E’ la prima volta che, nella storia repubblicana, le forze della destra, anche di quella più estrema, pensano di poter vincere in Umbria con la iattanza che si è vista. Il pericolo di uno stravolgimento dell’identità regionale è enorme: se ne rendano conto le diverse aree culturali e politiche democratiche, anche quelle distanti dalla storia della sinistra. E si rifletta con spirito di verità al cammino duro e difficile che questa nostra terra ha fatto per conquistare, nei decenni, livelli più solidi di vita e di lavoro.
L’Umbria però è oggi gravemente in bilico, anche per la crisi durissima di questo decennio, che ci è costato quasi 17 punti di PIL. L’economia è debole in molti punti e produce molto meno ricchezza, bisogna dirlo, di altri territori. I divari con altre regioni del Centro-Italia sono forti e spesso sono pagati dal lavoro, a cominciare dalla remunerazione di quello dipendente che in Umbria è tra il 7 e il 10% più bassa della media italiana, dall’occupazione, dal precariato diffuso e, di qui, dalle disuguaglianze che premono particolarmente sui giovani, corrodendo speranze e visioni del futuro. La povertà relativa è arrivata al 14.3%, la più alta delle regioni centrali.
Girano molte ricette, ma non si sfugge ad un dato cruciale: la componente industriale, manifatturiera, dell’Umbria è ormai molto più debole rispetto alle Marche e della Toscana, meno attraversata da processi di scienza e di ricerca, con una presenza delle PMI che è, per numerosità, minore del 30% delle altre regioni centrali. Un ulteriore arretramento sarebbe pagato drammaticamente da tutti. Mi domando che cosa ne sarebbe di una città come Terni se venissero meno i circa 6000 salari e stipendi, diretti e indiretti, collegati al ciclo della siderurgia, per non dire della chimica e della meccanica. Che ne sarebbe, in una città impoverita, dei ceti intermedi, non quelli che hanno lo stipendio mensile statale, ma quelli che stanno sul mercato e fanno impresa, nel commercio, nel turismo o nella cultura. E oggi si sente terribilmente, in quella città, quanto pesino la corrosione e l’impoverimento di questi ultimi 10 anni. Ecco perché è fondamentale per l'industria e le città una svolta di risanamento ambientale.
Un dato su tutti parla dell’Umbria contemporanea: il residuo fiscale dell’Umbria è negativo per 1200 euro “pro-capite”, 12 volte più delle Marche. Significa che questa nostra regione riceve per beni e servizi molto di più del suo gettito fiscale. E’ questo un dato molto complesso perché, assieme alla debolezza dell’economia regionale, contiene i risultati delle lotte sociali, delle iniziative istituzionali, della contrattualità politica dell’Umbria di cui la sinistra è stata animatrice fondamentale. E allora? Che ne sarà se la Lega riuscissi a portare a compimento quella stolta autonomia differenziata volta a favorire le regioni più ricche?
La conseguenza è l’importanza estrema per l’Umbria dei servizi pubblici, dei presidi di welfare, delle tutele diffuse, dall’infanzia agli anziani, alla qualità dei servizi sanità pubblica. Non a caso l’Umbria è stata una capitale nazionale non solo del regionalismo, ma delle politiche dell’infanzia, della psichiatria, del contrasto ai disagi dell’adolescenza, della sperimentazione didattica, della salute in fabbrica e nei luoghi di lavoro.
E’ tutto questo che invece la destra disprezza e combatte, proponendo interventi volti a ricavarne aree di iniziativa privata e pensando ad una Umbria rifondata su nuove gerarchie, attraversata da disuguaglianze, da rancori, da diffidenze, da culture grette e chiuse, da visioni municipalistiche. Ecco. E’ questa la prospettiva pesante se vincessero le destre.
La mia generazione, dopo quella che aveva combattuto il fascismo e pensato poi il regionalismo, il potere delle autonomie locali al servizio dello sviluppo è stata radicalmente convinta che per questa nostra piccola regione sarebbe stato essenziale guardare al mondo, nei processi industriali, nella cultura, nella crescita della ricerca scientifica, nella formazione delle nuove generazioni, nella emancipazione e valorizzazione della libertà delle donne, per una società più forte e giusta, più inclusiva.
Lo penso ancora, anche con tante sofferte amarezze per l’anguilleggiare, negli ultimi anni, della sinistra in questa nostra terra. Anche per questo siamo ad una dura e difficile prova: non si può tuttavia smarrire il senso profondo di un cammino. Questa battaglia bisogna combatterla con orgoglio e passione e vincerla, condizione essenziale per lavorare ad una svolta molto profonda. E questo è l’impegno schietto che la sinistra, oggi, deve saper proporre e prendere.

Claudio Carnieri
Ex Presidente della Giunta Regionale Umbria
 

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