo pseudonimo, ma qui non vogliamo parlare dell’amore del nostro grande poeta, ma di Aspasia, la donna più celebre del V secolo a. C., nell’età di Pericle, figura non corrispondente al modello tradizionale di femminilità classica secondo il quale era impensabile che una donna esercitasse un mestiere intellettuale: di lei si doveva parlare il meno possibile, sia nel bene che nel male, e a lei stessa era ammonito di rimanere in silenzio.

Nell’Atene del V secolo a. C. le donne erano escluse dalla vita politica, private dei loro diritti patrimoniali e legali, ma in molti centri ellenici la situazione era diversa. Aspasia, nata a Mileto, in Asia Minore, era abituata a un mondo cosmopolita e colto, aperto agli influssi orientali, ma quando intorno al 450 giunse ad Atene, non si sa per quali circostanze, Pericle, il grande statista dell’Atene del V secolo a.C., aveva appena promulgato la sua legge più controversa, quella sul diritto di cittadinanza previsto solo per chi fosse figlio di due cittadini ateniesi; gli altri sarebbero stati considerati stranieri senza diritto di voto e di partecipazione attiva alla vita della città. Aspasia non avrebbe potuto dunque diventare cittadina ateniese né generare prole legittima.

Le fonti antiche che la nominano coprono un arco di tempo che va dal V secolo a. C. fino al V d. C. e sono tutte testimonianze maschili, un fatto non privo d’importanza nella ricostruzione della sua figura di cui si parla continuamente da un unico punto di vista, quello maschile. Il destino di questa donna dell’antichità, per molti versi ancora poco studiata, è quello di essere conosciuta soprattutto come “l’amante straniera di Pericle”.

Aspasia fu un personaggio scomodo per la morale e la società intellettuale ateniese del suo tempo. La diversità del suo comportamento sul piano sociale, il suo non conformarsi alla prospettiva di silenzio e invisibilità pubblica prevista per le donne, venne vista come una stranezza e fu indicata volta a volta sotto la poco rispettabile etichetta di concubina, etéra, prostituta o ruffiana: tutto, insomma, tranne che moglie legittima, unico ruolo socialmente accettabile per una donna. Non sorprende allora che nei suoi confronti si scatenasse una campagna di diffamazione che avrebbe portato persino, se la notizia di Plutarco è attendibile, a un processo pubblico a suo carico dove dovette difendersi dall’accusa di empietà e lenocinio, imputazioni per le quali, in caso di riconosciuta colpevolezza, era previsto l’esilio e perfino la pena di morte.

Il ruolo accettato dalla società del tempo era quello dell’etéra, una compagna istruita e amabile, destinata ad allietare il simposio maschile. Questo era l’unico tipo di donna con cui un ateniese pensava di poter avere uno scambio intellettuale oltreché sessuale, proprio perché l’istruirsi della donna non era fine a se stessa ma realizzato in vista dell’appagamento di un bisogno maschile.

La vicenda di Aspasia porta alla riflessione sul ruolo delle donne, e mostra che su questi temi c’è ancora molto da affrontare da parte degli studiosi dell’antichità classica.

Plutarco nella “Vita di Pericle” ci trasmette la testimonianza antica più consistente su Aspasia: ci racconta come lo stratega l’amasse profondamente; la descrive in grado di esercitare un fascino non comune sui suoi contemporanei; riporta quanto questa straniera fosse presente nei trattati di filosofi e oratori come modello di donna pensatrice e libera; testimonia che Socrate la considerava sua maestra di vita e ne lodava la saggezza e l’intuito politico; ricorda che insegnò la retorica a Pericle al quale fu unita da un legame forse anticonformista ma sicuramente solido. Non manca tuttavia di affermare che gran parte della cattiva fama presso i posteri fu procurata ad Aspasia dagli autori della Commedia antica che l’attaccarono ferocemente come cortigiana, e l’accusarono di ospitare nella sua casa “donne compiacenti per deliziare Pericle” oppure la usarono come bersaglio polemico accusandola di essere l’ispiratrice della politica imperialista periclea. Una parte della cittadinanza ateniese era convinta che Aspasia fosse non soltanto la compagna di Pericle ma anche sua consigliera molto influente nelle decisioni dello statista, che nel 440 fece approvare dal popolo di Atene una spedizione militare contro Samo, antica rivale di Mileto. Si dice che lo avesse fatto per compiacere Aspasia, la quale era stata portavoce dei suoi concittadini. Le due città si contendevano il possesso di Priene. Nel 439 lo stratega ottenne la vittoria definitiva, fece abbattere le mura di cinta, s’impossessò della flotta navale e ordinò alla cittadinanza di pagare forti ammende. Si macchiò poi di atti di una crudeltà inaudita, dietro ai quali si vide l’ombra vendicativa di Aspasia che veniva da Mileto.

Aspasia è paragonata dai commediografi dell’epoca - come Cratilo ed Eupoli - alla bella Elena. La guerra del Peloponneso divamperebbe, infatti, anche a causa dell’etéra più famosa di Atene, stando ai versi del commediografo Aristofane, indirettamente confermati dalle ombre sulle cause dello scontro su cui ancora gli storici dibattono. Mentre la maggior parte delle citazioni che le fonti antiche riservano ad Aspasia ci è pervenuta in frammenti, la testimonianza di Plutarco contenuta nella “Vita di Pericle” è ancora oggi la più completa di cui disponiamo, pur essendo di epoca relativamente tarda (fine I – inizio II sec. d. C. ). Plutarco riferisce che Aspasia “conquistò l’affetto di Pericle con la sua non comune saggezza ma aggiunge anche che “l’amore di Pericle per Aspasia sembra sia stato di natura passionale”. Dopo aver lasciato sua moglie da cui aveva avuto due figli “presa con sé Aspasia, l’amò di un amore straordinario”. A ulteriore prova della sua tesi, il biografo riporta che lo statista ogni giorno, “quando usciva di casa per le sue occupazioni e quando vi rientrava l’abbracciava e la baciava con passione”: notizia che sappiamo venire dal filosofo Antistene che vedeva in ciò un simbolo negativo, infatti rappresentava per lui il piacere che si contrappone alla saggezza propria del filosofo e del politico che dovrebbe esercitare sulle proprie passioni un severo controllo, senza consentire loro di distoglierlo dai suoi doveri.

Alcuni storici hanno letto nelle parole di Plutarco - che sottolinea l’aspetto passionale dominante nel rapporto tra i due amanti - una critica alla componente erotica di questa coppia, ritenendola sconveniente per l’importante ruolo rivestito da Pericle. Anche se ammette la fama che la donna ha acquisito come maestra di retorica, insistendo sull’aspetto di un amore che si esprime anche pubblicamente in affettuosità eccessive e senza pudore, il biografo sembra non approvare il comportamento di Pericle, che era stato pronto a lasciare per lei la nobile moglie per condurre una convivenza con una straniera di origine milesia. Contro l’opinione di quanti ritenevano che nella complessa figura di Aspasia prevalessero saggezza e versatilità in politica, Plutarco annota che i poeti comici vedevano in lei una novella Onfale (secondo il mito, divenuta regina di Lidia dopo la morte del marito, tenne presso di sé, Eracle come suo schiavo). Cratino, considerato il fondatore della Commedia politica, attaccava Aspasia chiamandola “laida concubina”. Vagheggiando un passato idealizzato e di costumi semplici, il poeta era preoccupato per la politica imperialista del partito democratico.

Sulla tradizione biografica che riguarda Aspasia possiamo constatare che si passa da un ritratto favorevole a uno contrario: chi ha visto in lei un’etéra e un’ammaestratrice di ragazze da avviare alla sua stessa professione; chi ha parlato di lei come riconosciuta maestra di retorica e intellettuale.

La tradizione antica ha lasciato durature tracce anche negli studi recenti dove vediamo Aspasia presentata come amante di Pericle, dedita alla professione poco edificante di formatrice di ragazze da destinare all’intrattenimento nei simposi. Ma ci sono anche studi che si propongono di rivedere questa tradizione sfavorevole, considerando proprio le diverse testimonianze che ci parlano di lei come maestra riconosciuta dei più influenti cittadini ateniesi e dimostrano l’infondatezza della caratterizzazione di Aspasia in quanto etéra, tradizione che nasce con la Commedia antica che ha una visione misogina nei confronti delle donne che intendano svolgere un ruolo pubblico e non essere relegate in quello privato.

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